Mueller non ha detto granché
Il procuratore che ha indagato su Trump e la Russia è sembrato esitante e a tratti confuso, al Congresso, e non ha aggiunto molto al rapporto
Il procuratore speciale Robert Mueller ha parlato mercoledì davanti alla commissione della Giustizia della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, e poi davanti alla commissione dell’Intelligence, in due lunghe sedute incentrate sulla sua indagine su Trump e la Russia. La sorpresa più grande non sono state tanto le sue parole, visto che non ha fornito nuove rivelazioni, quanto il fatto che Mueller sia sembrato a lunghi tratti esitante e confuso. Sulla giornata di oggi c’erano enormi aspettative, soprattutto tra i Democratici, che speravano di riportare l’indagine al centro del dibattito pubblico grazie alla testimonianza diretta di Mueller, magari aprendo la strada per una possibile richiesta di impeachment. Le cose sono andate un po’ diversamente, secondo gli editoriali dei principali analisti politici americani.
La testimonianza di Mueller si è divisa in due parti: la prima sull’indagine sull’intralcio alla giustizia operato dal presidente Donald Trump quando licenziò il direttore dell’FBI James Comey; la seconda sulle interferenze russe sulle presidenziali americane del 2016. In entrambe, Mueller non ha aggiunto praticamente niente al lungo rapporto sull’indagine pubblicato lo scorso aprile: non ci sono state, in sostanza, nuove rivelazioni sui presunti crimini commessi da Trump.
Se questo era tutto sommato previsto, lo è stato molto meno il comportamento di Mueller, che per tutte le oltre sette ore di deposizione è sembrato esitante, intimorito e a tratti quasi confuso. Ha balbettato molto spesso, ha chiesto più volte che i deputati ripetessero le domande, è sembrato in difficoltà di fronte a domande apparentemente semplici e in un paio di occasioni si è anche contraddetto. Questo aspetto ha stupito anche le persone che lo conoscono meglio: diversi giornalisti hanno ricordato che quando era direttore dell’FBI, tra il 2001 e il 2013, era abilissimo a parlare e dimostrava grandi capacità a divulgare informazioni, cosa che non ha fatto oggi.
This is delicate to say, but Mueller, whom I deeply respect, has not publicly testified before Congress in at least six years. And he does not appear as sharp as he was then.
— David Axelrod (@davidaxelrod) July 24, 2019
Un tweet dell’ex stratega di Barack Obama David Axelrod, nel quale dice che Mueller non sembra brillante come l’ultima volta che testimoniò davanti al Congresso, sei anni fa.
La sua testimonianza, in sostanza, non sembra aver aiutato i Democratici che speravano di poter chiedere l’impeachment per Trump (una questione su cui il partito è comunque spaccato). Le sedute di Mueller si sono svolte principalmente intorno alle domande poste dai deputati membri dei due comitati, sia quelli Democratici sia quelli Repubblicani. I primi hanno cercato di ottenere da Mueller nuove rivelazioni, e non riuscendoci gli hanno chiesto di trarre conclusioni dalle cose scritte nel rapporto. I secondi hanno adottato una strenua difesa di Trump, cercando di mettere in discussione i metodi applicati dalla squadra speciale che ha condotto l’indagine. Né i primi né i secondi sono davvero riusciti nel loro intento, perché Mueller ha dato risposte molto sintetiche e facendo molta attenzione a non staccarsi da quanto riportato nel rapporto.
Si sapeva, del resto, che Mueller avrebbe preferito non comparire davanti al Congresso, e che lo ha fatto soltanto perché obbligato da un mandato di comparizione emesso dai Democratici. Nella sua testimonianza, ha ribadito che Trump non è stato scagionato dall’accusa di ostruzione alla Giustizia: nella prima seduta era sembrato affermare che il presidente non fosse stato incriminato soltanto perché il parere legale era che un presidente in carica non possa essere incriminato; nella seconda, Mueller ha in parte rivisto quanto detto, spiegando che «non abbiamo determinato se abbia commesso un crimine».
Mueller ha poi respinto le accuse secondo le quali l’indagine sarebbe stata «una caccia alle streghe», e ha estesamente confermato tutte le conclusioni presenti nel rapporto, secondo le quali: la Russia influenzò le presidenziali americane danneggiando Hillary Clinton, il comitato elettorale di Trump lo sapeva e ne era felice, e Trump fu coinvolto in affari con la Russia – nello specifico, la costruzione di un grattacielo a Mosca – dopo l’inizio della campagna elettorale. Mueller ha anche detto che nonostante Trump si sia sempre rifiutato di testimoniare davanti ai procuratori della sua squadra, decise di non emettere un mandato di comparizione perché sapeva che il presidente si sarebbe opposto, e questo avrebbe prolungato troppo i tempi dell’indagine. Mueller ha aggiunto che Trump è stato «generalmente» incompleto e disonesto nelle risposte scritte fornite ai procuratori.