La Cassazione ha proibito la “cannabis light”
Cambiando orientamento rispetto a una sentenza di quattro mesi fa, ha stabilito che venderla in Italia è illegale
La corte di Cassazione ha deciso di vietare la vendita della cosiddetta “cannabis legale” in Italia, cambiando orientamento rispetto a una sentenza diffusa soltanto quattro mesi fa. Dalle motivazioni si intuisce che la corte ha interpretato in maniera molto restrittiva la legge che nel 2016 aveva di fatto permesso la vendita di prodotti a basso livello di THC, cioè il principio attivo comunemente associato all’effetto stupefacente della marijuana. La corte ha anche detto che il testo di riferimento in tema deve continuare ad essere il Testo unico sulle droghe, che permette la vendita di sostanze solo «in concreto privi di efficacia drogante».
La cannabis light è quella che contiene un basso livello di THC, cioè il principio attivo comunemente associato all’effetto stupefacente della marijuana; contiene invece il CBD, principio attivo che ha tra gli effetti principali una sensazione di rilassatezza. Dal 2016 la cannabis light è regolata in Italia con la legge 242. Da allora sono nati in tutta Italia decine di negozi specializzati nella vendita di cannabis light e di prodotti da essa derivati, che ormai si possono spesso trovare nelle normali tabaccherie.
Secondo l’interpretazione che era stata data alla legge, veniva permesso il commercio di prodotti derivati dalla marijuana a patto che il livello di THC fosse compreso fra lo 0,2 e lo 0,6 per cento (molto più basso rispetto alla marijuana in circolazione sul mercato nero). La legge aveva consentito la nascita di circa 1.500 aziende specializzate in “cannabis light”, per un giro d’affari da circa 150 milioni di euro all’anno.
La sentenza di oggi è stata emessa dalle sezioni unite della Cassazione, la composizione più autorevole della Corte, che interviene in caso di disaccordo fra le varie sezioni.