La catena umana lunga 600 chilometri
Il 23 agosto di trent'anni fa due milioni di persone si presero per mano in Lituania, Estonia e Lettonia per chiedere l'indipendenza dall'URSS: la ottennero sei mesi dopo
Il 23 agosto di trent’anni fa circa due milioni di persone formarono una catena umana ininterrotta, pacifica e lunga seicento chilometri, nelle allora repubbliche socialiste sovietiche di Estonia, Lettonia e Lituania, partendo da Tallinn, collegandosi con Riga ed arrivando fino a Vilnius. Fu un potente atto simbolico da parte delle popolazioni baltiche non russe, contro l’invasore sovietico e a favore del ritorno all’indipendenza. La Via Baltica o Baltic Way, come venne poi chiamato quell’evento popolare di protesta, sarà ricordata e celebrata oggi in tutto il mondo e fatta rivivere a Hong Kong dai manifestanti antigovernativi.
Dopo la Seconda guerra mondiale le Repubbliche baltiche, abitate da popolazioni non russe, furono forzatamente incorporate all’URSS a seguito del patto Molotov-Ribbentrop del 1939. Alla fine degli anni Ottanta quei paesi restavano ancora l’unico caso di occupazione straniera presente in Europa: malgrado tutto, malgrado l’erosione del blocco comunista, con le “rivoluzioni di velluto” e in ultima istanza la caduta del Muro di Berlino, l’Unione Sovietica, per quanto in crisi, non sembrava dar segni di cedimento. Furono le repubbliche baltiche, dove i nazionalismi si erano risvegliati da tempo, a innescare la crisi.
Gli eventi compresi tra il 1987 e il 1991, legati al ritorno dell’indipendenza di Estonia, Lettonia, Lituania, vengono riuniti sotto il nome di Rivoluzione cantata, perché in ciascuno dei tre paesi gli inni nazionali e le canzoni popolari, vietate dal regime, divennero il modo in cui centinaia di persone cominciarono a praticare, durante le manifestazioni o i festival di musica, il loro sostegno pubblico ai movimenti organizzati a favore della democrazia e dell’indipendenza. Il 23 agosto del 1989, nel cinquantesimo anniversario del Patto Molotov-Ribbentrop, tutti tre gli stati baltici tennero una enorme dimostrazione di unità: la Via Baltica. Due milioni di persone, un quarto circa della popolazione delle repubbliche baltiche dell’epoca, scesero per le strade: cantando, portando fiori e nastri di lutto per commemorare le vittime della repressione, sventolando le bandiere nazionali di prima della guerra e indossando costumi popolari. Il suono delle campane accompagnò la marcia.
La manifestazione fu organizzata dalle principali forze di opposizione dei tre paesi baltici, che lottavano per il ripristino dell’indipendenza: il Rahvarinne in Estonia, il Tautas Fronte in Lettonia e il movimento Sajūdis in Lituania, che nei giorni precedenti pianificarono meticolosamente il percorso e il numero approssimativo di partecipanti. Le informazioni vennero diffuse attraverso i comitati regionali e dalle radio clandestine, e i manifestanti furono trasportati con gli autobus pubblici. La polizia non interferì, il Cremlino disapprovò la protesta ma non cercò di fermarla. Sei mesi dopo la Lituania dichiarò la propria indipendenza, seguita subito dopo da Estonia e Lettonia.