La moda delle “subscription box”
Sono gli abbonamenti per ricevere ogni mese scatole di prodotti, dai cosmetici al cibo: sono nate negli Stati Uniti e da qualche anno si stanno diffondendo anche in Italia
Il 20 giugno Daily Shouts, la rubrica satirica del sito del New Yorker, titolava così: “I nuovi abbonamenti per riempire la tua casa di scatole di cartone”. Era una battuta sulla moda delle subscription box, i servizi che una volta al mese spediscono ai propri abbonati scatole contenenti una selezione tematica di prodotti. Negli Stati Uniti sono molto diffusi, in Italia un po’ meno anche se qualcosa sta arrivando: i primi servizi di questo genere sono nati intorno al 2010, oggi ce ne sono migliaia e alcuni hanno ottenuto grossi investimenti.
In Italia il mercato delle subscription box esiste almeno dal 2012 e ha cominciato a farsi notare un po’ di più negli ultimi tre anni. Tuttavia oggi ci sono solo una decina di aziende ad offrire servizi del genere, mentre all’estero il mercato si sta già trasformando, con l’arrivo di servizi più tradizionali o nuove formule. Capire se le scatole in abbonamento continueranno a diffondersi (ed evolversi), oppure se sono una moda di cui tra qualche anno ci saremo dimenticati, non è facile: abbiamo provato a capire bene quale sia lo stato di questi servizi negli Stati Uniti, dove sono nati, e in Italia. Facendo anche qualche prova.
Da quanto ci sono le scatole in abbonamento
Per chi non ne avesse mai sentito parlare, di subscription box ne esistono di tutti i generi: ad esempio ci sono quelle che contengono prodotti per animali, quelle che permettono di assaggiare snack giapponesi o quelle che riforniscono di assorbenti e altri prodotti utili quando si hanno le mestruazioni. Quelle di maggior successo però forniscono prodotti per la cura del corpo o la rasatura e ingredienti per la preparazione dei pasti. In genere gli abbonamenti hanno un costo mensile compreso più o meno tra i 10 e i 30 euro e il tratto comune della maggior parte dei servizi, almeno nella formula più semplice, è l’effetto sorpresa: chi riceve le scatole non sa in anticipo cosa ci troverà dentro esattamente.
Esistono anche scatole in abbonamento che non prevedono l’elemento sorpresa: sono le cosiddette “scatole di rifornimento”, servizi che permettono di ricevere a casa, in modo automatico e lievemente scontato, prodotti che si consumano abitualmente e si comprerebbero comunque al supermercato, come la carta igienica o i rasoi usa e getta. Un esempio è il servizio “Iscriviti e Risparmia” di Amazon, che si può usare tra le altre cose per acquistare le capsule per le macchinette del caffè. In questo caso il vantaggio della formula in abbonamento è il risparmio di tempo e denaro, mentre nel caso delle più comuni scatole in abbonamento – “scatole con curatela”, le definisce uno studio di settore fatto dalla società di consulenza McKinsey nel 2018 – l’attrattiva principale sembra essere proprio la gratificazione di ottenere qualcosa di nuovo e inaspettato, un po’ come sarà capitato a qualcuno da bambino con quei pacchetti di giocattoli preconfezionati come l’uovo Super Pasqualone.
Negli Stati Uniti le prime scatole in abbonamento si videro tra il 2007 e il 2008, ma non ebbero grande successo. Tra il 2011 e il 2012 invece furono fondati tre dei servizi di subscription box tuttora di maggior successo: Dollar Shave Club, che vende rasoi e altri prodotti di cura del corpo per uomini; Birchbox, che vende sempre prodotti cosmetici e fino a qualche tempo fa si rivolgeva solo a un pubblico femminile; e BlueApron, un servizio mensile che spedisce ricette e ingredienti per prepararle. Negli anni successivi sono nati moltissimi altri servizi, in molti casi per chiudere nel giro di poco, al punto che nel 2015 sul New York Times ci si chiedeva se il settore non fosse solo una bolla destinata a scoppiare nel giro di poco.
Quanto è grande il mercato delle subscription box negli Stati Uniti
Nel 2018 i servizi di scatole in abbonamento erano circa 3.500 negli Stati Uniti (quasi 7.000 nel mondo). Dal 2017 c’è addirittura un’associazione di settore, la Subscription Trade Association, con più di 500 membri. Oggi siamo già in una fase successiva a quella in cui numerosissime piccole aziende concorrenti provano a farsi notare più delle altre e raccogliere finanziamenti: il massimo numero di investitori c’è stato nel 2016, secondo la società di analisi di mercato PitchBook, e da allora è calato, ma sono aumentate le cifre investite, che hanno raggiunto il record di 1,2 miliardi di dollari nel 2018.
Ormai si è capito quali servizi hanno trovato formule convincenti e varie grandi aziende sono entrate a loro volta nel settore. Ad esempio, il gruppo Procter & Gamble ha avviato un suo servizio di rifornimento di rasoi (Gillette on Demand) per competere con Dollar Shave Club, che nel 2016 è stato acquisito da un’altra multinazionale, Unilever. Anche la catena di profumerie Sephora ha un suo servizio in abbonamento (Play!).
Tra il 2013 e il 2018 il mercato americano dei servizi di scatole in abbonamento è cresciuto ogni anno di più del 100 per cento, secondo lo studio di McKinsey. Nel 2011 le principali società del settore fatturarono 57 milioni di dollari: nel 2016 arrivarono a 2,6 miliardi (quasi 2,3 miliardi di euro). Per quanto riguarda i clienti delle subscription box, il 15 per cento di chi fa acquisti online negli Stati Uniti – principalmente persone giovani che vivono nelle grandi città – è anche abbonato a uno o più di questi servizi. Sulla base di un sondaggio fatto intervistando più di cinquemila consumatori è però emerso che un terzo di quelli che si iscrivono a un servizio di subscription box lo disdice in meno di tre mesi, più della metà entro sei mesi; la percentuale sale al 60-70 per cento se si considera solo il sottosettore dei pasti, dove c’è più competizione.
E in Italia?
Fuori dagli Stati Uniti il mercato delle scatole in abbonamento si è sviluppato in alcuni paesi europei come il Regno Unito, dove Royal Mail, il più grande servizio postale britannico, ha previsto che nel 2022 sarà cresciuto fino a un valore di 1 miliardo di sterline (più di 1,1 miliardi di euro). Per l’Italia non ci sono dati del genere, ma del resto il mercato è molto più piccolo.
L’azienda forse più affermata è Cortilia, nata nel 2012 come negozio online di prodotti agricoli e di allevamento attento alla qualità e alla tracciabilità di tutta la filiera alimentare. In questo settore non è l’unica, negli anni sono nate altre realtà simili ma con volumi minori: il successo di Cortilia ― che nel 2018 ha fatto 9 milioni di euro fatturato ― si basa tra le altre cose sulla forte impronta innovativa dell’azienda, che ha costruito un sistema di consegne a domicilio che permette agli utenti (in Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna) di fare la spesa online con consegna in meno di 24 ore. Cortilia propone servizi di abbonamento a scatole con contenuto, dimensioni e prezzi diversi (per chi vuole solo frutta, solo carne e pesce, solo verdura o prodotti misti), che cambiano ogni settimana in base alla stagionalità. A giugno 2018 Cortilia ha lanciato anche le scatole di ricette con ingredienti freschi da cucinare.
Il modello americano del meal kit (la scatola con tutti gli ingredienti necessari per preparare un pasto tipo BlueApron) si è affermato già da un po’ in Italia grazie a Quomi, che in tre anni di vita ha consegnato più di 160mila ricette. L’abbonamento a Quomi è settimanale e varia in base al numero di persone e al numero di pasti che si desidera ricevere. Ogni settimana gli abbonati scelgono da una proposta di otto diverse ricette e ricevono a casa propria gli ingredienti per cucinarle. Le scatole consegnate da Quomi contengono ingredienti freschi (conservati nelle scatole con appositi imballaggi), prodotti in modo sostenibile e nelle giuste quantità per evitare sprechi. Nella scatola ci sono anche le istruzioni illustrate per preparare il piatto. I piatti sono solitamente semplici da preparare e pensati per persone che non hanno tanto tempo da dedicare alla spesa e alla preparazione. Non è un caso che i principali clienti di Quomi siano coppie che scelgono il piano da 4 ricette settimanali.
Oltre all’abbonamento, sul sito di Quomi si possono acquistare dei prodotti a parte per “completare” la cena contenuta nelle box, come bottiglie di vino, pane, kit di verdura e frutta fresca e sono in arrivo nuovi pacchetti per altri pasti della giornata.
I piatti scelti dalla redazione del Post erano un’insalata di riso con zucchine crude, limone, menta e primo sale (proposta perfetta per una settimana molto molto calda) e gnocchi verdi gratinati con salsa di pomodoro e mozzarella.
Altro settore in cui le subscription box stanno provando ad affermarsi in Italia è quello cosmetico. Abiby è una giovanissima startup (è nata a gennaio 2018) che ogni mese spedisce agli abbonati una scatola di prodotti di bellezza a sorpresa al prezzo di 29,90 euro (24,90 se si acquista l’abbonamento per sei mesi). Abiby fa una selezione tra prodotti venduti all’estero e non ancora arrivati in Italia e prodotti di marchi già presenti in Italia ma lanciati da poco o che per qualche ragione rappresentano una novità per le clienti che li ricevono. Chi poi decide di riacquistare i cosmetici che ha trovato nella box, li trova in vendita sul sito di Abiby insieme a una selezione di altri prodotti delle stesse marche.
Abiby non offre solo una selezione di prodotti da scoprire, ma anche un risparmio, perché il contenuto della scatola ha un valore economico pari al triplo di quello che viene pagato dagli abbonati (il costo di ciascun prodotto viene indicato nel foglietto informativo all’interno della scatola). I fondatori di Abiby hanno raccontato al Post che si sono ispirati a servizi di subscription box scoperti all’estero, tra cui citano FabFitFun (nata nel 2010 e che ha ora più di un milione di abbonati negli Stati Uniti) e Dollar Shave Club. Non hanno rivelato al Post i numeri dei loro abbonamenti, ma hanno recentemente annunciato un aumento di capitale di 1,5 milioni di euro. Non sono gli unici nel settore cosmetico ad aver investito in questo modello, altri sono per esempio MyBeautyBox e Lookfantastic.
Nelle box che hanno mandato al Post c’erano, tra le altre cose, un dentifricio naturale di alta moda (disponibile in due gusti: a noi è capitato Villa Noacarlina, una combinazione di menta e cannella), uno stick a forma di pila stilo con acido ialuronico profumato al tè matcha (una varietà di tè originaria della Cina) e alla menta, in esclusiva per i clienti di Abiby, e delle bustine di tela decorate con illustrazioni.
Hoppípolla è un altro caso interessante anche se di dimensioni più piccole e in un settore completamente diverso. La startup — il cui nome è una parola islandese che significa “saltare nelle pozzanghere” — è nata nel novembre 2016 dall’idea di aggregare ogni mese contenuti di vario tipo provenienti da quella che viene comunemente chiamata “cultura indipendente”, ovvero artigiani, designer, illustratori e altre piccole realtà creative che farebbero fatica a farsi conoscere altrimenti. Alcuni dei prodotti contenuti nelle scatole nascono “in esclusiva”, ovvero da una collaborazione tra gli artisti e Hoppípolla, altri invece sono prodotti già esistenti che Hoppípolla “scopre” grazie a una continua attività di ricerca e sceglie di inserire nelle scatole. L’abbonamento costa 30 euro al mese.
Da gennaio 2017 Hoppípolla consegna ogni mese una scatola con contenuto a sorpresa ai suoi abbonati, che alla fine del primo anno erano mille e alla fine del secondo anno hanno superato i 1500. Circa il 40 per cento delle scatole viene acquistato come regalo. Il progetto è cresciuto negli ultimi due anni e ha ampliato la sua attività: oggi infatti Hoppípolla è anche uno shop online, dove si possono acquistare i contenuti delle vecchie scatole sciolti e altri prodotti selezionati, e una rivista, Oblò, che raccoglie le storie dei vari progetti indipendenti che gravitano attorno alla startup. Da pochi mesi, Hoppípolla è anche una casa editrice di graphic novel e libri illustrati, che lavora con artisti emergenti e si appoggia al modello distributivo delle scatole, oltre che a una rete di librerie indipendenti.
Nella scatola di prova che hanno mandato alla redazione del Post abbiamo trovato tra le altre cose un pacchetto di semi di melanzane da piantare, un graphic novel, Khalat, edito da Hoppípolla, una ricetta per cucinare biscotti vegani con il link a una playlist pensata come colonna sonora del piatto (realizzata da The Kind Peach Society), un infuso di mela, arancia e karkadè con confezione illustrata e il quarto numero di Oblò.
Un progetto simile a quello di Hoppípolla è Re-Belle, un cofanetto a sorpresa che raccoglie prodotti di artigiane e artiste emergenti, pensato soprattutto per un pubblico di donne. Lanciato a marzo 2018, nel giorno della festa della donna, il primo mese ha inviato una cinquantina di scatole e il secondo un centinaio. Il progetto ha ancora piccole dimensioni (dietro Re-Belle c’è un team di due persone che hanno altri lavori e si dedicano al progetto nel tempo libero): il numero di box che viene inviato ogni mese è limitato per una questione di forze e per mantenere l’esclusività dei prodotti, ma l’ideatrice di Re-Belle ha raccontato al Post che le richieste superano quasi sempre le disponibilità.
Circa la metà delle scatole viene inviata ad abbonati fidelizzati, che rinnovano periodicamente il loro abbonamento, mentre gli altri sono abbonati occasionali o utenti che le acquistano come regalo. Ogni mese Re-Belle sceglie anche un progetto per la tutela dei diritti delle donne a cui dare visibilità all’interno della scatola e da sostenere con una parte dei ricavi (attorno al 10 per cento). Il costo di un abbonamento mensile è sui 30 euro. Dopo un mese dal lancio degli abbonamenti, Re-Belle è diventato anche un negozio online, dove si possono acquistare i prodotti dei cofanetti passati, ma anche prodotti extra.
Nel bauletto del mese di maggio che Re-Belle ha mandato alla redazione del Post c’erano varie cose, tra cui uno zaino in cotone biologico con un’illustrazione dedicata a Frida Kahlo — uno dei prodotti più richiesti da chi acquista sul sito di Re-Belle —, una stampa esclusiva di Re-Belle, una raccolta di lettere di Marie Curie da inviare per posta, una maschera per il viso e una tazza.
Potreste aver visto questi e altri progetti di subscription box su Instagram, perché influencer e microinfluencer collaborano molto spesso con le startup (tutte quelle con cui abbiamo parlato noi usano regolarmente questo canale per promuovere i propri abbonamenti), facendosi inviare le scatole e mostrando nelle storie o in diretta su Instagram il momento dell’apertura. Questo “format” è ormai noto sul web con il nome di unboxing (che significa, appunto, “disimballare”).
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Disclaimer: su alcuni dei siti linkati nella sezione Consumismi, il Post ha un’affiliazione e ottiene una piccola quota dei ricavi, senza variazioni dei prezzi – che potrebbero variare di giorno in giorno rispetto a quelli indicati, in base alle offerte. Ma potete anche cercarli su Google.