Cose da sapere sulla trattativa FCA-Renault
La fusione porterebbe alla nascita del terzo produttore di auto al mondo, ma il governo francese – che è parte in causa, al contrario di quello italiano – sta imponendo parecchie condizioni
Secondo i principali quotidiani finanziari, le aziende automobilistiche FCA e Renault hanno raggiunto un accordo in vista della fusione a cui stanno lavorando: il quartier generale operativo della nuova società si troverà in Francia. La decisione ha lo scopo di far accettare la fusione al governo francese, che detiene il 15 per cento di Renault e controlla due seggi nel consiglio d’amministrazione della società. La fusione sposterebbe ulteriormente il baricentro di FCA fuori dall’Italia, ma secondo i piani presentati fino a questo momento non causerà chiusure di stabilimenti o perdita di posti di lavoro in Italia o in Francia.
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La fusione dovrebbe avvenire al 50 per cento, quindi tutti gli attuali partecipanti vedrebbero dimezzate le proprie quote nella nuova società. La famiglia Agnelli-Elkann, che è proprietaria di circa il 30 per cento di FCA, perderebbe per la prima volta il controllo autonomo della società.
Se l’accordo di fusione dovesse andare in porto, nascerà il terzo gruppo automobilistico mondiale, dietro Volkswagen e Toyota, con quasi dieci milioni di automobili vendute all’anno. Se poi al nuovo gruppo venisse sommata anche Nissan (che possiede parte delle quote di Renault ed è in parte posseduta dalla società francese in un incrocio di partecipazioni) ne risulterebbe il più grande produttore mondiale, con un totale di circa 16 milioni di veicoli venduti ogni anno (non è detto però che Nissan voglia rimanere parte dell’alleanza in caso di fusione). Secondo la nota diffusa dalle due aziende, la fusione porterebbe nel corso degli anni a risparmi dovuti a “sinergie” ed economie di scala per un valore di 5 miliardi di euro.
Di una possibile alleanza tra la italo-americana FCA e la francese Renault si parla da diversi giorni, ed è noto da tempo che la famiglia Agnelli-Elkann vorrebbe liberarsi almeno di parte delle quote e responsabilità connesse all’azienda. Nel corso degli ultimi anni, in particolare durante il periodo in cui Sergio Marchionne è stato amministratore delegato, FIAT si è allontanata dall’Italia e dall’Europa. Oggi la società ha la sua sede fiscale nei Paesi Bassi, mentre la maggioranza dei suoi profitti arriva dagli Stati Uniti, dove si trovano le fabbriche di Chrysler, il cui acquisto da parte di Marchionne nel 2014 ha portato alla nascita di FCA.
Con la morte di Marchionne, avvenuta nel 2018, la famiglia Agnelli-Elkann, che controlla la società con circa il 30 per cento delle azioni, ha accelerato la sua uscita dal settore automobilistico: lo scorso ottobre è stata annunciata la vendita di un’importante società controllata dal gruppo, la Magneti Marelli. Negli ultimi giorni sono diventate concrete e ufficiali le trattative per una fusione con Renault, e nel corso del fine settimana i negoziati hanno coinvolto anche i rappresentanti del governo francese. Il presidente del gruppo FCA John Elkann e il ministro francese dell’Economia, Bruno Le Maire, hanno parlato al telefono venerdì, mentre un inviato di Le Maire avrebbe incontrato Elkann sabato. Domenica lo stesso ministro ha incontrato il presidente di Renault, Jean-Dominique Senard.
Anche se le trattative sembrano proseguire positivamente, rimangono ancora molte questioni aperte. Il governo francese, per esempio, ha chiesto un posto per un suo delegato nel nuovo consiglio d’amministrazione della società. Per il governo francese è altrettanto importante che i livelli occupazionali in Francia vengano preservati, un tema particolarmente delicato vista la situazione del presidente francese Emmanuel Macron, spesso criticato da movimenti e partiti anti-establishment e accusato di essere un presidente “dei ricchi” che non ha a cuore gli interessi dei lavoratori.
FCA e Renault hanno dimensioni comparabili. Per numero di auto vendute Renault è circa un quinto più piccola di FCA è ha un fatturato sensibilmente inferiore. Renault – che comprende anche i marchi Dacia, Lada, Renault Samsung Motors, Alpine e la cinese Jinbei & Huansong – ha venduto nel 2018 3,8 milioni di veicoli. FCA – che possiede i marchi Jeep, Dodge, Ram, Chrysler, Alfa Romeo, Fiat, Maserati, Lancia e Abarth – ne ha prodotti 4,8 milioni. Renault ha circa 180 mila dipendenti, di cui quasi 50 mila in Francia. FCA ne ha in tutto quasi duecentomila e 57 mila solo in Italia. FCA ha un debito finanziario di circa 15 miliardi di euro, mentre Renault di soli 8,7. FCA rivendica un patrimonio di 28 miliardi di euro (per gran parte sotto forma di attività “intangibili” di dubbio valore). Renault ha un patrimonio di 36 miliardi, quasi tutto di attività tangibili. Un po’ sorprendentemente, visti questi numeri, il valore di mercato di FCA è di circa 18 miliardi, mentre quello di Renault è di 15.
Anche se il valore azionario può ingannare sulla forza relativa dei due gruppi, sono i francesi e Renault a dettare le condizioni dell’accordo. Non solo la società francese ha ottenuto che il quartiere generale operativo dell’eventuale nuova società sia mantenuto in Francia, ma in base a quanto scritto dal Wall Street Journal, l’attuale presidente di Renault dovrebbe diventare l’amministratore delegato della nuova società, mentre Elkann dovrebbe rimanere presidente ma senza deleghe operative. Gli attuali amministratori delegati diventeranno congiuntamente direttori generali della nuova società.
Entrambe le società risentono della crisi del settore automobilistico, afflitto soprattutto da un’eccessiva capacità produtta, ma Renault appare più attrezzata alle future sfide tecnologiche del settore automobilistico, mentre FCA appare ancora indietro in campi come le auto elettriche e quelle a guida autonoma. La maggior parte dei commentatori italiani vede con favore l’accordo, in particolare per via delle numerose rassicurazioni che sono filtrate sul fatto che i posti di lavoro nel nostro paese saranno garantiti. Fulvio Coltorti, a lungo direttore dell’area studi di Mediobanca, ha scritto su Repubblica che l’accordo «ha molti lati positivi» dal punto di vista industriale, in particolare perché permetterà a FCA di recuperare il grande ritardo accumulato sulle auto elettriche (uno dei grandi errori di cui è oggi accusato Marchionne). In un editoriale del Foglio, la fusione viene definita un “matrimonio che s’ha da fare”.
La ragione della forza dei francesi, secondo i commentatori, è dovuta in parte alla volontà degli Agnelli-Elkann di uscire dal settore (sono loro, insomma, che chiedono qualcosa), ma in parte anche al differente atteggiamento dei due governi: quello francese è molto presente, visto che controlla il 15 per cento della società; quello italiano è sostanzialmente assente, anche ma non solo perché FCA è completamente privata. «Stiamo monitorando l’operazione per conoscere il notevole valore aggiunto che dovrà portare all’Italia», ha scritto domenica il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio su Facebook, mentre il presidente del Consiglio Conte ha detto che si tratta di un’operazione «di mercato» che non spetta al governo «orientare».
Il giornale italiano più critico verso questo atteggiamento è il quotidiano comunista il Manifesto. Secondo Simone Gasperin, dottorando al Institute for Innovation and Public Purpose dell’University College di London, «la nuova società vedrebbe le quote di tutti dimezzate, ma anche, per la prima volta, la perdita del dominio assoluto da parte della famiglia Agnelli del settore automobilistico italiano. Lo Stato italiano dovrebbe approfittarne per entrare nel capitale della nuova società, ai fini di controbilanciare quello francese, evitando però di regalare altri soldi agli eredi degli Agnelli». Una preoccupazione, quest’ultima, condivisa anche da Collovati, che su Repubblica avverte che i dividendi della fusione distribuiti agli attuali azionisti, come gli Agnelli-Elkann, potrebbero provenire proprio da un ingresso dello Stato nell’azionariato.