L’unico paese europeo dove l’aborto è ancora totalmente illegale
A Malta non è permesso nemmeno nei casi di stupro, incesto o pericolo per la donna: le cose forse stanno cambiando, ma molto lentamente
Sulla base di una legge che risale al 1724, chi si sottopone a un aborto e chi lo procura rischia fino a tre anni di carcere a Malta, la piccola isola del Mediterraneo tra i paesi più cattolici al mondo, e l’ultimo in Europa a proibire di fatto completamente l’aborto. Non ci sono legislazioni più restringenti: perfino in Irlanda del Nord e in Polonia, tra i paesi più conservatori del continente, l’aborto è permesso quando la salute della donna è a rischio, e in Polonia anche in caso di stupro o incesto. A Malta no, e le cose non sembrano destinate a cambiare presto.
Il divorzio sull’isola è stato introdotto soltanto nel 2011 con un referendum, mentre dal 2017 sono legali i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Ma questi relativi progressi nei diritti civili a Malta non sono stati accompagnati da un vero dibattito sull’aborto, che rimane tuttora un tema considerato un tabù. Le donne che hanno abortito illegalmente o all’estero non ne parlano, ha spiegato la dottoressa Andrea Dibben all’Economist, e in generale nel paese c’è un problema fin dall’educazione sessuale nelle scuole. Si stima che ogni anno circa 370 donne vadano in altri paesi ad abortire: spesso in Sicilia, dove però incontrano talvolta attese molto lunghe. Sono per questo frequenti i case di donne che ricorrono ad aborti praticati clandestinamente, con tutti i rischi connessi per la salute.
Negli ultimi tempi qualcosa si sta lentamente muovendo, e ci sono stati vari tentativi di organizzazione e protesta per chiedere la legalizzazione dell’aborto. Assistendo al successo del movimento a favore della libertà di scelta in Irlanda, che portò l’anno scorso a uno storico referendum che legalizzò l’aborto, le attiviste e gli attivisti maltesi hanno iniziato a copiarne le strategie. È stato fondato un comitato di 51 medici a favore della libertà di scelta, la maggior parte dei quali però ha preferito rimanere anonima: quelli che ci hanno messo il nome sono stati segnalati da un collega antiabortista che ha chiesto, senza riuscirci, che fossero banditi. Ma una nuova organizzazione antiabortista è riuscita a fare lobbying per impedire che un medico a favore della libertà di scelta fosse eletto nel consiglio dell’ordine dei medici maltese.
Il dibattito sull’aborto ha avuto il suo massimo di popolarità prima delle elezioni europee: il Partito Nazionalista, il principale partito di opposizione, conservatore, ha affisso grandi manifesti per promuovere la propria posizione intransigente sul tema. Il leader del partito, Adrian Delta, ha definito le europee «un referendum sull’aborto», accusando il Partito Laburista del primo ministro Joseph Muscat di sostenere segretamente i movimenti a favore della libertà di scelta. Muscat ha risposto spiegando che il suo governo non aveva ricevuto un mandato per cambiare le leggi in materia. Secondo i sondaggi citati da Politico, il 95 per cento dei maltesi è contrario a permettere l’aborto anche nelle prime 12 settimane della gravidanza. C’è chi pensa che Muscat, che alla fine ottenne oltre 13 punti percentuali in più rispetto ai Nazionalisti, potesse permettersi di prendere posizione sul tema: ma i Laburisti sono molto cauti, anche se lo stesso Muscat ha accennato alla necessità di avere «una sobria discussione».
Al summit degli stati dell’Europa mediterranea tenuto nella capitale La Valletta a giugno, il collettivo Voice for Choice ha organizzato una protesta accogliendo i leader europei con striscioni con scritto: “Benvenuti a Malta, dove le donne e le ragazze sono solo incubatrici”. È stata una delle prime proteste per chiedere il diritto all’aborto nella storia del paese, ed è stata interpretata come un segnale che le cose stiano pian piano cambiando. Soprattutto dopo il referendum irlandese, il tema è diventato quantomeno un argomento del dibattito politico, e compare spesso sui media nazionali. Ci sono sempre più fondazioni, ong e collettivi che si stanno organizzando per sensibilizzare i maltesi sul tema, nonostante la fortissima tradizione cattolica del paese renda ancora difficile e malvisto parlarne in pubblico.