L’India ha tolto lo status speciale al Kashmir
Cioè quello che garantisce autonomia su quasi tutto al conteso stato indiano a maggioranza musulmana: ora si temono guai
Il parlamento indiano ha approvato la proposta del governo di revocare lo “status speciale” al Kashmir, stato indiano a maggioranza musulmana rivendicato dal Pakistan e oggetto di un’antica disputa territoriale. Lo “status speciale” era previsto dall’articolo 370 della Costituzione e tra le altre cose attribuiva al Kashmir un altissimo grado di autonomia. L’annuncio è arrivato dopo una serie di mosse controverse compiute dal governo indiano, tra cui l’arresto di importanti politici locali e l’interruzione delle comunicazioni tra il Kashmir e il resto dell’India. Il rischio ora è che ci sia un aumento della tensione e che inizino proteste e violenze.
L’articolo 370 era molto importante per lo stato del Kashmir, perché fu la base giuridica con la quale all’inizio degli anni Cinquanta, dopo la rinuncia dei britannici all’India come loro colonia, si stabilì l’inclusione dello stato principesco del Jammu e Kashmir nello stato indiano. Il Kashmir infatti era diverso dal resto dei territori che sarebbero finiti sotto il controllo del nuovo governo dell’India: era a maggioranza musulmana, mentre il resto del paese era induista. L’articolo 370 fu scritto per permettere al Kashmir di avere una propria Costituzione e una propria bandiera, e di mantenere competenze su tutte le materie ad eccezione della politica estera, della difesa e delle comunicazioni. Venne specificato inoltre che era vietato per persone provenienti dall’esterno comprare territori nel Kashmir, una garanzia per evitare grandi cambiamenti demografici.
Il parlamento ha anche approvato una legge per dividere lo stato del Jammu e Kashmir, il nome formale del Kashmir, in due diversi stati: uno che continuerà ad avere lo stesso nome e che avrà un parlamento statale, e un altro, il Ladakh, che non avrà un parlamento.
Negli ultimi giorni diversi politici locali del Kashmir avevano parlato della possibilità che il governo centrale indiano volesse modificare l’articolo 370, soprattutto dopo una serie di arresti e provvedimenti molto contestati. Il governo indiano aveva infatti rafforzato le misure di sicurezza con il dispiegamento di 10mila soldati aggiuntivi; aveva arrestato diversi politici locali moderati che in passato avevano formato alleanze con i partiti nazionali indiani, come il Bharatiya Janata (BJP), partito di governo di orientamento indù nazionalista e conservatore; aveva interrotto le linee telefoniche e i servizi internet; e aveva vietato le riunioni e manifestazioni pubbliche e chiuso le scuole. Inoltre la scorsa settimana aveva ordinato alle migliaia di turisti e pellegrini presenti in Kashmir di lasciare lo stato, a causa di generiche minacce alla sicurezza.
Il BJP aveva già espresso diverse volte la sua intenzione di eliminare lo “status speciale” del Kashmir. Finora però non se n’era fatto niente, anche per evitare di creare instabilità e tensioni con il Pakistan, che nel corso degli ultimi decenni aveva combattuto con l’India due guerre e diversi conflitti limitati con l’obiettivo di ottenere il controllo dello stato. Un altro rischio, sottolineato da diversi analisti, è quello dell’aumento delle tensioni all’interno dello stato, con possibili scontri e violenze contro le forze di sicurezza indiane presenti in Kashmir.