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  • Martedì 23 luglio 2019

Nessuno sa cosa aspettarsi da Boris Johnson

Che è un politico conservatore, imprevedibile e con una storia unica, e da mercoledì sarà il nuovo primo ministro del Regno Unito

Boris Johnson (Charles McQuillan/PA Wire)
Boris Johnson (Charles McQuillan/PA Wire)

Da mercoledì Boris Johnson, ex sindaco di Londra, ex ministro degli Esteri e uno dei politici più eccentrici e imprevedibili d’Europa, sarà il nuovo primo ministro del Regno Unito. Johnson è stato eletto capo del Partito conservatore dopo un processo durato settimane e iniziato con le dimissioni di Theresa May. Da lui nessuno sa bene cosa aspettarsi, soprattutto i capi di stato e di governo dell’Unione Europea, che nei prossimi mesi dovranno averci a che fare per decidere cosa ne sarà di Brexit.

Johnson, il cui nome completo è Alexander Boris de Pfeffel Johnson, ha 55 anni e una storia personale e politica molto particolare.

Boris Johnson a Londra il 6 novembre 2015
(Ben Pruchnie/Getty Images)

Nacque nel 1964 a New York, negli Stati Uniti, da una famiglia britannica dell’alta borghesia «molto estroversa e competitiva», ha scritto Associated Press: tra i suoi antenati ci fu anche Ali Kemal, giornalista, poeta, e per tre mesi ministro di uno dei governi dell’Impero ottomano. Rachel, la sorella di Johnson, ha raccontato che l’aspirazione del fratello da piccolo era quella di diventare il «re del mondo». Johnson frequentò le scuole più esclusive, come l’Eton College e l’Università di Oxford, in Inghilterra, ma nel periodo in cui suo padre Stanley lavorò nella Commissione Europea andò a scuola a Bruxelles. A Bruxelles ci tornò poi da giornalista. Lavorò per il Times (dove fu licenziato per avere inventato un virgolettato), per il Daily Telegraph e fu direttore dello Spectator. In quel periodo cominciò ad attaccare senza sosta le politiche europee e a prendersela con diversi funzionari di Bruxelles, alcuni dei quali da mercoledì avranno a che fare con Johnson nel suo nuovo ruolo da primo ministro.

Boris Johnson baciato da una sostenitrice a Dover, 11 luglio 2019
(Chris Ratcliffe – Pool/Getty Images)

Boris Johnson a Londra il 6 aprile 2011
( Dean Mouhtaropoulos/Getty Images)

Nel corso degli anni Johnson è diventato uno dei politici più in vista dei Conservatori britannici, ma anche uno dei più criticati, soprattutto per alcune sue esternazioni. Tra le altre cose, si ricorda quando definì gli abitanti della Papua Nuova Guinea “cannibali”, quando sostenne che Barack Obama era “parzialmente keniano” e per questo aveva una antipatia ancestrale nei confronti del Regno Unito, e quando paragonò le donne musulmane che indossavano il velo a «cassette delle lettere».

Anche i rapporti con gli altri paesi europei durante il suo mandato da ministro degli Esteri – durato da luglio 2016 a luglio 2018 – non sono stati facili e lineari. I giornalisti Max Colchester e Laurence Norman hanno scritto sul Wall Street Journal che Johnson era visto con allarme dalle sue controparti europee, che però allo stesso tempo ne erano affascinate. Se Johnson da una parte paragonava gli obiettivi dell’Unione Europea a quelli di Adolf Hitler, dall’altra sosteneva di avere trascorso «anni molto felici a Bruxelles» e di avere sviluppato relazioni forti con diversi politici europei. Alcuni suoi ex collaboratori hanno raccontato al Wall Street Journal che le richieste degli altri ministri degli Esteri di incontrare «Boris», così veniva chiamato amichevolmente, erano molto frequenti: un po’ perché faceva grande attività di lobbying a Washington per difendere la posizione dell’Unione Europea sull’Iran, diversa da quella del presidente Donald Trump, di cui Johnson è ancora oggi un grande fan; un po’ perché era un buon intrattenitore, con una grande passione per la storia romana e greca.

Boris Johnson, segretario degli Esteri britannico, con la sua controparte australiana, Julie Bishop, a Londra, 23 febbraio 2017
(Jack Taylor/Pool Photo via AP)

Durante un incontro con alcuni funzionari ciprioti, per esempio, Johnson si lanciò in una discussione su chi avesse davvero vinto le guerre combattute nel Quinto secolo a.C. tra Atene e Sparta: sul campo di battaglia le aveva vinte Sparta, sosteneva Johnson, ma l’esperimento di Atene con la democrazia e la concessione di diritti ai propri cittadini aveva mostrato come i veri vincitori fossero stati gli ateniesi.

Al di là di tutto, uno dei motivi per cui oggi Johnson viene visto con preoccupazione a Bruxelles è la sua posizione molto a favore di Brexit, unita alla sua imprevedibilità.

Boris Johnson fa campagna per Brexit a Leeds, 17 maggio 2016 (Christopher Furlong/Getty Images)

Negli ultimi anni Johnson è stato un grande sostenitore di Brexit, arrivando anche a non escludere l’ipotesi del “no deal”, cioè del “nessun accordo” tra Unione Europea e Regno Unito: secondo Johnson e diversi altri euroscettici radicali del Partito Conservatore britannico, il “no deal” si potrà verificare se l’Unione Europea non si dimostrerà disposta a rinegoziare l’accordo su Brexit concluso con il governo precedente di Theresa May, e ritenuto insoddisfacente. I politici europei che lo conoscono dalle sue precedenti esperienze a Bruxelles, prima da giornalista e poi da ministro degli Esteri, sanno che le tecniche di negoziazione di Johnson sono diverse da quelle di May: più aggressive e meno attente alle regole della diplomazia.

Boris Johnson al tiro alla fune per un evento per ricordare i soldati morti dalla Prima guerra mondiale, Londra, 27 ottobre 2015
(Ben Pruchnie/Getty Images)

Qualche mese dopo la sua nomina a ministro degli Esteri britannico, per esempio, Johnson incontrò l’allora ministro dello Sviluppo Economico italiano Carlo Calenda. Gli disse che l’Italia avrebbe dovuto fare pressioni sui suoi alleati europei affinché il Regno Unito ottenesse un accesso speciale al mercato unico, scenario che i negoziatori europei avevano fino a quel momento escluso. Johnson minacciò Calenda dicendo che, se non avesse fatto come diceva lui, il Regno Unito avrebbe cominciato a importare meno Prosecco dall’Italia (Calenda non la prese bene).

L’imprevedibilità di Johnson e le sue particolari tecniche di negoziazione potrebbero avere conseguenze importanti sui rapporti tra Regno Unito e Unione Europea in relazione a Brexit, perché potrebbero rendere credibili minacce che finora con May avevano funzionato poco, come quella di un “no deal” intenzionale. In generale, preoccupano anche i rapporti di amicizia che Johnson ha già mostrato di avere con Trump, in un periodo in cui le relazioni tra Stati Uniti e Unione Europea sono ai ferri corti per molte ragioni, tra cui il tema del nucleare iraniano.

Johnson diventerà primo ministro britannico mercoledì, dopo avere incontrato la Regina a Buckingham Palace. Lo stesso giorno farà il suo primo discorso di fronte al numero 10 di Downing Street, la residenza del capo del governo britannico, a Londra, e inizierà a nominare i suoi ministri più importanti.

Boris Johnson esce da casa sua, Londra, 20 giugno 2019
(Peter Summers/Getty Images)