Le proteste contro il primo ministro della Repubblica Ceca
Sono le più grandi dalla fine del regime comunista e chiedono le dimissioni di Andrej Babiš, da tempo accusato di corruzione
Martedì nel centro di Praga, in Repubblica Ceca, decine di migliaia di persone hanno manifestato per chiedere le dimissioni di Andrej Babiš, primo ministro del paese accusato di corruzione e al centro di uno scandalo che coinvolge il conglomerato industriale che possiede, Agrofert, e l’uso di fondi europei. Secondo gli organizzatori, hanno partecipato alle manifestazioni circa 120mila persone, cifra che le renderebbe le più grandi proteste nel paese da quelle che portarono alla fine del regime comunista nel 1989.
I manifestanti hanno occupato l’intera piazza San Venceslao, lunga 750 metri, sventolando bandiere ceche e dell’Unione Europea, ed esponendo cartelli che chiedevano le dimissioni di Babiš. Secondo l’inviato del Guardian Robert Tait, la manifestazione ha coinvolto molte persone arrivate da fuori Praga, città progressista dove l’avversione per Babiš è radicata e superiore a quella del resto del paese.
Babiš, che fu eletto in Parlamento nel 2013 con una campagna anti-establishment e anticorruzione, diventò primo ministro nel 2017 dopo una grande vittoria elettorale del suo partito Azione dei Cittadini Insoddisfatti, liberale e di centrodestra. È anche uno degli uomini più ricchi del paese, proprietario di Agrofert, un conglomerato industriale attivo nel settore alimentare, chimico, dell’agricoltura e dei media. Quando entrò in politica si dimise da CEO della società, ma ne rimase il proprietario per anni finché nel 2017 cedette la proprietà a un fondo a lui collegato.
Agrofert controlla alcune tra le aziende più importanti del paese, due grandi quotidiani e una televisione, cosa che ha attirato molte accuse di conflitto di interessi verso Babiš. Ma le cose si sono davvero complicate per il primo ministro quando sono arrivate accuse di aver utilizzato dei fondi europei per scopi personali: ad aprile, la polizia ha dato indicazione di indagare Babiš per aver usato i fondi dell’UE per costruire un resort privato fuori Praga. Il giorno successivo il ministro della Giustizia Jan Knezinek si era dimesso ed era stato sostituito da Marie Benesova, politica vicina al presidente Milos Zeman, alleato di Babiš. La sostituzione aveva attirato molte proteste, e gli oppositori di Babiš sono convinti che Benesova – da cui dipende il procuratore generale, quello che dovrà eventualmente approvare le indagini sul primo ministro – stia cercando di rallentare e ostruire i procedimenti contro Babiš.
La scorsa settimana, poi, è stata diffusa una versione preliminare di un rapporto della Commissione europea che accusa Babiš di aver usato altri fondi europei per avvantaggiare Agrofert. In un discorso al Parlamento, il primo ministro ha parlato di «attacco alla Repubblica Ceca», ma la notizia del rapporto ha dato ulteriore vigore alle proteste contro il governo, che vanno avanti da settimane e che martedì hanno raggiunto il massimo di adesioni.
Non è comunque detto che le manifestazioni portino alle dimissioni di Babiš: il suo partito, infatti, è fresco di vittoria alle elezioni europee, alle quali ha superato il 20 per cento, più di qualsiasi altro partito ceco. L’opposizione politica è poi frammentata e priva di un’identità forte, con i Socialdemocratici – che hanno governato il paese per buona parte della sua breve storia – praticamente scomparsi: alle elezioni politiche del 2017 passarono dal 20 al 7 per cento, e alle ultime europee si sono fermati addirittura sotto al 4 per cento, non eleggendo nessun eurodeputato.