Tutti contro tutti, soprattutto contro Biden
Nel secondo confronto televisivo tra i candidati del Partito Democratico se la sono presa quasi tutti col favorito, che però ne è uscito meglio della volta scorsa
La sera di mercoledì 31 luglio – quando in Italia era la notte tra mercoledì e giovedì – si è tenuto a Detroit, negli Stati Uniti, il secondo turno del secondo confronto televisivo organizzato tra i candidati alla presidenza degli Stati Uniti del Partito Democratico. I candidati sono ancora così tanti da dover dibattere in due momenti separati: martedì sera avevano discusso gli altri dieci. Al confronto di mercoledì sera hanno partecipato Joe Biden, Kamala Harris, Julian Castro, Michael Bennet, Cory Booker, Bill de Blasio, Tulsi Gabbard, Kirsten Gillibrand, Jay Inslee e Andrew Yang.
Cosa è successo, in sintesi
Si sono riviste cose emerse nel dibattito di martedì (lo scontro tra l’ala più radicale e quella più pragmatica del partito) e altre che si erano viste nei confronti di un mese fa (gli attacchi contro l’ex vicepresidente Joe Biden, che da quando si è candidato è in testa nei sondaggi). A questi elementi se n’è aggiunto un altro: i prossimi confronti televisivi, previsti per settembre, saranno aperti ai candidati che otterranno di più in termini di risultati nei sondaggi e numero di finanziatori, e quindi per moltissimi questi confronti erano indispensabili per cercare di farsi notare, spesso attaccando i candidati più popolari e famosi.
Il tutto mercoledì si è tradotto a lungo in una specie di accerchiamento contro Joe Biden, a testimonianza della sua posizione da favorito ma anche del progressivo spostamento a sinistra del Partito Democratico in questi anni. Biden se lo aspettava, al contrario del primo confronto, ed è stato molto più vivace e combattivo: ma è stato messo più volte sulla difensiva anche a proposito di politiche portate avanti dall’amministrazione Obama, verso la quale la grandissima maggioranza degli elettori del Partito Democratico ha un’opinione positiva. «Tutti parlano di quanto io abbia idee terribili su questo e quello», ha detto a un certo punto, «ma Barack Obama sapeva chi sono. Ha scelto me e ha detto che è stata la miglior decisione della sua carriera».
Alla fine non è chiaro quanto Biden sia uscito indebolito dal dibattito – dopo essere andato in difficoltà nello scorso confronto, aveva ripreso vantaggio nei sondaggi – e quanto possano avere guadagnato i suoi sfidanti. Biden ha anche cercato di usare a suo vantaggio il punto debole dell’età (ha 76 anni) e del suo essere da quarant’anni in politica, scherzando più volte con i suoi avversari più giovani: a un certo punto ha chiamato Booker «il nostro presidente del futuro», ha accolto Harris sul palco dicendole sorridendo «vacci piano con me, ragazzina», mentre ha chiamato Castro per nome, «Julian», prima di correggersi artificiosamente («Ah, no, segretario Castro»).
La sensazione della gran parte degli osservatori è che Biden stavolta fosse pronto agli attacchi e abbia reagito con maggior efficacia, anche se il nodo politico dello spostamento a sinistra del partito rimane, e questo confronto abbia soprattutto fatto da preludio a quelli più importanti che arriveranno e vedranno contemporaneamente sullo stesso palco Biden con Elizabeth Warren e Bernie Sanders, i candidati che lo seguono immediatamente nei sondaggi e i più popolari nella corrente più di sinistra del partito.
Harris contro Biden contro Harris
Nel confronto di giugno l’unica persona a criticare direttamente Biden era stata Kamala Harris, mentre ieri è stato Biden ad andare all’attacco sulla sanità. Sia Biden che Harris non propongono il cosiddetto “Medicare for all”, cioè la fine del sistema sanitario basato sulle assicurazioni private, ma se questa è sempre stata la posizione di Biden, nel caso di Harris è diverso: era favorevole, ora è contraria e ha un piano più moderato che propone una transizione lunga dieci anni. Biden ha detto allora: «Ogni volta che qualcuno vi dice che le cose miglioreranno tra dieci anni, fatevi venire qualche dubbio». Poi ha aggiunto, rispetto al grosso aumento di spesa che comporterebbero i piani dei suoi avversari: «Non so come fate i conti a New York o in California. Ma fatevelo dire, per fare quello che dite ci vogliono davvero un sacco di soldi».
«Joe Biden è ancora il più anziano», ha scritto il New York Times. «È ancora nostalgico. Ed è ancora il favorito, fino a prova contraria. Certo, non tutto ha funzionato. Nel suo messaggio finale, Biden ha mostrato tutta la sua età mentre cercava di promuovere la sua campagna elettorale. “Andate su Joe 30330”, ha detto, confondendo un sito internet con un codice da inviare via SMS».
Booker contro Biden
L’attacco più efficace della serata contro Biden è arrivato da Cory Booker, senatore del New Jersey ed ex sindaco di Newark. Booker – che è dato nei sondaggi tra l’1 e il 2 per cento – ha criticato Biden per aver promosso leggi molto pesanti sulla lotta alla criminalità negli anni Ottanta e Novanta, che hanno portato a un altissimo tasso di incarcerazioni soprattutto tra le persone non bianche e per reati non violenti, come lo spaccio di droga. «È uno di quei casi in cui c’è una casa che brucia per tua responsabilità; non puoi venirci a dire adesso che solo tu puoi spegnere l’incendio». Biden si aspettava questo attacco e ha risposto ricordando un simile approccio adottato da Booker quando era sindaco di Newark e si avvalse della consulenza di una persona vicina a Rudy Giuliani, ma Booker ha di nuovo ribattuto con forza: «Ancora oggi ci sono persone in prigione per reati legati alla droga perché tu hai usato una retorica fasulla sulla necessità di essere duri contro il crimine: una retorica che ha fatto eleggere molti politici ma che ha distrutto comunità come la mia».
Gabbard contro Harris
Se Kamala Harris è sembrata a suo agio al momento di attaccare – ieri come un mese fa – è andata in difficoltà quando ha dovuto difendersi. Tulsi Gabbard, senatrice delle Hawaii con posizioni che in Europa si definirebbero probabilmente di “sinistra sovranista”, data dai sondaggi tra lo 0 e l’1 per cento, a un certo punto ha accusato duramente Harris per il suo passato da procuratrice generale della California. «Ha messo in galera più di 1.500 persone per reati legati alla marijuana, e poi si è messa a ridere qualche mese fa quando durante un’intervista le hanno chiesto se aveva mai fumato marijuana. Ha ignorato le prove che avrebbero salvato un uomo dalla pena di morte finché un tribunale non l’ha costretta a prenderle in esame».
Biden contro Castro
Quando si è discusso di immigrazione, lo scontro più acceso è avvenuto tra Joe Biden e Julian Castro, ex sindaco di San Antonio e segretario alla Casa durante l’amministrazione Obama. Castro pensa che si debba depenalizzare completamente l’ingresso illegale negli Stati Uniti, e ha criticato Joe Biden – e l’amministrazione Obama, di cui pure ha fatto parte – per aver mantenuto invece le norme che considerano un reato entrare illegalmente senza chiedere asilo. «Se attraversi il confine illegalmente – non se chiedi asilo – dovresti essere riportato indietro: è un reato», ha detto Biden, ricordando che Castro non aveva manifestato opinioni diverse quando lavorava nell’amministrazione Obama. «Sembra che qualcuno qui abbia imparato una lezione dal passato e qualcun altro no», ha risposto Castro, aggiungendo che per dire la verità sull’immigrazione «servono politici con gli attributi». «Ho abbastanza attributi da dire che il tuo piano non ha senso», ha replicato Biden.
De Blasio contro Biden
Sempre sull’immigrazione, il sindaco di New York Bill de Blasio ha chiesto a Biden se durante il suo mandato da vicepresidente abbia espresso o no delle critiche alle politiche sull’immigrazione dell’amministrazione Obama. Biden ha risposto di considerare privati i suoi consigli e pareri dati al presidente Obama durante quegli otto anni, e rivendicando come il presidente Obama abbia radicalmente cambiato approccio rispetto al passato. A quel punto è intervenuto Booker: «Non puoi fare come ti pare. Tu invochi il presidente Obama più di chiunque altro: non puoi farlo solo quando ti torna comodo».
Gillibrand contro Biden
Anche Kirsten Gillibrand, senatrice di New York data nei sondaggi tra lo 0 e l’1 per cento, ha provato ad attaccare Biden ricordando un suo articolo di quarant’anni fa in cui ipotizzava che il fatto che le donne lavorassero potesse «deteriorare» le famiglie. Biden si aspettava questa critica – Gillibrand l’aveva anticipata ai giornalisti, ingenuamente – e ha risposto facilmente dicendo che da moltissimo tempo non è d’accordo con quel punto di vista e ricordando che entrambe le sue mogli (la prima, morta in un incidente stradale, e la seconda e attuale) hanno sempre lavorato. Quando Gillibrand ha insistito con le critiche, Biden ha risposto ricordando che in passato lei lo aveva sempre elogiato per le sue posizioni sull’uguaglianza di genere: «Non so cosa sia successo nel frattempo, a parte che ti sei candidata alla presidenza».
Gillibrand può consolarsi con la battuta migliore della serata, almeno. Alla domanda su quale sarebbe la prima cosa che farebbe se fosse eletta alla presidenza, ha risposto: «Innanzitutto passerei il Clorox nello Studio Ovale» (il Clorox è un popolare detersivo disinfettante).
E ora?
I prossimi dibattiti televisivi si terranno il 12 e il 13 settembre (qualora, come probabile, serviranno ancora due serate). Come deciso dal Partito Democratico, potranno partecipare i candidati che otterranno almeno il 2 per cento in quattro diversi sondaggi di quattro istituti diversi pubblicati tra il 28 giugno e il 28 agosto, e che – sempre entro il 28 agosto – avranno ricevuto donazioni da almeno 130.000 elettori diversi, di cui almeno 400 per stato in almeno 20 stati. A oggi hanno già superato questi obiettivi Joe Biden, Pete Buttigieg, Kamala Harris, Bernie Sanders, Elizabeth Warren, Cory Booker e Beto O’Rourke, ma diversi altri sono vicini a farcela.