Come abbiamo fotografato la Luna, sulla Luna
Per ottenere "fotografie da primo premio", la NASA mobilitò i migliori produttori di macchine fotografiche, lenti e rullini
di Silvia Franzoni
Nel 1969 a Göteborg, in Svezia, la società di Victor Hasselblad, la Hasselblad Aktiebolag, attendeva con preoccupazione un telegramma dagli Stati Uniti sullo sviluppo di 132 immagini in bianco e nero scattate da una macchina fotografica Hasselblad. Erano le prime immagini chiare e limpide della Luna, che Neil Armstrong e Buzz Aldrin avevano scattato una manciata di giorni prima. La Hasselblad, la macchina appositamente costruita per fotografare la spedizione lunare, invece era rimasta là, a 384.400 chilometri di distanza dalla Terra.
Le prime foto della Luna scattate sulla Luna erano state trasmesse dal lander sovietico Luna 9 nel 1966, ma erano sgranate e poco chiare. La NASA stava invece lavorando per avere immagini sempre più definite e nel 1962 aveva iniziato una collaborazione con Hasselblad, un’azienda svedese fondata dall’ingegnere Victor Hasselblad che negli anni Cinquanta e Sessanta fabbricava le macchine di medio formato più utilizzate dai fotografi professionisti: le Hasselblad stavano in una mano, avevano componenti intercambiabili ed erano costruite con lenti considerate eccellenti. Erano così solide che i fotografi Ralph Morse, Carl Mydans, Ken Weaver e Louis Marden, che lavoravano per le riviste National Geographic e Life, le avevano consigliate all’astronauta Walter Schirra che si stava preparando al suo primo viaggio in orbita attorno alla Terra. Quando viaggiò a bordo della capsula Sigma 7, nell’ottobre del 1962, Schirra teneva in mano una Hasselblad non modificata.
Fotografare la Luna sulla Luna sarebbe stato però un po’ più complicato. L’ottima risoluzione delle immagini che la Hasselblad era capace di scattare e la praticità con cui permetteva di cambiare rullino la rendevano pratica e funzionale, ma alla NASA serviva un corpo macchina capace di resistere a temperature molto rigide, perfettamente funzionante nonostante il vuoto e comodo da usare per un uomo coperto da capo a piedi da una tuta pesante 100 chilogrammi. Così i tecnici di Houston e gli ingegneri svedesi cominciarono a modificare minuziosamente ogni piccolo dettaglio.
La Hasselblad prese il suo miglior modello, la 500 EL, e sostituì i lubrificanti interni per impedire che evaporassero nel vuoto, rivestì il corpo macchina d’argento per far fronte alle violente escursioni termiche lunari e inserì una lastra trasparente dotata di un reticolo di croci che avrebbe aiutato gli scienziati di Houston, una volta sviluppate le pellicole, a determinare in ogni foto la distanza angolare degli oggetti fotografati. I tasti sul corpo macchina furono ingranditi per poter essere maneggiati anche con i guanti e il mirino fu eliminato, perché il casco avrebbe reso impossibile avvicinarlo all’occhio degli astronauti.
L’azienda tedesca Zeiss si occupò delle lenti e costruì il Bigon f.5.6/60mm, un obiettivo disegnato appositamente per la NASA. La Kodak modificò i suoi rullini producendo una pellicola più sottile, così da consentire fino a 200 esposizioni su un rullino lungo 12 metri. La NASA e la Hasselblad avevano così messo a punto la macchina fotografica semiautomatica che avrebbe scattato le foto più celebri della Luna: la chiamarono Hasselblad 500 EL Data Camera e la consegnarono a Neil Armstrong perché imparasse a usarla durante le missioni di addestramento in Nevada, in Arizona e alle Hawaii.
Quando il 20 luglio 1969 il modulo Eagle toccò la superficie della Luna, Neil Armstrong e Buzz Aldrin impiegarono circa due ore e mezza per compiere la cosiddetta passeggiata lunare (Extra Vehicular Activities, EVA). Il programma delle operazioni di documentazione, rilevazione e raccolta degli oggetti considerati di interesse era stato dettagliatamente pianificato e gli scienziati di Houston avevano previsto che la documentazione fotografica dell’orbita e del suolo lunare avrebbe richiesto una strumentazione complessa. Per questo l’Apollo 11 era stato equipaggiato con trentatré rullini e sette macchine fotografiche differenti. C’erano anche la Kodak Close-up Stereoscopic Camera, commissionata solo sette mesi prima della missione, e ben quattro Hasselblad. Solo la Data Camera però era stata progettata per essere perfettamente funzionante anche fuori dalla Eagle: fu equipaggiata con un portapellicola con rullino a colori, si accendeva semplicemente premendo il grilletto montato sull’impugnatura ed era allacciata alla tuta di Neil Armstrong.
La praticità dei corpi macchina rese molto facile per gli astronauti cambiare i portapellicole e montarli di volta in volta su modelli diversi: per questo motivo – come ha ricostruito Eric M. Jones, fondatore dell’Apollo Lunar Surface Journal, un archivio online della NASA che raccoglie la documentazione delle operazioni lunari dal 1969 al 1972 – non è possibile ricostruire con precisione il corretto ordine di scatto delle fotografie. I rullini usati per fotografare la Luna sulla Luna sono stati tre (due a colori e uno in bianco e nero), mentre quelli caricati sulle Hasselblad sono stati in tutto nove e hanno scattato 1.407 fotogrammi.
Tutte le macchine fotografiche usate durante la missione Apollo 11 sono rimaste sulla Luna, per liberare spazio sulla capsula lunare e portare sulla Terra ventidue chili di rocce lunari che gli scienziati della NASA avrebbero poi analizzato. I nove rullini usati, invece, arrivarono [pdf] al centro di controllo di Houston a mezzogiorno del 25 luglio 1969. Restarono nel laboratorio per la decontaminazione per 47 ore. Una volta sviluppate e duplicate, le fotografie scattate dalla missione Apollo 11 furono presentate alla stampa il 12 agosto 1969.
Victor Hasselblad rimase negli Stati Uniti fino a quando non gli furono consegnate le copie dei quattro rullini a colori, poi volò in Svezia, a Göteborg. Qui, nella sua azienda, aspettò l’arrivo del telegramma che lo avrebbe informato sullo sviluppo delle immagini in bianco e nero che la Hasselblad Data Camera aveva scattato sulla Luna. Quando arrivò, il telegramma recitava: “Il rullino in bianco e nero usato dalla Hasselblad EL equipaggiata con l’obiettivo Bigon 60mm sulla superficie lunare è stato sviluppato e i risultati sono assolutamente perfetti. La NASA ritiene che siano 132 fotografie da primo premio”.
Questo e gli altri articoli della sezione Come andammo sulla Luna sono un progetto del workshop di giornalismo 2019 del Post con la Fondazione Peccioliper, pensato e completato dagli studenti del workshop.