La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un ex parlamentare contro il taglio dei vitalizi
La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un ex parlamentare contro il taglio dei vitalizi voluto dal Movimento 5 Stelle e approvato un anno fa dall’ufficio di presidenza della Camera, stabilendo di non aver alcun titolo per deliberare su questa questione. Le sezioni civili unite della Corte hanno infatti precisato che «le controversie relative alle condizioni di attribuzione e alla misura dell’indennità parlamentare e degli assegni vitalizi per gli ex parlamentari non possono che essere decise dagli organi dell’autodichia», cioè dalle Camere che hanno la piena autonomia nel risolvere, all’interno della propria amministrazione, le controversie che hanno a che fare con il “personale dipendente” e senza far ricorso a tribunali esterni. Semplificando: la Cassazione si è limitata a stabilire chi è il giudice che deve giudicare.
Il ricalcolo con metodo contributivo dei vitalizi degli ex deputati era stato proposto da Roberto Fico e approvato dall’ufficio di presidenza della Camera nel luglio del 2018 con 11 voti a favore su 18 componenti. La delibera prevedeva che i vitalizi concessi in passato e calcolati con il metodo retributivo (cioè in percentuale all’ultimo stipendio ricevuto) sarebbero stati ricalcolati con il metodo contributivo, che prevede che l’assegno pensionistico sia proporzionato ai contributi effettivamente versati durante il mandato parlamentare. Si dice che il nuovo sistema, entrato in vigore lo scorso novembre, porterà a 40 milioni di euro di risparmi all’anno.
Diversi ex parlamentari avevano presentato ricorso, e tra loro anche Paolo Armaroli, giurista e deputato di Alleanza Nazionale dal 1996 al 2001. Armaroli si era prima rivolto al Consiglio di Giurisdizione della Camera (l’organo che, in primo grado, decide sui ricorsi presentati contro gli atti amministrativi della Camera stessa) e poi alla Cassazione, chiedendo che fosse dichiarata la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario o, in subordine, di quello amministrativo. La Cassazione ha ora stabilito che la questione deve essere regolata in modo interno. Centinaia di ricorsi sono già stati presentati alle commissioni preposte di Camera e Senato (il Consiglio di Giurisdizione e la Commissione contenziosi), che però si devono ancora esprimere sui tagli.
Luigi Di Maio ha festeggiato la decisione della Cassazione («Una bellissima notizia») ma come scrive La Stampa riportando le parole di Antonello Falomi, presidente dell’associazione degli ex parlamentari, «la Cassazione si è limitata a stabilire chi è il giudice che deve giudicare. Ribadendo che il vitalizio, come l’indennità parlamentare, non è un privilegio ma una garanzia. Garanzia perché ci sia un accesso alle cariche elettive per tutti i cittadini in condizioni di uguaglianza e l’accesso non sia riservato ai più ricchi. E affinché il parlamentare possa svolgere liberamente il proprio mandato. E un altro aspetto che la Corte richiama è che quando si fa parte dell’organo di giurisdizione interna, si ha la responsabilità di comportarsi come giudice a tutti gli effetti. Quindi non deve prevalere la logica politica». Nell’ordinanza della Cassazione si dice poi che l’esistenza «di una sfera di autonomia speciale garantita alle Camere in cui va inserita l’autodichia in oggetto» non esclude «la legittimazione degli organi di autodichia a sollevare questioni di legittimità costituzionale delle norme di legge cui le fonti di autonomia effettuino rinvio».