Salvini vuole vietare l’ingresso della Sea Watch 3 in acque italiane
Ha firmato il divieto, previsto dal nuovo "decreto sicurezza", che però richiede anche la firma dei ministri della Difesa e dei Trasporti
Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha annunciato di aver firmato un divieto di ingresso, transito e sosta rivolto alla nave Sea Watch 3 nelle acque italiane. La nave, che nei giorni scorsi ha salvato 53 persone al largo della Libia, si trova ora al largo di Lampedusa, a circa 16 miglia di distanza dall’isola. La ong tedesca che controlla la nave ha scritto che si è diretta verso Lampedusa perché era il porto sicuro più vicino al punto in cui erano stati salvati i migranti.
Il divieto firmato da Salvini fa riferimento alle misure contenute in un decreto legge appena firmato dal presidente della Repubblica, il cosiddetto “decreto sicurezza bis”, che tra le altre cose permette al ministero dell’Interno di vietare l’ingresso, il transito e la sosta alle navi «per motivi di ordine e sicurezza». Il divieto non è ancora effettivo: la legge prevede che i divieti vengano adottati «di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti», e infatti Salvini in un tweet ha scritto che «ora il documento sarà alla firma dei colleghi ai Trasporti e alla Difesa». Al momento non si ha ancora notizia della firma del divieto dai ministeri dei Trasporti e della Difesa.
Nei giorni scorsi Salvini aveva definito il soccorso dei migranti un «atto di pirateria di un’organizzazione fuorilegge», e aveva chiesto alla ong di riportare tutte le persone a bordo in Libia, dove è in corso una guerra civile. Sea Watch aveva fatto sapere che non avrebbe obbedito alla richiesta di Salvini, spiegando che «Tripoli non è un porto sicuro. Riportare coattivamente le persone soccorse in un Paese in guerra, farle imprigionare e torturare, è un crimine». La situazione a bordo della Sea Watch 3 è piuttosto precaria, tanto che è stato già autorizzato lo sbarco di dieci persone per motivi sanitari: saranno trasferite a Lampedusa dalla Guardia costiera.
La comunità internazionale non considera la Libia un posto sicuro per migranti e richiedenti asilo, e non solo per la guerra civile: non ha mai firmato la Convenzione di Ginevra del 1951 sulla protezione dei diritti dei rifugiati, e diverse inchieste giornalistiche e di organizzazioni umanitarie hanno rivelato che i migranti che cercano di arrivare in Europa vengono imprigionati in centri di detenzione dove i loro diritti umani vengono violati sistematicamente.
La Libia NON È RICONOSCIUTA come porto sicuro a livello internazionale.
Lo dice @UNSMILibya, @Refugees, @EU_Commission, @ItalyMFA.
Se riportassimo i naufraghi in #Libia, commetteremmo un respingimento collettivo: crimine per cui l’Italia è già stata condannata.@giorgialinardi👇🏼 pic.twitter.com/qfNIZVg3T0— Sea-Watch Italy (@SeaWatchItaly) June 15, 2019