Il nuovo bipartitismo in Francia
Tutto ruota attorno ai soli Macron e Le Pen: e se le elezioni del 2017 avevano fatto fuori la sinistra, quelle del 2019 hanno sbriciolato il centrodestra
Poco prima delle elezioni europee dello scorso maggio i giornali francesi scrivevano che l’obiettivo di Les Républicans, il partito di centrodestra un tempo guidato dall’ex presidente Nicolas Sarkozy, era provare a raccogliere un numero sufficiente di voti per poter dire: «La destra è tornata». Non è successo.
Le elezioni europee sono state vinte dall’estrema destra di Marine Le Pen, che ha superato di poco La République En Marche del presidente Emmanuel Macron; al terzo posto, a sorpresa, sono arrivati i Verdi. Les Républicains hanno ottenuto solo l’8,5 per cento dei voti: un risultato modesto, lontano dal 21 per cento ottenuto dal partito quando si chiamava UMP alle europee del 2014. Questa crisi non coinvolge solo Les Républicains ma la riorganizzazione generale degli scenari politici francesi attorno a due partiti “non tradizionali”: quello di Le Pen e quello di Macron.
Sono molti i fatti, le decisioni e gli errori che hanno contribuito a questo scenario. Che in Francia non esista più il modello basato sui due partiti tradizionali che a lungo ne hanno dominato la politica – l’UMP per il centrodestra e il Partito Socialista per il centrosinistra – è chiaro da molto tempo: almeno dal 2015, quando alle elezioni dipartimentali, corrispondenti più o meno alle elezioni provinciali italiane, accanto al centrodestra (che aveva vinto) e ai socialisti (in crisi da tempo) si era affermato anche il Front National di Le Pen, che da lì in poi ha iniziato a ottenere buoni risultati.
A sinistra la situazione è da tempo molto confusa: la presidenza di François Hollande è stata molto impopolare, complici la disoccupazione, la debole crescita economica, gli attentati terroristici che avevano colpito la Francia e alcune sue discusse vicende personali. Dopo la fine del suo mandato i socialisti non erano più riusciti a ricomporre e a ricostruire il partito, anche a causa della nascita del movimento di Macron (ex ministro di Hollande) a cui avevano, fin da subito, aderito molti esponenti di rilievo del partito (Manuel Valls, primo ministro con Hollande, aveva detto per esempio che al primo turno delle presidenziali del 2017 avrebbe votato per il candidato indipendente Macron, così come l’allora ministro della Difesa Jean-Yves Le Drian, esponente della corrente più moderata del Partito Socialista).
A destra per le presidenziali era stato scelto attraverso le primarie François Fillon, il più radicale e conservatore tra i candidati, che aveva da lì in poi contribuito a spostare sempre più a destra un partito fino a quel momento definito di centrodestra. Durante la campagna elettorale però Fillon era stato coinvolto in un’inchiesta giudiziaria, e la sua ascesa nei sondaggi (confermati poi dai risultati) si era fermata.
Di fronte all’evidente crisi dei partiti tradizionali e allo spostamento naturale dell’area più centrista verso Macron, per lo stesso Macron e Le Pen non restava che cercare di costruire il consenso provando ad attrarre i voti degli elettori delusi del centrodestra più tradizionale e moderato. Presentando il proprio programma per le presidenziali, per esempio, Le Pen aveva detto esplicitamente che il Front National poteva diventare un punto di riferimento per la destra francese in generale. Le Pen aveva addirittura copiato un discorso di Fillon, nel tentativo di attirare a sé i suoi elettori. Nel frattempo Macron era riuscito concretamente ad attrarre una parte del centrodestra: un movimento formato da ex Repubblicani moderati che non si riconoscevano più nella politica sempre più di destra del partito (Agir) lo aveva sostenuto e poi, dopo la vittoria, era entrato al governo.
Lo stesso primo ministro scelto da Macron, Édouard Philippe, proveniva da Les Républicains.
Dopo le europee
Le elezioni europee dello scorso maggio hanno confermato quella tendenza: i socialisti sono praticamente scomparsi e la destra tradizionale è andata male, al di sotto delle aspettative.
Sono circolate molte analisi su questo risultato: la più diffusa sostiene che i cittadini francesi storicamente vicini alla destra moderata abbiano preferito votare Macron (la cui politica si è effettivamente dimostrata più vicina alle loro istanze che a quelle della sinistra) e che i sostenitori di una destra più conservatrice abbiano scelto l’originale: Marine Le Pen. LR è stato cioè indebolito da entrambe le parti e in molti si chiedono se non stia per scomparire, insieme alla sinistra socialista francese. Lo ha detto di recente un dirigente di RN: «Si rendono conto (Les Répubblicaines) di non avere più uno spazio politico tra noi e Emmanuel Macron, ed è questa divisione che ora sta strutturando il panorama politico francese». E ancora: «I nostri programmi non sono mai stati così vicini, ci sono stati cambiamenti dalla nostra parte (sull’Europa) e dalla loro (sui confini e sull’immigrazione)».
Il partito della destra classica è diventato così debole, scrive Le Monde, che qualche giorno fa ha ricevuto due offerte molto esplicite. Il ministro per la Transizione ecologica Sébastien Lecornu ha invitato i sindaci di LR a lasciare il loro partito e ad allearsi con La République en Marche, il partito di Macron: «Usate la vostra energia per aiutarci a ricostruire il paese piuttosto che il vostro partito».
Dall’altra parte Marion Maréchal, la nipote di Marine Le Pen, ha difeso l’alleanza tra il centrodestra e il suo movimento sulla base di un «grande compromesso patriottico». La stessa Marine Le Pen, dicendo che Les Républicains non hanno più una linea politica e che si sono trasformati in un sindacato in difesa degli interessi degli eletti, ha scritto su Twitter di voler tendere la mano sia agli eletti che ai sostenitori di quel partito: a coloro, almeno, che hanno a cuore l’identità nazionale e la restaurazione della grandezza del loro paese.
Cette démission de Wauquiez était inévitable.
Nous tendons la main à tous les cadres et électeurs LR patriotes, attachés à la défense de notre identité, à la fin du matraquage fiscal et à la restauration de la grandeur française.
L’alternative à Macron est POSSIBLE ! MLP
— Marine Le Pen (@MLP_officiel) June 2, 2019
«La sinistra è stata la vittima principale nel 2017. Questa volta è il turno della destra», ha commentato Laurent Bouvet, professore di politica all’Università di Versailles. I risultati delle europee hanno comunque reso evidente una crisi interna a Les Républicaines che proseguiva da tempo.
Durante la riunione convocata a poche ore dal voto delle europee, i dirigenti del partito hanno parlato, avanzando diverse critiche alla linea scelta negli ultimi anni: hanno fatto riferimento a una “deriva destrista” e sostenuto che il partito avrebbe dovuto abbandonare «il suo conservatorismo sociale». Molti hanno cominciato a mettere esplicitamente in discussione la presidenza di Wauquiez, che alla fine si è dovuto dimettere, e molti altri hanno comunque deciso di abbandonare il partito, come ad esempio Valérie Pécresse, presidente dell’Île-de-France.
Macron e la destra
Dall’analisi del voto delle europee risulta che il centrodestra abbia perso voti soprattutto a favore della coalizione sostenuta dal presidente Macron, che insieme al suo primo ministro sembra il più impegnato e attivo nel voler cercare di capitalizzare quei flussi di voto, in vista soprattutto delle comunali che si terranno nel marzo del 2020.
Gli esponenti di Agir, alleati di governo di Macron, hanno scritto una lettera agli eletti «di destra e di centrodestra che vogliono mettere in primo piano l’interesse del loro territorio» offrendo loro «prospettive di governo credibili e stabili (…) e maggioranze su cui potranno fare affidamento (…). Oggi è nostra responsabilità non lasciare che la destra si rannicchi sulle sue frange più conservatrici e identitarie e che, quindi, non faccia il gioco del Rassemblement National». Rivendicando le idee dei padri fondatori dell’UMP (il vecchio nome de Les Républicaines), dicono infine che l’alleanza «costruita (…) in occasione delle elezioni europee (con Macron e i centristi, ndr) ha dimostrato la sua efficacia: è la logica vincente».
L’appello sembra essere stato accolto da sei sindaci di altrettanti arrondissement di Parigi che, in polemica con la linea annunciata a fine 2018 da Wauquiez, hanno detto di voler superare la corrente identitaria di LR e accogliere nelle loro liste, in vista delle elezioni municipali, esponenti politici anche di altri orientamenti: centristi di MoDem, macronisti e personalità della cosiddetta società civile.
L’8 giugno una settantina di sindaci di destra e di centro ha infine pubblicato un appello intitolato “République des maires et des élus locaux” in cui si dichiarano pronti a sostenere Macron, la sua politica e le sue riforme «in nome della Francia».