Alcuni passeggeri della Sea Watch 3 si sono rivolti alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo per chiedere di sbarcare
La ong tedesca Sea Watch ha fatto sapere che alcuni dei richiedenti asilo che da quasi due settimane sono a bordo della nave Sea Watch 3 in attesa che il governo italiano renda disponibile uno dei suoi porti, hanno fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo per ottenere che l’Italia consenta lo sbarco. Una regola interna della Corte prevede che una persona possa fare richiesta di misure provvisorie in casi particolarmente urgenti.
Il Corriere della Sera scrive che la Corte ha fatto sapere di aver ricevuto il ricorso, e di aver rivolto alcune domande sia alla Sea Watch sia al governo italiano: «L’una e l’altro dovranno rispondere entro oggi pomeriggio», aggiunge il Corriere.
Il governo italiano non ha concesso alla nave la disponibilità dei propri porti invocando il cosiddetto «decreto sicurezza bis», approvato a fine maggio. Donne, bambini e uomini in gravi condizioni di salute erano stati fatti scendere quasi subito dalla nave; poi il ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva chiesto alla Sea Watch 3 di riportare le persone in Libia, un Paese che né la Sea Watch né molte organizzazioni internazionali ritengono sicuro per migranti e richiedenti asilo. Domenica Salvini aveva ribadito la sua posizione e detto di ritenere responsabili della situazione i Paesi Bassi (la Sea Watch 3 batte bandiera olandese) e l’Unione Europea.
In altri casi del genere la situazione si era sbloccata grazie all’intervento della Chiesa, che aveva accolto i richiedenti asilo nelle proprie strutture, o di altri paesi europei; a volte però lo stallo aveva spinto le ong a cercare altri porti, come nel caso della Open Arms nel luglio 2018.