Nel processo sul depistaggio Borsellino il falso “pentito” Scarantino si è rifiutato di rispondere sul ruolo dei magistrati indagati

Un momento della deposizione di Vincenzo Scarantino
(ANSA)
Un momento della deposizione di Vincenzo Scarantino (ANSA)

Si è tenuta mercoledì a Caltanissetta una nuova udienza del processo “Borsellino quinquies”: ovvero il processo apertosi quest’anno contro alcuni agenti di polizia accusati di avere indotto e forzato le false confessioni di Vincenzo Scarantino, parte del depistaggio che portò alla condanna di imputati innocenti per la strage di Via D’Amelio a Palermo in cui venne ucciso nel 1992 il magistrato Paolo Borsellino.
L’udienza di mercoledì poteva essere importante perché da pochi giorni sono indagati due dei magistrati che condussero quella prima inchiesta che portò alle condanne sbagliate (le falsificazioni vennero poi svelate dalle confessioni autentiche di Vincenzo Spatuzza, che portarono alle condanne dei veri colpevoli), Carmelo Petralia e Annamaria Palma, che lavoravano allora alla procura di Caltanissetta guidata da Antonio Tinebra: con loro c’era anche il pubblico ministero Nino Di Matteo, il cui reale coinvolgimento nella costruzione di quell’accusa non è fino a oggi stato chiarito. Petralia e Palma sono accusati di concorso in calunnia aggravata.

Alla domanda di un avvocato sul ruolo dei magistrati nella sua confessione, Scarantino – nascosto all’aula da un paravento bianco – ha però risposto prima con alcuni “non ricordo” e poi con la formula «mi avvalgo della facoltà di non rispondere per ogni domanda che riguarda i magistrati». Parti civili nel processo sono gli imputati che vennero condannati benché innocenti e scagionati solo molto più tardi; il loro avvocato Rosalba Di Gregorio ha mostrato nell’udienza di mercoledì un documento che dichiara che Vincenzo Scarantino, sulla cui affidabilità garantirono con grande insistenza quei magistrati di Caltanissetta, fu congedato dal servizio militare perché ritenuto dai medici «neurolabile».

In questi giorni si stanno svolgendo a Roma anche degli accertamenti tecnici – nell’ambito dell’inchiesta di Messina che ha Palma e Petralia come indagati – sui nastri di alcune intercettazioni ambientali compiute durante la detenzione di Scarantino.

La storia del depistaggio su Via D’Amelio