Le date della crisi, spiegate
Cosa può succedere giorno per giorno – a cominciare da martedì alle 18 – per quel che ne sappiamo ora
La crisi politica in corso in Italia si è sovrapposta a una serie di festività, iter legislativi in sospeso e scadenze europee che stanno rendendo molto complicato ipotizzarne incastri e tempi. Il solo fatto che il ministro dell’Interno Matteo Salvini abbia deciso di annunciare la sfiducia al presidente del Consiglio Giuseppe Conte durante la sospensione estiva dei lavori parlamentari, a meno di una settimana da Ferragosto, ha reso meno immediati e agili i primi sviluppi della crisi, ma ci sono anche i noti ostacoli legati alle scadenze sulla legge di bilancio.
È impossibile e inutile fare previsioni adesso, perché tutto dipende da quali strategie adotteranno i principali partiti. La vera decisione sui tempi della crisi, peraltro, spetterà al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che potrebbe decidere – consultandosi con i partiti – di rimandare le elezioni di alcuni mesi, se sarà possibile formare un governo alternativo a quello Conte, un’ipotesi che per quanto ancora improbabile sta guadagnando terreno negli ultimi giorni. È comunque utile avere presente quali sono le tappe importanti di quello che ci aspetta nei prossimi giorni, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.
Lunedì 12 agosto
Alle 16 si è riunita la conferenza dei capigruppo al Senato, l’organo che decide i lavori dell’aula, in cui sono rappresentati i vari partiti. La conferenza doveva decidere quando convocare i senatori per la discussione della mozione di fiducia presentata dalla Lega contro Conte: Salvini voleva che succedesse già domani, martedì 13 agosto, ma la capigruppo ha deciso che martedì il Senato si riunirà soltanto per decidere il calendario dei giorni successivi. Questo ha scontentato anche PD e M5S, che non avrebbero voluto rimettere all’aula la decisione, ma ne parliamo tra poco.
Martedì 13 agosto
Si riunirà alle 12 la conferenza dei capigruppo alla Camera, che deve decidere a sua volta quando calendarizzare le comunicazioni di Conte. Con questa formula non si intende direttamente la discussione e il voto della mozione di sfiducia, che dovrebbe avvenire successivamente. Alle 18 si riunirà invece il Senato per calendarizzare le “comunicazioni del presidente del Consiglio”.
Secondo quanto scrivono i giornali, la Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia avrebbero voluto convocare Conte in aula già per il 14 agosto; PD e LEU invece hanno protestato perché non avrebbero voluto rimettere la convocazione di Conte all’aula, col rischio che la proposta del 20 agosto non passi e prevalga la linea di chi vuole far prima.
Mercoledì 14 agosto
È prevista a Genova una commemorazione per il primo anniversario del crollo del ponte Morandi, a cui parteciperanno Conte, Salvini e Di Maio. È stata citata come ulteriore ostacolo alla calendarizzazione della sfiducia a Conte prima di Ferragosto.
Giovedì 15 agosto
La data di Ferragosto è diventata una specie di perno intorno alla quale ruotano le varie ipotesi sui tempi della crisi: l’ipotesi che succeda qualcosa in questo giorno, però, sembra a oggi esclusa.
Lunedì 19 agosto
Iniziano i giorni in cui il Senato potrebbe votare la sfiducia, se – come sembra – sarà impossibile convocare l’aula prima. Ma a seconda di quello che sarà stato deciso la settimana precedente, l’ordine degli appuntamenti del Parlamento potrebbe cambiare: lunedì 19 potrebbe per esempio essere votata la riforma dei parlamentari, facendo slittare la mozione di sfiducia ai due giorni successivi.
Martedì 20 – mercoledì 21 agosto
Da quello che scrivono i giornali, sembrano le due date più probabili per il voto sulla mozione di sfiducia a Conte. Il 20 agosto, in particolare, è la data emersa dalla conferenza dei capigruppo per le dichiarazioni di Conte in Senato (cioè quelle che dovrebbero precedere il voto sulla mozione di sfiducia). Se le cose andassero come vorrebbe Salvini, Conte sarebbe sfiduciato – lo sosterrebbero soltanto i senatori del M5S – e quindi dovrebbe subito dimettersi.
Giovedì 22 – venerdì 23 agosto
Nell’ipotesi non scontata che la crisi sia proceduta senza intoppi fino a questo punto, in questi giorni Mattarella dovrebbe condurre le consultazioni per capire se in Parlamento esiste una maggioranza alternativa a quella formata da Lega e M5S. Qualora non la trovasse, dovrebbe sciogliere le camere. Ma non è affatto detto che si arrivi a questo punto in modo lineare, né che Mattarella decida che la cosa migliore sia tornare subito al voto, e neppure che in Parlamento non esista una nuova maggioranza: dipenderà dalle variabili di cui parliamo tra poco.
Lunedì 26 agosto
È la data in cui ai singoli paesi europei devono presentare la candidatura del proprio commissario alla nuova Commissione Europea. Con la rottura dell’alleanza tra Lega e M5S, è molto più difficile che i due partiti si accordino sul nome da proporre: prima della crisi si riteneva sarebbe stato un leghista, come riconoscimento della vittoria della Lega alle ultime elezioni europee, mentre ora si ipotizza un profilo più tecnico. Quella del 26 agosto non è una scadenza vincolante legalmente, ma l’Unione Europea raccomanda vivamente di rispettarla per permettere di partire con le audizioni per la verifica dei candidati a settembre, votare la commissione a ottobre e permettere il suo insediamento a novembre. In passato è comunque successo che paesi senza governo in carica proponessero il proprio commissario, come nel caso del Belgio nel 2014. Un’ultima cosa: fonti interne alla commissione europea hanno spiegato al Post che prima un paese propone il commissario, prima quest’ultimo può incontrare il presidente della commissione e iniziare a proporre la sua agenda.
Venerdì 27 settembre
È la scadenza per presentare all’Unione Europea la nota di aggiornamento del DEF, il documento con cui indica i suoi piani economici triennali: non è una scadenza ineludibile, visto che è prevista la possibilità di proroghe speciali e ce ne sono già state in passato.
Domenica 13 ottobre
In teoria è la prima data utile per le elezioni, quella che vorrebbe Salvini. Per convocare le elezioni servono tra i 45 e i 70 giorni, ma se ne stimano normalmente almeno 60 per organizzare il voto dall’estero. Le camere dovrebbero essere quindi sciolte prima di Ferragosto, un’ipotesi ormai praticamente esclusa.
Martedì 15 ottobre
È la scadenza per presentare all’Unione Europea il Documento programmatico di bilancio, un rapporto che contiene maggiori dettagli sulla legge di bilancio: anche in questo caso, potrebbero essere concessi rinvii speciali.
Domenica 20 ottobre
Seconda data possibile per le elezioni, nell’ipotesi in cui le camere fossero sciolte tra il 20 e il 21 agosto: anche questa è un’opzione che a oggi sembra improbabile. Il 20 ottobre è anche la data entro la quale il governo deve trasmettere la legge di bilancio per il 2020 al Parlamento: ma anche questa scadenza può essere flessibile.
Domenica 27 ottobre
È la data più probabile per le elezioni nell’ipotesi in cui la crisi si risolva entro la fine di agosto, con lo scioglimento delle camere all’inizio della settimana che comincia lunedì 26. Tenete presente una cosa, quindi: tra le elezioni politiche e l’insediamento del nuovo Parlamento passano di solito una ventina di giorni. Andremmo quindi a metà novembre. Il nuovo Parlamento deve poi eleggere i presidenti delle camere, e solo allora il presidente della Repubblica può iniziare le consultazioni per formare un nuovo governo. Secondo i risultati delle elezioni le consultazioni possono durare un paio di giorni come un paio di mesi: lo abbiamo visto nel 2018. Realisticamente, comunque, è piuttosto complicato pensare che l’Italia, andando a votare subito, possa avere un nuovo governo prima della fine di novembre.
Domenica 3 novembre
Altra data possibile per le elezioni, se le camere venissero sciolte all’inizio della prima settimana di settembre.
Martedì 31 dicembre
Entro l’ultimo dell’anno il Parlamento deve approvare la legge di bilancio: questa scadenza è tassativa, perché se non viene rispettata succedono una serie di cose spiegate meglio qui. In sintesi: esercizio provvisorio e aumento automatico dell’IVA, cioè dei prezzi di quasi tutti i prodotti che compriamo.
Le variabili
Come abbiamo detto, ci sono un sacco di scenari in cui le cose possono andare diversamente. Le scadenze elencate finora sono utili per avere un calendario su cui ragionare, ma vanno soppesate sulla base delle cose che succederanno nei prossimi giorni: probabilmente, infatti, entro questa settimana i partiti avranno deciso perlomeno a grandi linee che strategia adottare. E può succedere un po’ di tutto: per capirci, gli scenari ipotizzati dai retroscena vanno da una guerra immediata tra PD, M5S, Forza Italia e Lega, con elezioni a fine ottobre, a un’alleanza di quasi tutti i partiti per escludere Salvini, con la legislatura che prosegue per mesi se non anni.
La decisione sul calendario
Evitando di addentrarsi per ora nella fantapolitica, può essere utile partire da quello che può succedere nei prossimi giorni. La conferenza dei capigruppo del Senato di lunedì, infatti, deve prendere una decisione delicata, da cui dipenderà il futuro della legislatura: per questo potrebbe decidere, in mancanza di accordo unanime, di convocare il Senato in via straordinaria per il giorno successivo per decidere sul giorno in cui votare la mozione di sfiducia. È uno scenario già anticipato dalla residente del Senato Elisabetta Casellati: di fatto potrebbe non cambiare niente, se non ritardare il processo di un giorno.
La mozione di sfiducia del PD
Sempre la conferenza deve prendere anche la decisione se far votare, prima di quella a Conte, la mozione di sfiducia presentata settimane fa dal PD nei confronti di Salvini. Il voto era stato originariamente calendarizzato per il 9 settembre, alla riapertura allora prevista per il Senato, ma le cose sono cambiate. È una questione di regolamenti del Senato, sui quali ci sono diverse interpretazioni: secondo il deputato del PD e professore di diritto parlamentare e costituzionale Stefano Ceccanti, si dovrebbe seguire l’ordine di presentazione, votando quindi prima quella a Salvini. Ma l’ex presidente del Senato Piero Grasso ha detto oggi in un’intervista a Repubblica che è impossibile discutere la mozione prima delle comunicazioni di Conte al Senato, quelle che con ogni probabilità si risolveranno con le sue dimissioni.
Se si decidesse di votare prima la mozione del PD, e se fosse approvata – PD e M5S avrebbero la maggioranza, da soli – Salvini dovrebbe dimettersi da ministro dell’Interno. Se successivamente Conte dovesse essere sfiduciato, rimarrebbe in carica per il disbrigo degli affari correnti ma senza Salvini tra i ministri. La permanenza di Salvini al ministero dell’Interno nel periodo elettorale e in concomitanza con le elezioni è una questione che preoccupa molto le opposizioni, e questo sarebbe un modo di evitarlo.
Il lodo Grasso
Visto che non lo reputa possibile, però, Grasso ha proposto un’alternativa che è stata definita “lodo Grasso”: l’ha presentata come un modo per «togliere a Salvini lo scettro della crisi e restituirlo alle mani di Conte e, soprattutto, di Mattarella».
Grasso propone che le opposizioni, sostanzialmente il PD e Forza Italia, non partecipino al voto al Senato sulla fiducia a Conte. In questo modo la Lega, con i suoi 58 senatori, non avrebbe da sola la maggioranza necessaria per farla passare. Conte, pur non essendo formalmente sfiduciato, dovrebbe comunque dimettersi. Grasso sostiene che Mattarella potrebbe dare di nuovo a Conte l’incarico – o darlo a un’altra persona, tipo il ministro dell’Economia Giovanni Tria – per cercare una nuova maggioranza. Con ogni probabilità non la troverebbe, ma si potrebbe insediare un nuovo governo – senza Salvini all’Interno – che conduca alle elezioni anche senza avere la fiducia del Parlamento.
Questa strada potrebbe forse dare a Mattarella maggiori giustificazioni per dare un incarico esplorativo subito dopo le dimissioni di Conte, visto che la sfiducia non si sarebbe davvero concretizzata in Parlamento. Ma in realtà nulla vieterebbe a Mattarella di dare comunque, a Conte o a qualcun altro, l’incarico di cercare una nuova maggioranza in Parlamento in seguito alla sfiducia.
Grasso ha poi proposto ancora un’alternativa: la stessa strategia potrebbe essere applicata al voto sulla calendarizzazione della sfiducia a Conte, se dovesse passare per il Senato. La Lega, nemmeno con Forza Italia e Fratelli d’Italia, ha da sola la maggioranza al Senato, che così potrebbe essere rinviato a piacimento delle opposizioni. Dato che ogni giorno che passa è un giorno che ci avvicina alle scadenze ineludibili sulla legge di bilancio, è anche un giorno che allontana le elezioni anticipate.
Le dimissioni dei ministri della Lega
Un’altra cosa di cui si sta parlando è la possibilità che Salvini, per forzare la mano, decida di far dimettere i sette ministri leghisti del governo. Di per sé non basterebbe per costringere Conte a dimettersi, anche se politicamente sarebbe comunque la fine della sua maggioranza. Conte potrebbe dimettersi subito oppure potrebbe comunque aspettare che la crisi venga “parlamentarizzata”: cioè che la Lega gli tolga la fiducia in Parlamento.
La riforma dei parlamentari
Ad oggi sembra un’ipotesi molto improbabile, ma se per caso la riforma del numero di parlamentari fosse effettivamente messa in calendario nei prossimi giorni, come chiede il M5S, e se per caso fosse approvata, si aprirebbe uno scenario molto diverso. Insieme al M5S potrebbe votarla il PD, come sta suggerendo un po’ velatamente l’ex segretario Matteo Renzi in questi giorni.
Questo potrebbe rallentare drasticamente i tempi della crisi: dopo l’approvazione, infatti, è previsto un periodo di tre mesi in cui un quinto dei membri di una camera, 500mila elettori o cinque consigli regionali chiedano un referendum costituzionale per confermare la riforma. L’ipotesi è che Mattarella possa decidere di non sciogliere le camere durante l’iter della riforma, che richiederebbe diversi mesi tra l’esame della domanda di referendum da parte della Corte Costituzionale, la decisione della data per il referendum, e l’eventuale conversione in legge in caso di approvazione. C’è poi un’ulteriore questione: in caso di approvazione della riforma del numero di parlamentari si passerebbe da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori: bisognerebbe quindi ridisegnare i collegi, per adattarli al nuovo numero, sempre che non si ritenga necessario modificare del tutto la legge elettorale.