La Russia sta con Maduro, ma fino a un certo punto
Negli ultimi mesi Vladimir Putin ha garantito appoggio politico al regime venezuelano, ma su tutto il resto le cose sono ben diverse
Da diverso tempo si discute dell’appoggio dato dalla Russia al regime venezuelano guidato dal presidente Nicolás Maduro. A gennaio, per esempio, un’inchiesta di Reuters aveva raccontato l’arrivo di mercenari russi in Venezuela, e a marzo i due governi avevano confermato pubblicamente per la prima volta la presenza di soldati russi in territorio venezuelano. La collaborazione tra Maduro e il presidente russo Vladimir Putin aveva preoccupato diversi paesi, soprattutto gli Stati Uniti, che avevano temuto che in caso di conflitto tra le forze fedeli a Maduro e quelle vicine al suo principale oppositore, Juan Guaidó, la Russia sarebbe intervenuta militarmente, aumentando ancora di più le tensioni nel paese.
In realtà, ha scritto il New York Times, la cooperazione tra i due paesi è molto più limitata di quanto si fosse ipotizzato finora: Putin ha effettivamente dato appoggio politico a Maduro, ancora più rilevante in un momento di grande ostilità internazionale verso il suo regime, ma dal punto di vista economico, un ambito in cui il Venezuela avrebbe bisogno di enorme aiuto, le cose sono andate diversamente.
Negli ultimi mesi diverse entità russe – banche, aziende esportatrici di grano e produttrici di armi, tra le altre – hanno sospeso le proprie attività commerciali in Venezuela a causa della gravissima crisi economica in corso nel paese, la stessa che aveva giustificato in parte l’intervento di Putin a favore di Maduro. Non solo: il governo russo si è rifiutato di aprire nuove linee di credito verso il Venezuela, di impegnarsi in nuovi investimenti e persino di fornire aiuti per ripagare l’enorme debito pubblico e permettere così a Maduro di ridurre la pressione esercitata su di lui dalle opposizioni.
La scelta di Putin di dare appoggio politico al regime venezuelano invece che economico, ha scritto il New York Times, è dovuta alla crisi economica in corso da tempo in Russia. Negli ultimi cinque anni nel paese si è registrata una preoccupante stagnazione dell’economia, che secondo alcuni sarebbe la causa della crescente insoddisfazione di una parte della popolazione verso Putin e il suo governo. C’è inoltre da considerare che negli ultimi anni la Russia si è impegnata in operazioni militari anche molto al di là dei propri confini, nel tentativo di aumentare la propria influenza in alcune zone del mondo a scapito degli Stati Uniti: è successo per esempio in Medio Oriente, con l’appoggio militare a favore del regime siriano di Bashar al Assad e il sostegno politico al maresciallo libico Khalifa Haftar. Alcune di queste operazioni sono state molto costose e hanno aggiunto pressione a un’economia già in difficoltà.
Le difficoltà russe si sono mostrate tutte nei rapporti con il regime di Maduro, a cui Putin ha sempre garantito appoggio politico.
Nei primi quattro mesi del 2019, la Russia ha esportato verso il Venezuela beni per 36 milioni di dollari, meno della metà di quelli venduti tre anni prima nello stesso periodo. Durante la stagione delle esportazioni agricole di beni russi, terminata ad aprile, il trasferimento in Venezuela di grano russo, che Maduro aveva presentato come sostituto al grano statunitense, è crollato del 60 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: è arrivato a 187mila tonnellate, pari a solo un decimo della domanda di grano annuale del paese. Le difficoltà hanno riguardato anche il settore bancario. Fonti anonime citate dal New York Times hanno sostenuto che le grandi banche di Mosca si sarebbero rifiutate di accogliere i conti bancari del governo venezuelano per il timore di essere colpite dalle sanzioni statunitensi, provocando un danno considerato potenzialmente superiore agli eventuali guadagni derivanti dall’intera operazione. Da aprile, inoltre, sembra che nessuna delle principali 15 banche russe abbia attivi prestiti verso il Venezuela.
Oltre alle esportazioni di beni e alle attività bancarie, un altro settore in cui la Russia si è tirata progressivamente indietro in Venezuela è stato quello della vendita delle armi, uno dei più importanti nelle relazioni bilaterali tra i due paesi. Sempre citando fonti proprie rimaste anonime, il New York Times ha scritto che Rostec, la principale azienda russa esportatrice nel settore della difesa, ha ridotto in maniera significativa i suoi affari con il regime di Maduro, a causa di mancati pagamenti da parte venezuelana. Rostec avrebbe deciso di non rinnovare alcuni contratti per la manutenzione di armamenti e di sospendere altri progetti già approvati.
Nonostante i molti passi indietro, il regime russo sostiene di non avere intenzione di cambiare la sua politica in Venezuela. «Le nostre relazioni con il Venezuela sono di natura strategica», ha detto Vladimir Zaemsky, ambasciatore russo a Caracas: «Siamo preparati a dare completo appoggio al governo legale del Venezuela [quello di Maduro, ndr] e al popolo venezuelano». Gli eventi più recenti sembrano confermare queste dichiarazioni, soprattutto se si considera che l’appoggio della Russia al regime venezuelano durante la grave crisi politica iniziata con l’autoproclamazione di Guaidó a presidente è stata una delle ragioni della sopravvivenza del regime di Maduro.