Il Giro d’Italia sta finendo
Restano tre tappe e ci sono quattro corridori che possono ancora vincere
Oggi inizia la fine del Giro d’Italia. Restano tre tappe – una con arrivo in salita, una con arrivo in salita dopo tantissima salita e una a cronometro – e ci sono almeno quattro corridori che prima di addormentarsi ieri sera un pensiero alla possibilità di vincere questo Giro l’hanno fatto.
I quattro corridori sono: l’ecuadoriano Richard Carapaz, il suo compagno di squadra spagnolo Mikel Landa, lo sloveno Primoz Roglic e l’italiano Vincenzo Nibali. Carapaz ha compiuto 26 anni l’altro ieri, veste la maglia rosa dal 26 maggio e fin qui è sempre andato bene ogni volta che la strada saliva. Landa fin qui gli ha fatto da gregario, aiutandolo quando c’era da aiutarlo, ma in salita è forse ancora più forte di lui. Roglic era il favorito a inizio Giro e ha continuato a esserlo per tutta la prima metà del Giro, ma nelle ultime tappe si è mostrato un po’ più stanco degli altri. Nibali è l’unico tra i quattro ad aver già vinto il Giro (per due volte), e ha anche vinto un Tour de France e una Vuelta di Spagna: sa come si fa. Oltre a essere forte in salita è tra i migliori discesisti di sempre ed è un corridore con grandi capacità di recupero: una cosa che torna utile nelle ultime tappe di una corsa a tappe di tre settimane come il Giro.
Carapaz – al momento il grande favorito per la vittoria – fin qui ha percorso circa 3.200 chilometri in 79 ore 44 minuti e 22 secondi. Nibali ci ha messo un minuto e 54 secondi in più, Roglic 2 minuti e sedici secondi in più e Landa 3 minuti e 3 secondi in più. C’è però quel problema che per recuperare minuti o secondi dal primo, che ora è Carapaz, bisogna riuscire ad andare più forte di lui, che finora è quello che è andato più forte di tutti. Non sono comunque distacchi irrecuperabili, visto il percorso.
La tappa di oggi non dovrebbe stravolgere la classifica, perché c’è solo una vera salita nel finale, che porta a San Martino di Castrozza, e non è tra le più difficili di questo Giro: è lunga 13 chilometri e ha una pendenza media del 5,6 per cento (il Mortirolo, da cui si è passati martedì, aveva invece una pendenza media del 10 per cento). È una salita pedalabile, in cui stare a ruota, sfruttando la scia di chi sta davanti, è molto vantaggioso. Si affronterà a una velocità sostenuta e sarà difficile attaccare e creare grandi distacchi tra sé e gli altri. Ma probabilmente qualcuno ci proverà lo stesso, visto che dopo quasi tre settimane passate a pedalare, le energie sono ormai quello che sono e anche salite pedalabili possono diventare complicate.
È davvero difficile pensare che sarà la tappa di oggi a decidere il Giro ma è possibile che uno tra Roglic, Nibali, Carapaz o Landa possa perdere qualche secondo. Ma più che per qualche secondo perso o guadagnato la salita di oggi potrebbe essere utile per migliorare o peggiorare il morale di chi punta alla maglia rosa. Nessuno tra Carapaz, Nibali, Roglic o Landa andrà a letto stasera sicuro di vincere il Giro, ma qualcuno potrebbe prendere sonno a fatica pensando di averlo ormai perso.
Nessuno andrà a letto tranquillo perché saprà che al risveglio avrà da fare la tappa di domani, con arrivo al Monte Avena, dopo 194 chilometri di corsa e cinque salite da fare una dopo l’altra, per un dislivello complessivo di oltre cinquemila metri. È il tappone dolomitico del Giro: una tradizione, al punto che anche certi siti stranieri usano ormai il termine “tappone” per parlare di una tappa di questo tipo. Problema, però: la salita più difficile non è l’ultima. È la seconda, che porta al Passo Manghen: è lunga quasi 20 chilometri e gli ultimi 6 hanno una pendenza media del 10 per cento. I corridori arriveranno in cima ai 2.047 metri del Passo Manghen a oltre 100 chilometri dall’arrivo.
Attaccare sul Passo Manghen vorrebbe dire rischiare tantissimo: magari va bene e ne esce una tappa che si farà ricordare per anni, come nel caso di Chris Froome un anno fa; magari va male e si resta senza energie con decine di chilometri di salita ancora da fare. Anche senza attacchi sul Manghen, sarà però una tappa durissima, spettacolare e certamente decisiva. È possibile che domani sera qualcuno andrà a letto con la ragionevole certezza di aver vinto il Giro: magari sarà Carapaz, dopo essersi riuscito a difendere; ma molti tifosi sperano – e non è irragionevole pensarlo – che quel qualcuno potrebbe anche essere Nibali, dopo un tipo di attacco che in passato ha dimostrato più di una volta di essere in grado di pianificare e portare a termine. Per la carriera che ha avuto, Nibali potrebbe quindi decidere di rischiare il tutto per tutto e mettere a repentaglio il suo secondo posto pur di provare ad arrivare primo.
Ma potrebbe anche succedere che, sommando i risultati e i tempi di oggi e domani, il Giro si decida per una questione di secondi nella cronometro finale. Si corre a Verona – su un percorso noto agli appassionati di ciclismo, perché già fatto altre volte – ed è lunga 17 chilometri, con una discreta salita nel mezzo.
Senza andare troppo lontani, solo due anni fa il Giro si concluse con una cronometro a Milano prima della quale tra il primo e il sesto in classifica c’erano solo 90 secondi di distacco (e alla fine vinse l’olandese Tom Dumoulin, quarto in classifica). Infine – e basta guardare venti minuti di trasmissione sul ciclismo per sentire qualcuno che lo ricordi – le ultime tappe di un Grande Giro sono strane e spesso succedono cose sorprendenti. Nello sport professionistico ci sono poche discipline che richiedono quasi un mese di sforzo costante, ogni giorno per diverse ore al giorno. Si arriva stanchi, al limite. In particolare, sono strane le cronometro alla fine di un Grande Giro perché chiedono a corridori esausti di fare uno sforzo intenso ma relativamente breve, dopo che per giorni hanno fatto uno sforzo diverso, più di resistenza. Non sempre le cronometro finali vengono vinte da quelli ritenuti più bravi a cronometro. Cycling News ha scritto:
Gli ultimi giorni del Giro sono diversi da ogni altra cosa del ciclismo professionistico. Una zona grigia in cui le gambe o la fortuna possono improvvisamente abbandonare chi indossa la maglia rosa o in cui, al contrario, i suoi rivali trovano improvvisamente nuova forza per capovolgere gli esiti.
Facciamo il punto. La situazione attuale è:
- Carapaz in maglia rosa
- Nibali a poco meno di due minuti
- Roglic a poco più di due minuti
- Landa a poco più di tre minuti
Per finire il Giro d’Italia in maglia rosa a Carapaz basterebbe mantenere gli attuali distacchi, perché, seppur non sia un fulmine a cronometro, è difficile pensare che Nibali riesca a recuperagli più di un minuto e Roglic più di due. Se dovesse vincere lui sarebbe la storia di un corridore giovane e riservato, che a inizio Giro non era considerato tra i grandi favoriti (molti articoli nemmeno lo menzionavano), che è nato a quasi tremila metri di altezza di un paese senza una grande storia ciclistica e i cui genitori in Ecuador hanno un “tacchino da guardia“.
Per vincere il Giro Nibali dovrebbe fare sabato una tappa per cui qualcuno scomoderebbe il sostantivo “impresa” e l’aggettivo “epica”, possibilmente attaccando prima dell’ultima salita e recuperando almeno un minuto e mezzo a Carapaz e mettendo almeno un minuto e mezzo tra sé e Roglic. Sarebbe la storia di un corridore di 34 anni che nove anni dopo aver vinto il suo primo Grande Giro, la Vuelta di Spagna, riuscirebbe ancora a vincerne un altro. Mentre lui vinceva il suo primo Giro, nel 2013, Carapaz non era ancora professionista e correva, da amatore, il Giro dell’Ecuador.
Per vincere il Giro Roglic dovrebbe trovare energie che ultimamente non sembra aver avuto granché e presentarsi alla cronometro con non più di un minuto circa da Nibali e Carapaz: dei distacchi che, essendo il più forte a cronometro, potrebbe recuperare (sempre che non succeda quella cosa che si dice delle cronometro finali). La storia di una sua eventuale vittoria sarebbe quella, ben nota a chi segue il ciclismo, di uno che ha iniziato a fare il ciclista professionista nel 2013, perché prima era un saltatore con gli sci.
Il Giro però potrebbe anche vincerlo Landa, che in teoria dovrebbe aiutare il suo compagno Carapaz: ma potrebbero succedere cose per cui potrebbe provare a vincerlo lui. Per farlo dovrebbe essere lui a attaccare e recuperare tutto il distacco da chi lo precede, mettendo anche un po’ di secondi di margine che a cronometro potrebbe perdere da Nibali e soprattutto da Roglic. In quel caso si parlerebbe di una vittoria dopo un notevole scombussolamento di classifica, da parte di un corridore di 29 anni e dal grandissimo talento in salita – ha una pedalata efficace ma anche esteticamente bella, e qualcuno paragona il suo modo di pedalare in salita a quello di Marco Pantani – che però finora non è mai andato oltre un terzo posto al Giro d’Italia, nel 2015.
C’è una remotissima possibilità che il Giro lo vinca uno che non è Carapaz, Nibali, Roglic o Landa. Vorrebbe dire che da qui a domenica sarà successo qualcosa di davvero notevole.