Dentro i Mondiali di Fortnite
Cosa si è visto nel grande stadio americano – quello degli US Open – dove migliaia di adolescenti hanno assistito al torneo di uno dei videogiochi più famosi al mondo
L’Arthur Ashe Stadium è un grande stadio per il tennis di New York, che ogni anno a agosto ospita gli US Open, uno dei più importanti tornei di tennis al mondo. La scorsa settimana, però, per tre giorni i suoi circa 23mila posti non sono stati occupati da spettatori che volevano vedere una partita di tennis ma da chi voleva assistere ai Mondiali di Fortnite, uno dei videogiochi più popolari al mondo. Al posto dei vari Roger Federer e Serena Williams c’erano personaggi con nomi che forse ai più diranno poco, ma che sono famosissimi tra milioni di adolescenti e non solo.
Partecipare da spettatori ai Mondiali di Fortnite può essere un’esperienza piuttosto strana, soprattutto se non si è pratici di questo gioco. Lo ha raccontato la giornalista del Financial Times Anna Nicolau, che è andata ad assistere alle tre giornate dei Mondiali per cercare di capire il motivo della popolarità di Fortnite tra così tante persone. Pur essendo alla loro prima edizione, i Mondiali di Fortnite hanno richiamato migliaia di spettatori; a differenza di altre grandi manifestazioni sportive, però, in mezzo al campo non c’erano atleti bensì dei maxischermi che trasmettevano le dirette delle partite, e più in basso altri schermi più piccoli con i volti dei videogiocatori costantemente ripresi dalle telecamere.
Ogni cosa che circondava lo stadio durante i tre giorni dei Mondiali, secondo Nicolau, faceva pensare a tutto tranne che lì si stesse svolgendo una competizione che aveva in palio un montepremi complessivo di 30 milioni di dollari (circa 27 milioni di euro). Il pubblico mediamente molto giovane (in gran parte composto da bambini e adolescenti accompagnati dai propri genitori), il clima molto gioioso, i costumi indossati dagli spettatori e l’ambientazione molto colorata facevano pensare più a un parco divertimenti come Disneyland o a una grande fiera di fumetti, film e serie tv come il Comic-Con di San Diego, che a una gara sportiva (per quanto di “eSport”, come vengono chiamati i grandi tornei di videogiochi).
Eppure lì in mezzo al campo stavano giocando persone che alla fine di quei tre giorni sarebbero potute diventare milionarie (se non lo erano già, come nel caso dei giocatori più famosi). Basti pensare che il vincitore del torneo individuale, Kyle Giersdorf, un 16enne della Pennsylvania il cui nickname nel gioco è Bugha, ha vinto 3 milioni di dollari (2,7 milioni di euro), un premio poco più alto di quello vinto quest’anno dalla tennista Simona Halep a Wimbledon e sei volte superiore a quello vinto da Egan Bernal al Tour de France, per citare due recenti vittorie nello sport agonistico.
Secondo Nicolau i Mondiali di Fortnite non sono paragonabili a nessuna altra competizione sportiva, ma si differenziano anche da tutti gli altri “eSport” per il modo in cui si assiste alle partite. A differenza dei videogiochi di sport, per esempio, non c’è un testa a testa tra due partecipanti, e quindi una partita può risultare molto più complicata da seguire.
In ogni partita, che dura in media circa 20 minuti, ci sono infatti 100 partecipanti che vengono messi su un’isola e devono scontrarsi fino a che non ne resta vivo uno solo. Inoltre non c’è nessun punteggio che faccia capire come stia andando una partita, e l’unico modo per uno spettatore di farsi un’idea è vedere il numero di giocatori rimasti in gara. Solamente negli ultimi minuti, quando solitamente i giocatori ancora in vita sono meno di una decina, la partita diventa più semplice da guardare.
Fortnite esiste solo da un paio di anni, ma ha già smesso di essere solo un videogioco: a oggi ci sono più di 250 milioni di utenti in tutto il mondo e per molti adolescenti è parte integrante della cultura popolare contemporanea. Per molti diventare dei bravi giocatori vuol dire allenarsi anche per 8 ore al giorno: il motivo, come si è ben visto durante i Mondiali, è che il giro d’affari intorno a questo videogioco è enorme. Se infatti la Epic Games, la società produttrice di Fortnite, guadagna principalmente dalle vendite di personalizzazioni, armi e costumi tramite lo store interno del gioco, anche i singoli giocatori hanno possibilità di guadagnare giocando a Fortnite.
Tutti i più forti giocatori di Fortnite iniziano la loro carriera filmando le proprie partite e trasmettendole su piattaforme come Twitch o YouTube. Esattamente come negli sport veri, se diventano abbastanza forti vengono ingaggiati da una squadra; questa poi li promuoverà sui social media e li aiuterà a cercare sponsor. Le squadre, in alcuni casi, diventano così famose da guadagnare esse stesse attraverso un proprio merchandising. Nicolau ha raccontato di aver incontrato durante i Mondiali i membri di una delle squadre più famose di Fortnite, ls Faze Clan, che la scorsa settimana ha aperto un negozio temporaneo a New York per vendere i propri prodotti. All’inaugurazione si sono presentate così tante persone che la polizia ha dovuto chiudere l’accesso allo stadio in anticipo per ristabilire l’ordine pubblico.
Nei tre giorni dei Mondiali si sono sfidati alcuni dei giocatori più forti al mondo, per esempio Tfue (il cui vero nome è Turner Tenney), che è uno dei più conosciuti al mondo, mentre non c’era un altro fortissimo giocatore, Ninja (il cui vero nome è Tyler Blevins), che non è riuscito a superare le qualificazioni. La natura piuttosto casuale del gioco, infatti, fa sì che anche i giocatori più forti e famosi abbiano buone possibilità di essere eliminati già nelle prime fasi delle partite, a differenza di quanto di solito succede in qualsiasi altro sport. È uno dei motivi della popolarità di questo gioco: tra gli spettatori e i giocatori non c’è questa grande differenza.
Al contrario delle normali competizioni sportive, infatti, qui il pubblico può identificarsi totalmente con chi si trova in campo a giocare. Non c’è niente in loro che li faccia apparire in qualche modo migliori o più prestanti fisicamente: nella maggior parte dei casi anche loro sono come gli spettatori, cioè adolescenti a cui piace molto giocare ai videogiochi. È il caso di Jaden Ashman, un ragazzo di 15 anni dell’Essex, in Inghilterra, che è arrivato secondo nella competizione in coppia e ha vinto “solamente” poco più di 1 milione di dollari. Prima di qualificarsi ai Mondiali sua madre, racconta Nicolau, gli aveva sequestrato la console con cui giocava a Fortnite perché ci passava troppo tempo sottraendo tempo allo studio. Ora, racconta il Financial Times, con i soldi guadagnati ha intenzione di comprarsi una casa e delle scarpe di Gucci.