Trump ha ordinato un attacco contro l’Iran, poi ha annullato tutto
Doveva essere la risposta all'abbattimento di un drone: Trump ha detto di aver cambiato idea per il rischio di provocare molti morti
Giovedì sera, dopo una giornata di discussioni con i suoi principali consiglieri militari, il presidente statunitense Donald Trump aveva dato ordine all’esercito di attaccare alcuni obiettivi militari in Iran, come risposta all’abbattimento di un drone americano da parte delle Guardie rivoluzionarie, la più potente unità militare iraniana. I giornali statunitensi, nel dare questa notizia attraverso i racconti di fonti interne all’amministrazione Trump, hanno scritto che l’operazione contro l’Iran era già iniziata – gli aerei erano in volo e le navi da guerra in posizione di attacco – quando improvvisamente è stata annullata.
Trump, venerdì pomeriggio (mattina, negli Stati Uniti), ha detto di aver ordinato lui l’annullamento della missione per il rischio che provocasse molti morti. In quattro tweet pubblicati in sequenza, Trump ha spiegato che 10 minuti prima dell’attacco uno dei suoi consiglieri militari – “un generale” – gli aveva detto che sarebbero potute morire 15o persone e che a quel punto lui aveva deciso di annullarlo. Non si hanno altre informazioni sul dibattito interno che c’è stato nell’amministrazione americana. Il New York Times ha scritto però che una persona vicina a Trump ha detto che il presidente «era compiaciuto per gli eventi di giovedì sera» perché «gli era piaciuto dare l’ordine di approvare l’attacco, e poi darne un altro per cancellarlo».
L’attacco, dice il New York Times, avrebbe dovuto compiersi poco prima dell’alba di venerdì, per limitare i morti tra civili e militari iraniani, e avrebbe dovuto colpire obiettivi militari come stazioni radar e batterie missilistiche: sarebbe stato il terzo attacco ordinato da Trump in Medio Oriente dopo i due contro il regime del presidente siriano Bashar al Assad. Alla decisione si era arrivati dopo intense discussioni: a farle iniziare era stata la notizia dell’abbattimento di un drone statunitense (secondo gli iraniani avvenuto sopra la città di Kuhmobarak, nella provincia iraniana di Hormozgan, secondo gli americani nello spazio aereo internazionale), anche se la tensione tra i due paesi era già aumentata nelle settimane precedenti.
Gli Stati Uniti avevano accusato l’Iran di essere responsabile degli attacchi alle petroliere nel golfo dell’Oman e avevano deciso di aumentare la loro presenza militare nell’area; l’Iran aveva minacciato di aumentare le riserve di uranio arricchito in violazione dell’accordo sul nucleare iraniano firmato nel 2015 – accordo da cui peraltro gli Stati Uniti sono usciti – e aveva accusato gli Stati Uniti di voler destabilizzare la regione.
La versione data da Trump sul perché l’attacco sia stato cancellato è l’unica data dalla Casa Bianca, che inizialmente non aveva commentato i resoconti fatti dai giornali. Il New York Times, primo giornale a dare la notizia degli attacchi, aveva scritto che potevano esserci stati problemi logistici o che Trump poteva aver semplicemente cambiato idea sull’attacco. Da tempo l’atteggiamento da tenere verso l’Iran è al centro di dibattito nell’amministrazione Trump, divisa tra chi vorrebbe un approccio ancora più duro – come il consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton – e chi ha posizioni più moderate, molto presenti per esempio all’interno del dipartimento di Stato.
Trump si è sempre mostrato molto scettico sulla possibilità di costruire un dialogo diplomatico con il regime iraniano: fin dall’inizio della sua presidenza si schierò con l’Arabia Saudita, rivale dell’Iran nella regione, e una delle prime decisioni che prese quando diventò presidente fu ritirare gli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare iraniano faticosamente raggiunto negli anni dell’amministrazione Obama.