I viaggi sulla Luna immaginati, prima di quello vero
Prima di Neil Armstrong ci andarono per finta anche Astolfo, Tintin, Totò, Luciano di Samosata e il cane del figlio di Tolkien, tra gli altri
Come stiamo ricordando in questi giorni in cui ne ricorre il 50esimo anniversario, i primi uomini ad andare sulla Luna furono Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins. Il primo a camminarci fu Armstrong e dopo di lui solo altri undici uomini lo hanno fatto: l’ultimo, Eugene Cernan, nel 1972. Prima che Armstrong ci riuscisse, la Luna stava comunque già lì: e molti immaginarono – nei loro libri, nei loro film e nei loro racconti di ogni tipo – come sarebbe stato, andare sulla Luna. Le storie di viaggi sulla Luna prima di quello vero sono tante, ma alcune si sono fatte notare perché pensate da autori migliori, ben raccontate o anche solo perché piuttosto accurate o, al contrario, particolarmente stravaganti (ma è ovviamente facile dirlo ora).
Uno dei primi a pensare a un viaggio sulla Luna fu Luciano di Samosata, un retore greco nato un po’ più di un secolo dopo Cristo in quella che oggi è la Turchia. In Icaromenippo a finire sulla Luna è il filosofo Menippo di Gadara, che ci si ferma un po’, prima di andare in cielo con gli Dei. In La storia vera invece è lo stesso Luciano a finire sulla Luna, dopo che la sua nave viene sollevata in aria. Non stiamo a raccontarvi tutta la storia ma una volta sulla Luna («vasta come un’isola, splendente e sferica e illuminata da una grande luce») arrivano degli ippogrifi (nella mitologia, incroci tra cavalli e grifoni) e si scopre che è in corso una guerra contro Venere. Ma Luciano inizia La storia vera spiegando: «Dirò questa sola verità, che io dirò la bugia».
Menippo di Gadara, invece, parlava così della sua impresa:
Dunque eran tremila stadii dalla terra sino alla luna, dove ho fatta la prima posata: di là fino al sole un cinquecento parasanghe; e dal sole per salir sino al cielo ed alla rocca di Giove ci può essere una buona giornata di aquila.
Della Luna parlò anche il racconto noto come Storia di un tagliabambù, che risale al Decimo secolo ed è considerato il più antico esempio di narrativa giapponese. Parla di una principessa lunare che cresce sulla Terra e a un certo punto decide di tornare a casa, lasciando sulla Terra cuori spezzati e un elisir di lunga vita che però non usa nessuno.
Nel 1516 a finire sulla Luna fu invece Astolfo, nell’Orlando Furioso. Ce lo mandò Ludovico Ariosto, secondo il quale la Luna era il posto in cui finivano tutte le cose gettate via sulla Terra, compreso il senno perduto da Orlando, dopo che era stato tradito da Angelica. Già che c’è, Astolfo ritrova anche il suo, di senno. Se eravate attenti alle superiori, potreste ricordarvi questa:
Le lacrime e i sospiri degli amanti,
l’inutil tempo che si perde a giuoco,
e l’ozio lungo d’uomini ignoranti,
vani disegni che non han mai loco,
i vani desideri sono tanti,
che la più parte ingombran di quel loco:
ciò che in somma qua giù perdesti mai,
là su salendo ritrovar potrai.
Della Luna parlò anche Giovanni Keplero in Somnium, un racconto (pubblicato postumo nel 1634) su un viaggiatore islandese che si sposta grazie ad alcuni demoni volanti. In realtà Keplero usò l’avvincente racconto per infilarci dentro teorie astronomiche che ci teneva sapessero anche altri. Pochi anni più tardi fu scritto un racconto di Francis Godwin, The Man in the Moone, che parla di un uomo che finisce sulla Luna con una specie di carrozza trainata da strani e fortissimi cigni da lui trovati sull’isola di Sant’Elena. Il libro ispirò il francese Cyrano de Bergerac a scrivere L’altro mondo o Gli stati e gli imperi della luna. Il protagonista finisce sulla Luna grazie a qualcosa di simile a dei fuochi d’artificio: un notevole passo in avanti, in quanto a concretezza, rispetto ai cigni.
Dopo che la fiamma ebbe divorata una fila di razzi, (disposti a sei a sei e congiunti da una miccia) se ne incendiò una seconda e una terza, per modo che la polvere, bruciando, allontanava il pericolo di cadere aggravandolo sempre più. Ma finiti i razzi, e con i razzi cessato l’impulso verso l’alto, quando già m’ero rassegnato a spaccarmi la testa sulla vetta di un monte, sentii, senza nessuna commozione, che continuavo a salire, mentre la macchina, preso commiato da me, precipitava verso terra. Attraversai così, secondo i calcoli fatti dopo, molto più dei tre quarti della distanza che separa la terra dalla luna, senza che nessun incidente turbasse il mio viaggio.
Di un viaggio sulla Luna, con una precedente tappa in Cina, parlò anche Daniel Defoe all’inizio del Diciottesimo Secolo: lo scrisse come satira del funzionamento del Parlamento britannico. Ma tra un racconto e l’altro capitò anche che qualche giornalista particolarmente sfrontato si inventasse la notizia della scoperta di vita sulla Luna. Il caso più famoso è del 1835, quando il New York Sun pubblicò una serie di storie scritte da Richard Adams Locke.
Nel 1835 Edgar Allan Poe raccontò in L’incomparabile avventura di un certo Hans Pfaall la storia di un abitante di Rotterdam che per fuggire da certi tizi a cui deve dei soldi costruisce un complicato pallone aerostatico e dopo 19 giorni arriva sulla Luna, dove resta per circa cinque anni. Di Luna si occupò anche Hans Christian Andersen nel 1838, nel racconto Le galosce della fortuna, su un uomo che ci arriva grazie a degli stivali magici che gli permettono di esprimere un desiderio, e una volta arrivatoci scopre che ci sono molte altre persone che ci erano arrivate esprimendo un simile desiderio.
Fino a circa la metà dell’Ottocento la Luna fu usata soprattutto come espediente per parlare d’altro: come posto più lontano di tutti su cui ambientare storie ancora più fantastiche o come ambientazione ideale di società diversissime da quelle terrene, o simili, e quindi usate come parodia. Con l’avvicinarsi del Novecento, nei circa cento anni precedenti al vero allunaggio, le storie iniziarono a farsi pian piano sempre più scientificamente plausibili e, a un certo punto, arrivarono anche altre forme di racconto, come il cinema o il fumetto.
Nel 1865 e nel 1870 Jules Verne pubblicò Dalla Terra alla Luna e Intorno alla Luna. Nei due romanzi l’impresa si compie grazie a un gigantesco e potentissimo proiettile sparato nello Spazio dagli Stati Uniti. In realtà questi romanzi, forse i più famosi tra quelli che parlano di viaggi verso la Luna, non parlano di nessun allunaggio. Come si intuisce dal titolo del secondo, c’è un problema con l’orbita lunare.
Quelli di Verne sono i più importanti romanzi di fantascienza sulla Luna dell’Ottocento; il più noto del Novecento arrivò comunque molto presto: nel 1901. Lo scrisse H.G. Wells, l’autore della Guerra dei Mondi, tra le tante altre cose. Nel romanzo I primi uomini sulla Luna il viaggio non è descritto in modo molto scientifico – grazie alla cavorite, una sostanza inventata da uno scienziato, i due protagonisti riescono a evitare la gravità – ma la descrizione di quello che trovano i due protagonisti una volta allunati è molto dettagliata. È anche uno di quei casi in cui la Luna è abitata: nel sottosuolo, dai seleniti. Entrambi i protagonisti finiscono prigionieri: uno riesce a scappare, l’altro non ce la fa ma col tempo diventa amico dei seleniti e, via radio, ne racconta alla Terra le caratteristiche. Racconta che i seleniti vivono più o meno come certi insetti e che il capo è una specie di grandissimo cervello. Il finale è piuttosto drammatico.
– E, quando si fosse andati fin là, che cosa vorrebbe trovarci?
– Vedremo! Pensi un po’ a tutte le nuove cognizioni!
– Ma c’è aria sulla luna?
– È possibile.
Nel 1902 uscì Viaggio nella Luna, il film di Georges Méliès tratto – in parte, perché qui sulla Luna ci arrivano – dal primo dei due libri di Verne. È considerato il primo vero film di fantascienza, contiene effetti speciali rivoluzionari e ha il dono della sintesi: in poco più di dieci minuti racconta preparazione, viaggio, esplorazione, incontro con i poco socievoli abitanti lunari e conseguente fuga.
Di Luna si occupò anche J. R. R. Tolkien: nel 1925, in Roverandom. È una storia di poco più di cento pagine scritta dopo che il figlio perse su una spiaggia il suo giocattolo preferito, a forma di cane. Tolkien si inventò la storia di un mago cattivo che trasforma un vero cane in un cane-giocattolo, e di quel cane che va in giro per la Terra e anche sulla Luna per ritrovare il mago.
Nel 1929 un altro grande regista – il tedesco Fritz Lang – diresse il film muto Una donna nella luna, tratto dal romanzo scritto un anno prima da sua moglie Thea von Harbou. È considerato un film scientificamente attendibile, per quanto fosse possibile esserlo in quegli anni, perché, per esempio, il viaggio verso la Luna è fatto con un razzo.
Nel 1939 Isaac Asimov scrisse il racconto Pendolarità in cui si immaginò un tentato viaggio verso la Luna nel 1973, con il razzo Prometheus, che viene però boicottato da fanatici religiosi. Finisce con l’Ufficio Federale Investigativo sulla Ricerca Scientifica che vieta ogni ricerca scientifica indipendente, e con un uomo che sfida il divieto.
Nel 1959 uscì il film Uomini sulla Luna, diretto da George Pal e tratto dal romanzo Razzo G.2 di Robert A. Heinlein, che di Luna scrisse spesso e bene. Il film celebra la conquista della Luna «a vantaggio di tutto il genere umano», anche se fatto grazie a notevoli investimenti da parte dell’industria privata statunitense, ed è molto dettagliato nel descrivere le difficoltà che si verificano durante il viaggio, soprattutto quando, dopo essere stati sulla Luna, gli esploratori cercano di uscirne dall’orbita per tornare sulla Terra.
Un anno dopo uscì Preludio allo Spazio, un romanzo di Arthur C. Clarke, l’autore della storia che ha ispirato 2001: Odissea nello Spazio e che si occupò più di una volta di possibili viaggi verso la Luna. Dieci anni prima che la NASA facesse partire il progetto Apollo, Clarke raccontò con molto dettaglio la preparazione della missione Prometheus, ambientata nel 1978. Un’altra storia di fantascienza considerata particolarmente accurata nel prevedere quello che sarebbe successo fu immaginata dal belga Hergé, nei fumetti Obiettivo Luna e Uomini sulla Luna. In questa realtà parallela immaginata da Hergé il primo uomo a mettere piede sulla Luna è Tintin.
Tra i tanti altri a essere stati mandati sulla Luna dal cinema e dalla letteratura c’è anche Totò, per il film del 1958 che, come spesso succedeva ai film di Totò, ha un titolo particolarmente didascalico: Totò nella luna.
Alla fine degli anni Cinquanta la tv statunitense mandò in onda Men Into Space, sul tentativo del governo statunitense di mandare uomini nello Spazio. Il secondo episodio è intitolato “Moon Landing” e poi seguono, tra gli altri, “Moonquake”, “First Woman on the Moon”, “Christmas on the Moon” e “Mission to Mars”.
Nel 1961 Arthur C. Clarke fu tra i primi a occuparsi di possibile turismo lunare, in Polvere di Luna e nel 1967 Doctor Who fu uno degli ultimi personaggi di finzione ad arrivare sulla Luna prima di Neil Armstrong, per esempio nei quattro episodi “The Moonbase”, ambientati nel 2070. Ma viaggiare sulla Luna è più facile, se puoi anche viaggiare nel tempo. Nel 1967, appena in tempo, uscì anche Great Science Fiction Stories About the Moon, una nota antologia di racconti sulla Luna. Poi Neil Armstrong ci arrivò davvero, il 21 luglio 1969.