Di chi è la Luna?
Di tutti, di nessuno o di chi arriva per primo? Non c'è una risposta univoca, ma ci ragioniamo da molto
di Giorgia Mezzetti
Nel 1980 Dennis Hope, un imprenditore statunitense del Nevada che aveva da poco divorziato e con problemi economici, scrisse una lettera alle Nazioni Unite dove annunciava di essere il proprietario della Luna, dei pianeti del sistema solare – esclusa la Terra – e dei loro satelliti. Specificò che in caso ci fossero stati problemi legali le Nazioni Unite avrebbero dovuto farglielo sapere. Per questo interpretò la mancata risposta come un nullaosta alla propria attività e aprì un sito chiamato Lunar Embassy, dove mise in vendita appezzamenti di territorio lunare a partire da 20 dollari. L’operazione ebbe un discreto successo, a dire di Hope, ma allo stesso tempo promosse un dibattito su chi fosse il proprietario della Luna, dibattito che continua ancora oggi.
Quando si parla di proprietà dei corpi celesti si fa riferimento a un trattato internazionale firmato nel 1966 da 109 paesi del mondo, tra cui le due principali potenze aerospaziali del tempo: Stati Uniti e Unione Sovietica. È il Trattato sullo Spazio extra-atmosferico, che fu redatto durante la Guerra fredda con l’obiettivo di evitare che i corpi celesti diventassero oggetto di scontro internazionale: vieta infatti di svolgere test di tipo militare sui corpi celesti e limita il loro utilizzo unicamente a scopi pacifici. Dice poi che «lo Spazio, compresa la Luna e gli altri corpi celesti, non è soggetto all’appropriazione nazionale». È uno dei passaggi più importanti del trattato, che si è rivelato in seguito anche uno dei più controversi: il testo non specifica chi sia il proprietario, ma solo chi non possa esserlo, e non dice niente sull’eventualità che individui o enti privati possano appropriarsi dei corpi celesti. È in questa dichiarazione che Dennis Hope trovò la scappatoia che cercava.
Il tema della proprietà della Luna fu oggetto di dibattito negli anni successivi. Un tentativo di risolvere la controversia si fece con la firma nel 1979 dell’Accordo sulla Luna, più restrittivo del Trattato sullo Spazio extra-atmosferico poiché specificava che la Luna fosse «comune eredità del genere umano». Tuttavia, solo 18 stati lo firmarono, tra cui nessuno abbastanza sviluppato tecnologicamente da considerarsi una potenza spaziale. L’accordo risultò quindi ininfluente.
Nel 2008 Virgiliu Pop, ricercatore dell’Agenzia spaziale della Romania, pubblicò un libro intitolato Chi possiede la Luna?, che esponeva le controversie sulla proprietà di un corpo celeste. In particolare, riportava il dibattito legale sulla questione se un individuo o un ente privato potesse essere il proprietario della Luna, citando proprio l’esempio di Dennis Hope. L’opinione prevalente riportata nel libro era che ciò che lo stato non può possedere non può nemmeno diventare proprietà degli individui e degli enti privati.
Pop prevedeva però che la Luna sarebbe rimasta proprietà di tutti solo fino a quando enti o società private non avessero iniziato a interessarsi allo sfruttamento delle sue risorse. Le sue previsioni si stanno rivelando giuste, perché nel 2015 gli Stati Uniti approvarono lo SPACE Act, una legge che permette alle società private di sfruttare le risorse spaziali. Per non violare il Trattato sullo Spazio extra-atmosferico, nel testo gli Stati Uniti dicono di non reclamare nessun tipo di proprietà sui corpi celesti. Riguardo alle aziende però scrivono:
«Un cittadino statunitense impegnato nel recupero commerciale di una risorsa di asteroidi o di una risorsa spaziale avrà diritto a qualsiasi risorsa di asteroidi o risorsa spaziale ottenuta, incluso possedere, trasportare, utilizzare e vendere la risorsa di asteroidi o la risorsa spaziale ottenute in conformità con la legge applicabile, compresi gli obblighi internazionali degli Stati Uniti»
Il senso è: chi arriva per primo si prende le risorse.
Attualmente le più importanti società private spaziali sono SpaceX di Elon Musk e Blue Origin di Jeff Bezos, che grazie allo SPACE Act hanno ottenuto la certezza legale di poter agire sui corpi celesti che sono nei loro progetti da tempo. Infatti, se al momento della stesura del Trattato del 1966 lo sfruttamento di risorse spaziali poteva sembrare quasi fantascienza, oggi non è più così.
Nel 2017 il Lussemburgo ha approvato una legge simile a quella statunitense di due anni prima, grazie alla quale alle società private con sede nel paese è garantita la possibilità di appropriarsi delle risorse spaziali e sfruttarle.
Dopo l’approvazione dello SPACE Act, molti esperti hanno commentato la questione con toni critici: tra di loro Michael Listner, avvocato e fondatore di una società di consulenza del diritto cosmico, che ha fatto notare la contraddizione per cui gli Stati Uniti avrebbero permesso così ai cittadini di appropriarsi di qualcosa che in realtà è di tutti: «Sarebbe come se tu mi chiedessi un pezzo di torta, e io ti dicessi: “Vai nella casa del mio vicino e prendi un pezzo della loro torta, e poi torna indietro e ringraziami per questo”».
Tuttavia, in mancanza di una regolamentazione internazionale più precisa sullo sfruttamento delle risorse sui corpi celesti sono le leggi nazionali quelle che valgono come punto di riferimento.
L’opinione più diffusa è che ci sia bisogno di un aggiornamento sulla legislazione internazionale che riguarda lo Spazio, che coinvolga le principali potenze aerospaziali e che regoli con precisione il tema della proprietà e dello sfruttamento delle risorse. Alcuni sostengono che sia necessario scrivere un nuovo trattato, altri preferiscono un approccio più graduale per evitare di stabilire delle regole prima ancora che si capisca cosa effettivamente si stia regolando. Le possibilità di sfruttamento delle risorse spaziali potrebbero infatti estendersi pressoché all’infinito, e richiederebbero una legislazione specifica caso per caso.
Quindi una risposta precisa alla domanda “chi possiede la Luna” non c’è: 18 stati dicono che è proprietà di tutti, 109 dicono che non è proprietà di nessuno, e poi c’è Dennis Hope che in un’intervista a Politico ha detto: «è sempre una battaglia cercare di conservare la proprietà di ciò che pensi sia tuo».
Questo e gli altri articoli della sezione Come andammo sulla Luna sono un progetto del workshop di giornalismo 2019 del Post con la Fondazione Peccioliper, pensato e completato dagli studenti del workshop.