Cos’è successo a El Paso e Dayton
Fra sabato e domenica negli Stati Uniti ci sono state altre due sparatorie, con 30 morti e decine di feriti: in entrambi i casi ha sparato un giovane maschio bianco
Fra la sera di sabato 3 e la mattina di domenica 4 agosto, ora italiana, negli Stati Uniti sono avvenute due stragi a poche ore di distanza. Nella prima, 21 persone sono state uccise e 25 sono state ferite a El Paso, città del Texas al confine col Messico. Nella seconda, avvenuta a Dayton, Ohio, sono state uccise 9 persone – compresa la persona che ha sparato – e i feriti sono almeno 27.
Le due sparatorie non sono legate ma condividono il profilo della persona responsabile: in entrambi i casi ha sparato un giovane maschio bianco che aveva potuto mettere insieme un ricco arsenale grazie alle permissive leggi statunitensi sulle armi (sullo sparatore di El Paso sappiamo qualcosa in più perché è stato arrestato vivo). Nel titolo di apertura dell’edizione di lunedì, il New York Times scrive che le due sparatorie hanno «scosso fino alle fondamenta un paese frastornato».
https://twitter.com/jcrutchmer/status/1158184931287326720
Durante una conferenza stampa tenuta lunedì pomeriggio, il presidente americano Donald Trump ha parlato delle due stragi condannando qualsiasi forma di «razzismo, intolleranza e suprematismo bianco» ma aggiungendo che «sono stati l’odio e la malattia mentale a premere il grilletto, non le armi stesse». Trump ha citato anche il ruolo di Internet, che ha definito «un’autostrada per la radicalizzazione di menti pericolose». Qualche ora prima su Twitter aveva implicitamente incolpato i giornali, chiesto controlli più severi sulla vendita delle armi ma anche invocato una riforma dell’immigrazione, senza una ragione evidente.
Trump downplays the role that high-powered guns play in mass shootings: "Mental illness and hatred pulls the trigger, not the gun."
He then proposes an expansion of the death penalty, to be administered with as quickly as possible. pic.twitter.com/xrKO3hKLs0
— Aaron Rupar (@atrupar) August 5, 2019
Cosa sappiamo sulla strage a El Paso
Poco prima delle 11 di mattina di sabato 3 agosto (in Italia erano le 19) un ragazzo di 21 anni armato di fucile è entrato in un supermercato Walmart della città e ha cominciato a sparare a chiunque vedesse. La prima chiamata al 911, il numero per le emergenze, è stata fatta alle 10.39, e la polizia è intervenuta 6 minuti dopo; prima che l’assalitore venisse fermato, però, almeno 21 persone sono state uccise e 25 erano state ferite.
Il ragazzo è stato identificato come Patrick Crusius, di 21 anni. È bianco, è di Dallas ed è l’autore di un manifesto di quattro pagine contro “l’invasione ispanica del Texas”. Il documento è stato pubblicato 19 minuti prima dell’inizio della strage su 8chan, un forum online molto popolare nell’estrema destra, pieno di contenuti e discussioni razziste e sessiste. Si intitola Una verità scomoda e contiene riferimenti diretti alla strage nelle moschee di Christchurch in Nuova Zelanda, e in alcuni passaggi discute esplicitamente alcuni aspetti dell’attacco di sabato. Il tema del manifesto è la presunta sostituzione etnica dei bianchi in atto negli Stati Uniti e in Europa, un tema molto caro all’estrema destra nazionalista e al presidente statunitense Donald Trump.
El Paso ha poco meno di 700.000 abitanti e si trova a ridosso del confine tra Messico e Stati Uniti, lungo il fiume Rio Grande. Dall’altra parte del fiume e del confine c’è la città messicana di Ciudad Juarez, che con El Paso forma un agglomerato urbano di oltre due milioni di abitanti. El Paso stessa ha enormi legami storici, culturali ed economici con il Messico – come tutto il Texas, che fino al 1836 ne faceva parte – e ha una popolazione all’82 per cento di origine ispanica o latina.
Da mesi la città di El Paso, considerata tra le meno pericolose degli Stati Uniti, è inoltre al centro della complicata situazione dei migranti centro e sud americani che arrivano negli Stati Uniti. È una situazione difficile, su cui il presidente Donald Trump ha costruito parte del suo consenso elettorale parlando di “un’invasione” in corso e delle necessità di costruire un muro lungo il confine con il Messico.
Come ogni città di confine, inoltre, El Paso è molto frequentata dalle persone che vivono al di là della frontiera: il New York Times racconta che il centro commerciale Walmart in particolare era «una meta tradizionale» dei cittadini messicani, che nelle settimane precedenti all’inizio dell’anno scolastico sono soliti comprare cancelleria e materiale scolastico. Sabato 3 agosto erano «pieni di visitatori» sia il Walmart sia il centro commerciale che lo circonda e gli hotel della zona, aggiunge il New York Times.
Fra le persone uccise nella sparatoria sembra ci sia anche una giovane coppia che stava facendo acquisti in vista dell’inizio dell’anno scolastico per i loro figli: secondo la ricostruzione fatta dalle autorità e riferita dai parenti, la donna, che si chiamava Jordan Anchondo, sarebbe morta proteggendo col proprio corpo il figlio più piccolo, che ha due mesi ed è sopravvissuto.
Diversi politici del Partito Democratico hanno accusato Trump di avere legittimato le violenze nei confronti delle minoranze etniche nelle città di confine: nei suoi comizi e negli annunci elettorali online il presidente statunitense parla spesso di una presunta «invasione» da parte dei paesi del Sud e Centro America, a cui si riferisce in toni apertamente razzisti; pochi giorni fa aveva detto a quattro deputate non bianche di «tornare da dove sono venute». Beto O’Rourke, che è di El Paso ed è uno dei candidati Democratici alla presidenza degli Stati Uniti, ha accusato apertamente Trump di avere incoraggiato la sparatoria di massa con la sua retorica.
Jake Tapper: Do you think President Trump is a white nationalist?
Beto O’Rourke: Yes, I do #CNNSOTU pic.twitter.com/6jx4bWCh7w
— CNN Politics (@CNNPolitics) August 4, 2019
Cosa sappiamo sulla sparatoria a Dayton
Nella notte tra sabato e domenica (domenica mattina in Italia) c’è stata una sparatoria anche a Dayton, in Ohio. Intorno all’una di notte un uomo di 24 anni identificato come Connor Betts ha iniziato a sparare sulla folla per strada nella zona dei locali della città. Otto persone sono morte e 27 sono state ferite. Betts è morto dopo uno scontro a fuoco con la polizia.
Le motivazioni di Betts non sono ancora state chiarite: si sa che fra le persone uccise nella sparatoria c’era anche sua sorella, ma non è chiaro se il suo intento fosse uccidere proprio lei. La polizia è riuscita a intervenire praticamente subito – in meno di un minuto dal primo sparo, ha detto il sindaco di Dayton – ma Betts era armato con un fucile d’assalto, un giubbotto antiproiettile e almeno un centinaio di munizioni, ed è comunque riuscito a colpire più di trenta persone prima che le autorità riuscissero a fermarlo, mentre stava per entrare in un bar. Fra le 8 persone uccise da Betts, 6 sono afroamericane.
A survivor of the Dayton, Ohio shooting recounts the moment when a police officer saved his life https://t.co/9MsBlDmtoe pic.twitter.com/5RxSJIaBRd
— CBS News (@CBSNews) August 5, 2019
Il New York Times ha intervistato un vicino di casa di Betts, che ha raccontato che l’uomo al liceo era «un po’ un emarginato» e che a un certo punto fu arrestato per avere espresso delle generiche minacce sul pullman della scuola. Betts viveva con la sua famiglia in un quartiere residenziale della città: la casa è stata perquisita ma al momento non è chiaro se siano state trovate altre prove che lo leghino alla sparatoria.
Il capo della polizia di Dayton ha fatto sapere che Betts non aveva precedenti e non era monitorato dalle autorità locali: aveva inoltre comprato legalmente le sue armi da fuoco. In particolare, il fucile usato durante la sparatoria era stato acquistato online in un negozio texano. La polizia ha aggiunto che per il momento non ci sono prove che leghino la sparatoria a quella di El Paso.