In una città della Romania c’è una manifestazione che va avanti da 500 giorni
Ogni giorno, allo stesso posto e alla stessa ora, per 15 minuti: contro il partito di governo e contro la corruzione
Ogni giorno a mezzogiorno da più di 500 giorni consecutivi, a Sibiu, in Romania, un gruppo di residenti organizza una protesta silenziosa contro la corruzione fuori dalla sede del Partito socialdemocratico (PSD), al governo nazionale dal 2016 e criticato da tempo anche dal Parlamento e dalla Commissione europea.
Sibiu si trova in Transilvania, a circa 270 chilometri da Bucarest, è abitata da poco più di 150mila persone e nel 2007 è stata scelta come capitale europea della cultura. Una delle caratteristiche delle case di Sibiu sono le finestre strette, ricavate sui tetti da una piegatura delle tegole, che assomigliano moltissimo a un occhio socchiuso. Le finestre di Sibiu sono diventate anche il simbolo delle proteste: il gruppo che le organizza si chiama “Vӑ Vedem din Sibiu”, “Da Sibiu ti stiamo guardando”. Uno dei suoi fondatori, Ciprian Ciocan, ha spiegato che il messaggio per il PSD è semplice: «Sappiamo cosa stai facendo, stiamo guardando ogni tua mossa, e siamo qui per difendere lo stato di diritto».
Vӑ Vedem din Sibiu è iniziato l’11 dicembre del 2017 quando le iniziative del governo per riformare la giustizia generarono proteste di piazza estese e partecipate in tutto il paese. Da allora a Sibiu i presidi per creare una “zona libera dalla corruzione” sono stati sospesi per un solo giorno, lo scorso maggio, quando i leader dell’UE arrivarono in città per un vertice informale. L’incontro in quell’occasione venne presieduto da Klaus Iohannis, ex sindaco di Sibiu diventato presidente della Romania nel 2014, con una campagna elettorale basata sulla lotta alla corruzione.
In Romania le elezioni politiche del 2016 erano state vinte dal Partito socialdemocratico ma il suo leader, Liviu Dragnea, non era potuto diventare primo ministro perché incriminato per frode elettorale, abuso d’ufficio, associazione a delinquere e appropriazione di fondi europei. A causa dei procedimenti penali a carico suo e di altre figure di spicco del partito, le riforme della giustizia sono state per diverso tempo al centro dell’attività del governo. Ma per l’opposizione il loro obiettivo principale era mettere Dragnea al riparo dai processi attraverso la depenalizzazione dell’abuso di ufficio, la riduzione dei tempi della prescrizione per i casi di corruzione e abuso di potere e il ridimensionamento dell’indipendenza della magistratura.
Mentre le grandi manifestazioni di piazza nella capitale vengono organizzate in occasioni ben precise, il silenzioso e pacifico presidio di Sibiu non si ferma mai: «Quei 15 minuti tutti i giorni, sono come una fiamma che non si spegne», ha detto Ciocan al Guardian. E i video che li mostrano e che vengono pubblicati su Facebook raccolgono migliaia di visualizzazioni: «Qualcuno sa che ci sono ancora delle persone a Sibiu, non importa se piove o nevica o altro». Alle manifestazioni partecipano persone di tutte le età e alcuni dicono che nei mesi i presidi siano stati attraversati da migliaia di persone diverse: alcune portano bandiere rumene e dell’UE, altri cartelli con scritto “resistere” o che accusano il PSD o il suo alleato di governo, il partito liberale. Nonostante il PSD abbia rivolto ai manifestanti diverse critiche, le proteste sono sempre state pacifiche e civili.
Diana Manta, una 37enne che lavora nell’editoria, e che è stata intervistata dal Guardian, ha spiegato che cerca di venire al presidio tutti i giorni: «La mia pausa pranzo è qui. Lo faccio perché sono contro la corruzione, sono contro i politici che guidano attualmente la Romania e perché vedo che la corruzione colpisce le nostre vite. Non abbiamo ospedali a causa della corruzione, non abbiamo scuole decenti per i nostri figli, non abbiamo strade».
La Romania è uno dei paesi più poveri e corrotti dell’Unione europea e da quando è diventata uno stato membro ha ricevuto decine di miliardi di euro di finanziamenti europei: 31 miliardi di euro tra il 2014 e il 2020. Questi fondi sono destinati in buona parte a investimenti in infrastrutture ed energie rinnovabili e al sostegno alle piccole e medie imprese, ma parte di queste risorse finisce per alimentare gravi fenomeni di corruzione e clientelismo, o nel migliore dei casi per non essere sfruttata.
Il paese è da tempo al centro delle critiche del Parlamento e della Commissione europea, tanto che il 10 maggio, il commissario Frans Timmermans arrivò a minacciare l’avvio del processo che poteva portare in ultima istanza alla sospensione del diritto di voto del paese nelle sedi europee. Sotto la pressione dell’UE e in seguito a un referendum in cui gli elettori hanno respinto in modo decisivo un’amnistia per i reati di corruzione, il PSD ha abbandonato alcune delle misure più controverse della riforma della giustizia. Alle elezioni del parlamento europeo, il PSD è stato poi superato dal principale partito di opposizione e il suo leader, Liviu Dragnea, il 27 maggio è stato condannato in appello a tre anni e mezzo di carcere per abuso d’ufficio e portato in un carcere di Bucarest. Nonostante questi segnali siano stati interpretati in modo positivo, dal gruppo di Sibiu, chi ne fa parte pensa che la lotta per lo stato di diritto non sia finita. Per ora, dunque, l’appuntamento resterà quotidiano.