Tra i magistrati è tutti contro tutti
Il punto sul caso iniziato con un'indagine per corruzione e che ha fatto emergere meccanismi molto consolidati e noti da anni sui rapporti tra politica e magistratura
Lo scandalo che sta coinvolgendo il Consiglio Superiore della Magistratura – l’organo di autogoverno dei magistrati che decide promozioni, sanzioni disciplinari e trasferimenti – si sta trasformando in uno scontro tutti-contro-tutti nel quale stanno emergendo comportamenti e meccanismi molto consolidati e noti da anni agli addetti ai lavori, e scambi di attacchi e accuse tra le varie correnti organizzate della magistratura, una sorta di partiti dei magistrati. Tutto è cominciato in seguito all’indagine per corruzione sul magistrato Luca Palamara, le cui intercettazioni telefoniche hanno rivelato un’estesa rete di colloqui e trattative tra magistrati e politici per la scelta degli incarichi più importanti nella magistratura (qui trovate una sintesi della vicenda).
L’ultimo episodio di questa storia è avvenuto sabato, quando “Magistratura Indipendente” – la corrente dei magistrati considerata “moderata” o di centrodestra – ha chiesto ai tre componenti che esprime nel CSM e che si erano autosospesi per aver incontrato e discusso di incarichi con l’ex ministro dello Sport Luca Lotti (che è sotto processo proprio a Roma per il caso CONSIP e, secondo i magistrati, avrebbe cercato di influenzare la nomina del procuratore della città) di ritirare la loro sospensione, restare al loro posto senza dimettersi e tornare al lavoro.
In risposta al documento le altre tre correnti organizzate della magistratura – “Area”, di centrosinistra; “Unicost”, centrista divisa tra un’ala di centrosinistra e una più di centrodestra; “Autonomia e Indipendenza”, cosiddetta “giustizialista”, nata da una scissione di “Magistratura Indipendente” e guidata da Piercamillo Davigo – hanno chiesto una riunione degli organi direttivi del sindacato dei magistrati, l’Associazione Nazionale Magistrati, per ritirare la fiducia alla giunta e al presidente dell’ANM, Pasquale Grasso, membro di “Magistratura Indipendente”. La riunione dovrebbe svolgersi il prossimo 16 giugno.
A complicare ulteriormente la vicenda c’è il fatto che domenica il presidente Grasso ha annunciato le sue dimissioni dalla corrente “Magistratura Indipendente”. «Sono giorni che cerco di convincere il mio gruppo a non suicidarsi», ha spiegato in un’intervista a Repubblica. «Soggetti che hanno trattato con un imputato per trattare il destino della procura di Roma devono dimettersi», ha detto riferendosi ai tre colleghi che hanno incontrato Lotti (sulla mozione che ha generato le sue dimissioni, però, si era solo astenuto), e sostenendo che il problema non sia aver discusso e trattato con i politici – cosa che avviene da sempre – ma averlo fatto con un politico inquisito. In tutto sono quattro i consiglieri autosospesi: Corrado Cartoni, Antonio Lepre e Paolo Criscuoli di “Magistratura Indipendente”, e Gianluigi Morlini di “Unicost”.
Fa parte di “Unicost” anche Luca Palamara, il magistrato indagato per corruzione la cui vicenda ha dato via al caso di questi giorni (qui avevamo spiegato l’indagine). Palamara, influente magistrato della procura di Roma, ex membro del CSM ed ex presidente dell’ANM, è sospettato di aver ottenuto denaro ed altri favori da un faccendiere che ha a lungo lavorato per il costruttore romano Francesco Bellavista Caltagirone. Intercettando Palamara e altri giudici, i magistrati di Perugia hanno scoperto le trattative tra correnti della magistratura ed esponenti politici per nominare i capi di alcune delle principali procure italiane. In questo secondo filone dell’inchiesta, quello sulle trattative che ha coinvolto Lotti, al momento non ci sono indagati.
Le trattative sulle nomine tra politica e magistratura non sono un fenomeno nuovo né particolarmente sorprendente. In un lungo e documentato articolo sulla Stampa a proposito della storia delle correnti e del CSM, Giuseppe Salvaggiulo ricorda oggi un episodio avvenuto nel 2012, quando un importante magistrato inviò per errore a migliaia di suoi contatti una mail destinata a pochi intimi in cui si scusava per avere aiutato a fare in alcune procure nomine di persone “poco adatte” e di averle fatte per ragioni di “opportunità politica”.
Le correnti all’interno del CSM, spiega Salvaggiulo, esistono dagli anni Sessanta. Oltre a quelle storiche, come “Unicost” e “Magistratura Indipendente”, negli anni sono nate “Area”, corrente di centrosinistra uscita dall’alleanza dei “Movimenti per la Giustizia” e della corrente “Magistratura Democratica”, e più di recente “Autonomia e Indipendenza”, la corrente di Davigo considerata vicina al Movimento 5 Stelle. Per anni le correnti hanno gestito in totale autonomia la distribuzione di incarichi all’interno della magistratura, come facevano i grandi partiti con gli incarichi pubblici. Oggi però sono diventate più “liquide”, racconta Salvaggiulo, cioè meno organizzate e meno in grado di orientare il consenso della categoria, un potere perso a scapito dei singoli magistrati più influenti. Palamara, per esempio, fa parte di “Unicost” ma appoggiava per la nomina a procuratore di Roma un candidato di “Magistratura Indipendente”, poiché lo considerava più utile ai suoi scopi.
È accaduto raramente in passato che un’inchiesta della magistratura rivelasse queste dinamiche con tanti dettagli. Ha fatto scalpore in particolare che negli incontri fosse coinvolto Luca Lotti, ex ministro dello Sport, amico e stretto collaboratore di Matteo Renzi, rinviato a giudizio a Roma per lo scandalo CONSIP. Negli incontri, registrati grazie ad alcune microspie inserite nel telefono di Palamara, si parlava di sostituire il procuratore di Roma con l’attuale procuratore di Firenze, e Palamara faceva capire a Lotti che i due avevano entrambi lo stesso nemico a Roma: il sostituto procuratore Paolo Ielo, che portava avanti sia il processo a Lotti che l’indagine su Palamara. Le intercettazioni mostrano che Palamara avrebbe cercato di screditare Ielo con l’aiuto di alcuni colleghi.
Il ruolo politico di Lotti e la sua importanza hanno attirato molta attenzione. Matteo Renzi lo ha difeso in diverse interviste, dicendo che il suo comportamento rappresenta la normale amministrazione e che da sempre i politici parlano con i magistrati per discutere le nomine. Renzi ha accusato i giornali di puntare l’attenzione sul suo ruolo soltanto perché Lotti è notoriamente suo amico e alleato. Altri hanno ricordato che Lotti è imputato e stava discutendo di nomine che riguardavano la procura dalla quale sarebbe stato processato e lo stava facendo con un magistrato che stava attivamente cercando di screditare il suo stesso accusatore, il sostituto procuratore Ielo.
Un altro parlamentare del PD è coinvolto in questo caso, e mostra quanto possano essere fluidi e girevoli i rapporti tra magistratura e politica. Il deputato Cosimo Ferri, ex sottosegretario alla Giustizia, è anche magistrato ed ex leader di “Magistratura Indipendente” (diversi giornali scrivono che esercita ancora una forte influenza all’interno della corrente). Ferri è entrato in politica nel 2013, quando durante il governo Letta fu nominato sottosegretario al ministero della Giustizia in quota Forza Italia, incarico rinnovato poi nel corso del governo Renzi.
Ferri – che è stato poi candidato ed eletto nelle liste del PD alle politiche del 2018 – risulta presente agli incontri di Lotti con i magistrati in cui si discuteva della nomina del procuratore di Roma (il procuratore di Firenze che avrebbe dovuto sostituirlo secondo Palamara e Lotti è un esponente di “Magistratura Indipendente”, la stessa corrente di Ferri). I giornali scrivono che il segretario del PD Nicola Zingaretti avrebbe chiesto a Ferri di dimettersi dal suo incarico in commissione Giustizia alla Camera. Ferri, che è deputato del PD ma non iscritto al partito, avrebbe risposto di no, minacciando di iscriversi al gruppo misto e di rimanere in commissione se il partito dovesse espellerlo dal gruppo.