In Islanda stanno calando i turisti
Ed è una notizia, visto che negli ultimi anni non avevano fatto altro che aumentare: sta passando di moda?
Dopo una crescita che ha avuto pochi eguali nella storia recente, il turismo in Islanda sta dando qualche primo segno di cedimento. In meno di dieci anni i visitatori della remota e scarsamente popolata isola dell’Atlantico erano passati dai 500mila del 2010 ai 2,3 milioni del 2018, più che quadruplicando; a maggio però i visitatori sono stati il 24 per cento in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, ha raccontato Bloomberg. La società che gestisce l’aeroporto di Keflavik – cioè il più importante del paese – stima che il calo di turisti possa raggiungere il 17 per cento.
Sono numeri un po’ sorprendenti per un paese che negli ultimi anni era diventato una meta ambitissima dai turisti europei e nordamericani, attirati dai paesaggi spettacolari, dagli ambienti lunari e dagli insediamenti isolati sparsi per l’isola. Ma la repentina crescita di turisti è stata tanto redditizia quanto difficile da gestire per gli islandesi: in primo luogo per la difficoltà di proteggere un prezioso e unico ecosistema da una presenza umana che non aveva mai conosciuto, ma anche per il problema più pratico di ospitare i moltissimi turisti. Come sa chi ci è stato di recente, in Islanda trovare un posto per dormire in alta stagione è spesso complicato anche con diverse settimane di anticipo. E come quasi tutto il resto sull’isola, i prezzi sono molto alti, a volte quasi proibitivi.
Per anni, ciononostante, i visitatori sull’isola avevano continuato ad aumentare, con un picco del 40 per cento nel 2016 rispetto all’anno precedente, ma ancora del 5,5 per cento nel 2018 rispetto al 2017. Migliaia di islandesi avevano colto l’opportunità trovando lavoro nel settore terziario, per esempio aprendo una guesthouse o un’agenzia turistica. A Reykjavik, la capitale attraverso la quale entrano quasi tutti i turisti che visitano il paese, centinaia di case del centro erano state trasformate in bed and breakfast o Airbnb, con conseguenze pesanti sul prezzo degli affitti.
Sarebbe sbagliato attribuire il calo del turismo a una sola causa: anche perché in una certa misura era fisiologico che si arrestasse. Come ha spiegato al Telegraph Kristjan Sigurjonsson, direttore del sito islandese Turisti, nonostante il calo percepito quest’anno i visitatori stranieri registrati a gennaio sono stati di più di quelli del gennaio del 2015 e del gennaio del 2016 messi insieme. In molti credono che questi numeri siano una parte fondamentale della questione: ormai le principali attrazioni naturali islandesi, soprattutto quelle nelle immediate vicinanze di Reykjavik, sono affollatissime in quasi tutte le stagioni, tanto che qualcuno ha paragonato certe zone del paese a Disneyland.
La presenza turistica non si è però distribuita in modo uniforme: nel nord e nell’est del paese, le zone più lontane da Reykjavik, continua a spingersi solo una percentuale modesta dei turisti che arrivano in Islanda. L’anno scorso la compagnia aerea Air Iceland aveva soppresso il collegamento tra Reykjavik e Akureyri, la principale città del nord dell’isola, perché era troppo poco frequentata. Ma parlando di compagnie aeree, a essere insieme una causa e una conseguenza del calo del turismo era stato anche il fallimento della low cost islandese WOW Air, che a marzo aveva sospeso tutte le attività per i gravi problemi finanziari. L’Islanda continua a essere collegata da un numero ristretto di rotte e di compagnie, tra le quali non compaiono alcune delle più importanti d’Europa come Ryanair, Air France e KLM.
Gli esperti comunque non sono troppo pessimisti. Se è vero che si potrebbe prospettare un anno difficile, «non siamo mai stati così preparati a fronteggiare le avversità», ha detto il governatore della banca centrale islandese Mar Gudmundsson. L’Islanda arriva infatti da 20 trimestri consecutivi di crescita economica, la striscia più lunga della sua storia, e la disoccupazione continua a essere molto bassa, intorno al 3,6 per cento. La crisi finanziaria, che aveva colpito violentemente l’Islanda, è stata ampiamente superata proprio grazie al turismo, e oggi la fiducia degli investitori nel paese continua a essere alta.