Come sta andando la trattativa con l’Europa
I tempi perché l'Italia riesca a evitare la procedura d'infrazione sono molto stretti, e i piani del governo non così chiari
Da giorni il governo italiano è impegnato in una trattativa con la Commissione Europea per evitare l’apertura di una procedura d’infrazione per deficit eccessivo. La procedura è uno strumento a disposizione dell’Unione Europea per evitare che alcuni paesi si trovino in situazioni economicamente insostenibili e quindi dannose per tutti gli altri. Tutti i leader politici italiani concordano che la procedura limiterebbe i margini di manovra del governo per diversi anni. Il governo Conte ha tempo fino al 9 luglio per convincere l’UE a non procedere, ma in realtà il tempo a disposizione potrebbe essere meno.
La Commissione Europea non ha il potere di aprire da sola una procedura di infrazione: spetta invece al Consiglio, l’organo composto dai rappresentanti dei governi dei singoli stati. Sarà proprio il Consiglio dell’UE che raduna i ministri dell’Economia – il cosiddetto ECOFIN – a decidere se aprire formalmente la procedura, con un voto a maggioranza qualificata previsto per la riunione del 9 luglio. Esattamente una settimana prima però, il 2 luglio, la Commissione potrebbe chiedere ufficialmente al Consiglio di aprire la procedura. Per questa ragione il governo italiano si è già mosso: quattro giorni fa ha mandato una lettera ai presidenti della Commissione e del Consiglio per cercare di convincerli della sostenibilità dei conti italiani, e mercoledì potrebbe inviare ulteriori dati e precisazioni.
La Commissione rimprovera all’Italia l’eccessivo aumento del debito pubblico – che nell’ultimo anno dovrebbe aumentare di 1,5 punti percentuali, passando dal 132,2 per cento del PIL al 133,7 – e del deficit annuale (cioè i soldi che abbiamo speso in più rispetto a quelli incassati) che secondo i dati a disposizione della Commissione dovrebbe arrivare al 2,5 per cento del PIL nel 2019 e al 3,5 nel 2020, ben oltre il 3 per cento preso come riferimento dai vincoli europei che l’Italia ha sottoscritto insieme agli altri paesi dell’Unione. L’Italia aveva già rischiato una procedura d’infrazione nell’autunno del 2018: era riuscita a evitarla soltanto dopo aver promesso una serie di correzioni alla propria legge di bilancio, e l’impegno ad aumentare l’IVA se non si fossero trovate ulteriori risorse.
Il rischio di una nuova procedura però era atteso da tempo: da due mesi infatti sappiamo che le previsioni economiche fatte dal governo nell’autunno del 2018 si sono rivelate troppo ottimistiche, come ampiamente previsto dagli osservatori. La legge di bilancio per il 2019 era stata impostata su una crescita economica stimata dell’1 per cento, che invece si è rivelata molto più contenuta (le ultime stime dell’ISTAT parlano dello 0,3 per cento, ma ne circolano altre prossime allo zero). Di conseguenza, tutte le altre stime sono saltate.
A partire dalla lettera inviata il 20 giugno e da altre dichiarazioni del governo, tre giorni fa la Stampa aveva provato a mettere insieme la proposta del governo italiano. In sostanza, il governo aveva sostenuto che nel 2019 avrebbe speso meno rispetto alle stime in possesso della Commissione, perché nelle ultime settimane si era accorto di alcune entrate impreviste: 2 miliardi di euro dovrebbero arrivare da un fondo di emergenza che il governo aveva accantonato a dicembre, 3,7 miliardi da entrate fiscali superiori al previsto, e infine 1,4 miliardi da risorse risparmiate dai fondi stanziati per il sussidio noto come “reddito di cittadinanza” e il taglio sperimentale dell’età pensionabile noto come “quota 100”, le due principali riforme economiche approvate dal governo nel 2018. Questi soldi servirebbero a far scendere il deficit da 44,5 a 37,4 miliardi, cioè dal 2,5 al 2,1 per cento del PIL.
Stando a ulteriori indiscrezioni pubblicate oggi dalla Stampa, negli ultimi giorni queste cifre sono lievitate: mercoledì il governo dovrebbe far sapere alla Commissione che intende ricavare 5 miliardi di euro anziché 3,7 dalle entrate fiscali non previste, e 3 miliardi anziché 1,4 dai fondi avanzati dal reddito di cittadinanza e quota 100, per un ulteriore risparmio di circa 2,9 miliardi rispetto alle stime di qualche giorno fa.
Da quello che era filtrato, la Commissione aveva reagito alla lettera del 20 giugno con un certo scetticismo: sia perché alcuni dati del governo italiano erano già noti – come i 2 miliardi accantonati a dicembre, che erano già stati conteggiati dalla Commissione – sia perché, secondo Repubblica, per tenere conto dei risparmi del reddito di cittadinanza e quota 100 avrebbe chiesto «una clausola» che impegni il governo ad accantonare davvero quei soldi.
Inoltre, fa notare il corrispondente europeo di Radio Radicale David Carretta, nella lettera mancano riferimenti precisi al 2020, l’anno in cui secondo i dati della Commissione il rapporto fra deficit e PIL supererà il 3 per cento, e in cui il governo dovrà anche trovare i 23 miliardi necessari per evitare l’aumento programmato dell’IVA.
Da settimane diversi economisti evocano la possibilità che l’Italia approvi una nuova “manovra”, di fatto una seconda legge di bilancio di minore portata rispetto a quella principale, per trovare le risorse necessarie a sistemare i conti pubblici e soddisfare la Commissione Europea: vari ministri italiani hanno smentito più volte una misura del genere, che certificherebbe la sconfitta politica del governo (e lo costringerebbe di fatto a tagliare altre voci di spesa). Negli ultimi giorni non sono emerse novità, e non è chiaro se la Commissione cambierà idea dopo i nuovi dati che il governo presenterà mercoledì.
Stamattina il Financial Times ha scritto che la Commissione Europea ha deciso di non anticipare la sua decisione definitiva sulla procedura di infrazione a martedì 25 giugno, spiegando che i funzionari europei aspetteranno di avere i nuovi dati sui conti italiani. Il Financial Times ha aggiunto che la Commissione Europea teme che «un’escalation della tensione con l’Italia rischia di rafforzare Matteo Salvini e portare il paese a nuove elezioni, in cui la Lega trionferebbe».
La dimensione politica del negoziato sui conti pubblici con l’Unione Europea è stata sottolineata da molti osservatori negli ultimi giorni, per ultimo dal presidente dell’ISPI Giampiero Massolo sul Corriere della Sera di oggi. Secondo Massolo il negoziato sull’Italia «corre parallelo» alle trattative per il rinnovo delle principali cariche europee, in corso in questi giorni: «È tutto collegato e questo ci deve indurre ad agire molto rapidamente», sostiene Massolo.
Secondo questa scuola di pensiero l’isolamento politico che il governo italiano sta subendo nelle ultime settimane per essere uno dei pochi paesi in Europa – e certamente il più importante – guidato da partiti populisti, euroscettici o di destra radicale sta rendendo ancora più difficile la trattativa sul bilancio nazionale, dato che le forze europeiste che hanno eletto la Commissione europea in carica continueranno a governare anche nella prossima legislatura, avendo ottenuto la maggioranza anche nel nuovo Parlamento europeo.