L’esercito del Sudan sta attaccando il sit-in di protesta contro il governo a Khartum
Che va avanti da due mesi e chiede che il Consiglio militare lasci spazio ai civili
Da questa mattina a Karthum, la capitale del Sudan, l’esercito sta attaccando un sit-in dei manifestanti istituito due mesi fa per chiedere il trasferimento del potere dai militari ai civili. In Sudan dall’aprile scorso, ovvero dal colpo di stato contro il presidente Omar al Bashir, il potere è controllato da un Consiglio militare. Durante gli ultimi colloqui con le opposizioni, il Consiglio aveva promesso di trasferire il controllo del governo ai civili, ma le due parti non avevano trovato un accordo sul come fare. Secondo il Central Committee of Sudanese Doctors, associazione di medici che collabora con i manifestanti, almeno 13 persone sono state uccise e decine di altre sono state ferite nell’attacco, che non è ancora terminato.
Per ora i resoconti di ciò che sta succedendo sono confusi. Alcuni testimoni hanno raccontato ad Al Jazeera che i militari sono armati pesantemente e hanno usato gas lacrimogeno contro i manifestanti. Sui social network stanno circolando diversi video in cui si sente il rumore di spari. Un manifestante, Mohammed Elmunir, ha detto che l’esercito ha bloccato le vie di fuga dalla zona del sit-in prima di cominciare a sparare e ha dato fuoco alle tende dei manifestanti. L’Associazione dei Professionisti del Sudan (SPA), una delle principali organizzazioni dietro al sit-in, ha invitato la popolazione a scendere in strada per protestare. I manifestanti del sit-in hanno eretto una barricata sulla strada principale di Khartoum per difendersi.
Il giornalista di BBC Benjamin Strick, specializzato nel verificare l’origine dei video diffusi su Twitter, ha condiviso alcune immagini dell’attacco dell’esercito ai manifestanti:
A sad morning for #Sudan. Footage from Blue Nile Bridge Rd & Al-Mahdi Streets show moment when security forces broke into sit-in. Street you are viewing is here: https://t.co/a2We8myTzg H/T to @ashgaaly for 📹 #اعتصام_القياده_العامه #تسقط_بس #مجزرة_القيادة_العامة #SudanUprising pic.twitter.com/NuIpVDvsxp
— Benjamin Strick (@BenDoBrown) June 3, 2019
Il 15 maggio il Consiglio militare si era messo d’accordo con le forze politiche di opposizione per portare avanti un periodo di transizione di tre anni, dopo il quale la gestione del potere passerebbe totalmente in mano civile. Era stato deciso che nella fase attuale sarebbero stati formati organi condivisi: un consiglio di presidenza, un governo e un parlamento di 300 seggi, due terzi dei quali assegnati alle opposizioni che avevano appoggiato il colpo di stato.
Le difficoltà nel definire i dettagli dell’accordo hanno portato agli scontri di oggi. Diversi membri delle opposizioni temono che funzionari e militari rimasti leali a Bashir possano sabotare la transizione democratica del Sudan, che poggia su una collaborazione molto fragile fra civili e militari.
Un tweet dell’ambasciatore britannico in Sudan Irfan Siddiq che chiede in modo perentorio che gli spari che sente dalla sua residenza cessino:
Extremely concerned by the heavy gunfire I've been hearing over the last hour from my Residence and reports that Sudanese security forces are attacking the protest sit-in site resulting in casualties. No excuse for any such attack.
This. Must. Stop. Now.— Irfan Siddiq (@IrfanUKAmb) June 3, 2019
Giovedì un portavoce del Consiglio militare aveva detto che il sit-in dei manifestanti a Khartum stava diventando una minaccia per la sicurezza del paese. Lo stesso giorno l’esercito aveva ordinato la chiusura degli uffici di Al Jazeera nel centro di Khartum senza dare spiegazioni.