Torneranno mai di moda i CD?

È successo ai vinili e si parla addirittura di un presunto ritorno delle musicassette: perché no, quindi

Il negozio di dischi Amoeba Music a Los Angeles. (Kirby Lee via AP)
Il negozio di dischi Amoeba Music a Los Angeles. (Kirby Lee via AP)

Sono ormai molti anni che si parla di ritorno del vinile, e sono un po’ meno che qualcuno ipotizza addirittura un futuro ritorno delle musicassette: nel frattempo, gli streaming stanno surclassando tutti gli altri modi di distribuire e ascoltare musica. Ma soltanto 15 anni fa la stragrande maggioranza delle persone ascoltava musica su un altro supporto, oggi in grande declino: i CD. In tempi di nostalgia e revival hipster, c’è qualcuno che si sta chiedendo se prima o poi anche i CD possano tornare a essere una cosa. La risposta riassunta è: boh, potrebbe capitare.

Secondo un sondaggio realizzato dall’agenzia britannica YouGov, il 42 per cento della popolazione del Regno Unito ha ancora i CD come supporto preferito per ascoltare musica, e di questi i due terzi credono che continueranno a usarli tra cinque anni. Ma se si guarda ai dati dell’industria musicale, questi numeri sono facilmente ridimensionabili: nel 2018, nel Regno Unito, i CD musicali venduti sono calati del 23 per cento. Sono stati 32 milioni, quasi 100 milioni in meno rispetto al 2008. Le vendite dei CD, così come i download digitali, sono più che dimezzate negli ultimi cinque anni. L’unico supporto alternativo allo streaming che cresce, seppur occupando sempre una quota molto marginale dell’industria discografica, sono i dischi in vinile: 4,2 milioni venduti nel 2018 nel Regno Unito, un aumento dell’1,6 per cento rispetto all’anno precedente.

Le cose non sono molto diverse negli Stati Uniti, dove le copie di CD vendute sono crollate dell’80 per cento negli ultimi dieci anni, da 450 milioni all’anno a 89 milioni. Due dei dischi nominati ad Album dell’anno ai Grammy dell’anno scorso non sono nemmeno stati pubblicati su CD: non succedeva dal 1984, quando ancora stavano prendendo piede come formato.

Da sempre esiste un dibattito su quale sia il supporto migliore per ascoltare la musica – il vinile ha un suono più caldo! i CD hanno una qualità molto maggiore! – ed è vero che dipende da un sacco di cose: dall’impianto audio, prima di tutto, ma anche dalla qualità della registrazione incisa sul vinile, e dalle condizioni dello stesso. Un ruolo importante lo giocano anche i gusti personali, ma è vero che potenzialmente i CD permettono un ascolto di qualità maggiore, e infatti sono il supporto preferito di tantissimi audiofili, che però rappresentano una nicchia nel mercato discografico. Una nicchia che acquista molti dischi, ma pur sempre una nicchia.

I vinili sono tornati a essere una cosa proprio perché sono usciti da quella nicchia, diventando un oggetto di culto e nostalgia anche per tantissime persone che li ascoltano su giradischi di plastica e attraverso delle casse da poco. Non perché suonino meglio: una canzone riprodotta su una cassa Bluetooth con la versione gratuita di Spotify suona molto meglio di un vinile riprodotto su un giradischi con le casse integrate. Ma i vinili, come si sente dire spesso, sono effettivamente “un bell’oggetto”: belli con le loro copertine grandi, belli da allineare sulla libreria, belli da sfogliare alle bancarelle.

Ai CD manca molto di questo fascino. Non sono per ora il simbolo di un’epoca lontana e idealizzata, sono piccoli e tutti con la stessa confezione in plastica, scomodi da passare in rassegna e facili da perdere. Però costano generalmente molto meno dei vinili, soprattutto se usati. Mettere insieme un buon impianto per ascoltare i CD ha un costo paragonabile a quello di un impianto per il giradischi, se non inferiore. E d’altronde un certo revival estetico e culturale portato avanti dalle serie tv e dai film sta costruendo una piccola fascinazione intorno alle musicassette: non è così impensabile che possa succedere anche per i CD, in un futuro prossimo.

Oggi molti nuovi negozi di dischi nemmeno vendono i CD, ma questo potrebbe cambiare quando la generazione Z – cioè quella nata dopo la metà degli anni Novanta – entrerà nella sua “fase nostalgia”, ha suggerito al Guardian Brent Greissle del sito Discogs. «È probabile che cominceranno a ricollegarsi alla propria infanzia e adolescenza, comprando la musica nei formati in cui la possedevano originariamente. Ho perfino visto qualche segnale di persone che stanno cercando dei contatti con quest’era comprando i vecchi iPod di prima generazione».

Del resto, i vinili erano stati rimpiazzati a loro tempo dai CD e dalle musicassette esattamente come queste ultime sono state rimpiazzate dai download digitali e poi dagli streaming. Quando negli anni Ottanta la gente ebbe a disposizione un modo infinitamente più pratico di ascoltare la musica, sembrava illogico pensare magari non che i vinili sarebbero sopravvissuti, ma che un tempo sarebbero tornati addirittura a crescere.

È più difficile immaginare quale potrà essere il fascino dei CD, oggetti più freddi e impersonali dei vinili, ma magari potrebbero trarre vantaggio da alcune condizioni favorevoli, come ha ipotizzato il sito dell’agenzia musicale MN2S. Per esempio da un qualche tipo di crisi degli streaming, per esempio dovuta alle dibattute insufficienti compensazioni agli artisti, che potrebbero decidere – come già ha fatto qualcuno – di ritirare la propria musica dalle piattaforme come Spotify o Apple Music. Adesso d’altronde i vinili sono in vendita anche nei supermercati, talvolta, e hanno perso un po’ della loro aura vintage e ricercata: aura che forse con un percorso che non sappiamo prevedere potrebbe arrivare fino ai CD.