In Cina la polizia installa un’app sui telefoni dei turisti per spiarli
Succede durante i controlli alla frontiera tra il Kirghizistan e la regione dello Xinjiang, ha scoperto un'indagine giornalistica internazionale
Un’inchiesta condotta da alcuni giornali internazionali, tra cui il Guardian, il New York Times e il Süddeutsche Zeitung, ha rivelato che la polizia di frontiera cinese installa un’applicazione negli smartphone dei turisti che arrivano in Cina nella regione dello Xinjiang. L’applicazione permette al governo di spiarli.
Lo Xinjiang è una regione autonoma del nord-ovest della Cina abitata soprattutto dagli uiguri, una minoranza etnica musulmana accusata dal governo cinese di separatismo e terrorismo, e da tempo il governo cinese sottopone a un severo monitoraggio gli abitanti della regione. Li obbliga per esempio a diversi controlli di polizia durante il giorno, e nelle principali strade delle città della regione sono state installate migliaia di telecamere per controllare ogni piccola azione delle persone.
Secondo quanto scoperto dai giornali coinvolti nell’inchiesta, alle persone che entrano nello Xinjiang dal vicino Kirghizistan, passando dalla frontiera della città di Irkeshtam, la polizia controlla regolarmente i telefoni e di nascosto installa un software in grado di accedere a email, messaggi, contatti e molte altre informazioni personali. Le analisi effettuate dai giornali col supporto di esperti di sicurezza informatica hanno rivelato che l’app, una volta installata, effettua una scansione degli elementi presenti nel telefono, per controllare se ci siano contenuti che possano essere associati all’estremismo islamico, come Inspire, la rivista di propaganda pubblicata da al Qaida nella penisola araba.
L’app non si limita a cercare informazioni che possano avere collegamenti con il terrorismo: cerca per esempio se siano presenti informazioni sul digiuno durante il Ramadan, oppure gli scritti del Dalai Lama, le canzoni degli Unholy Grave (un gruppo giapponese che ha scritto la canzone “Taiwan – Another China“) e il libro Le 33 strategie della guerra, dello scrittore statunitense Robert Greene.
Le persone che passano dalla frontiera di Irkeshtam – la più occidentale della Cina – di norma sono obbligate a lasciare i propri dispositivi elettronici alla polizia, che li porta via per controllarli e li riconsegna solo dopo un po’. Il Guardian scrive che gli iPhone vengono collegati a uno scanner che ne legge i contenuti, mentre il “software-spia” viene installato solo nei telefoni Android. Secondo il giornale, l’app viene cancellata poco prima che il telefono venga riconsegnato ai proprietari, ma alcune persone hanno detto di averla trovata nei propri dispositivi anche in seguito.
Diverse persone che quest’anno hanno attraversato il confine per entrare nello Xinjiang hanno raccontato al Guardian e al New York Times che alla frontiera la polizia gli sequestrò i telefoni dopo averli fatti sbloccare e li riconsegnò solo dopo circa un’ora. «Se facessero una cosa del genere nel mio paese sarei inorridito, ma quando viaggi in Cina sai che può succedere», ha detto una di queste persone al Guardian, aggiungendo che durante il suo soggiorno in Cina non gli era stato più chiesto di consegnare il telefono dopo quella volta. Due persone hanno anche raccontato al New York Times che, dopo aver riavuto il telefono, la polizia scattò una foto dei loro passaporti vicino ai rispettivi telefoni, facendo in modo che l’app fosse ben visibile sullo schermo.
L’esistenza dell’app è stata scoperta da alcuni giornalisti tedeschi a cui era stata mostrata da turisti di ritorno da un viaggio in Cina. In seguito, le analisi condotte dal Guardian, dal Süddeutsche Zeitung, dall’Università della Ruhr a Bochum e dalla società tedesca di sicurezza informatica Cure53 hanno rivelato che il software era stato realizzato per estrarre informazioni riservate e inviarle a un server della frontiera cinese. Dall’analisi dell’app si è scoperto che a realizzarla sarebbe stato un dipartimento della società Fiber Home, che si occupa di telecomunicazioni e che è in parte controllata dal governo cinese. Né i rappresentanti del governo cinese né la società sviluppatrice dell’app hanno risposto alle richieste di spiegazioni fatte dai giornali.