Amazon e il problema di essere enorme
Consegna ogni giorno decine di milioni di prodotti, gestisce un bel pezzo di Internet e fa cento altre cose diverse: ma quand’è che grande diventa troppo grande?
Martedì 14 maggio a Cincinnati, negli Stati Uniti, Jeff Bezos – l’uomo più ricco del mondo – è salito su una ruspa per avviare la costruzione di un nuovo centro da 300mila metri quadrati per le consegne aeree cargo di Amazon, la società che ha fondato nel 1994 e di cui è amministratore delegato. Il nuovo hub da 1,5 miliardi di dollari permetterà all’azienda di effettuare consegne più rapidamente negli Stati Uniti, ed è solo l’ultima delle innumerevoli iniziative portate avanti da Amazon per rafforzare la propria posizione nel settore delle vendite online, ed espandersi in altre attività.
Bezos controlla una società che solo nel 2018 ha prodotto oltre 230 miliardi di dollari di ricavi, enorme al punto da far chiedere a molti se le sue dimensioni possano diventare un problema per il suo stesso futuro, come racconta Christopher Mims in un articolo da poco pubblicato sul Wall Street Journal.
Per farsi un’idea delle dimensioni di Amazon e della sua pervasività nell’esistenza di milioni di persone non è sufficiente guardare ai ricavi dell’azienda. L’estensione delle attività che svolge non ha praticamente uguali sul mercato globale:
- consegna ogni giorno decine di milioni di prodotti ad altrettanti clienti in giro per il mondo, spesso raggiungendoli con la merce che hanno ordinato in appena 24 ore;
- con il suo AWS è tra i più grandi fornitori di sistemi per mantenere online i siti e trasmettere dati su Internet;
- è proprietaria della catena di supermercati Whole Foods, molto presente negli Stati Uniti;
- sta lavorando all’estensione di una propria flotta di aeroplani cargo per le consegne;
- solo la sua divisione per la pubblicità online produce ricavi per 11 miliardi di dollari l’anno;
- progetta la costruzione di una costellazione di satelliti per offrire connessioni a Internet dallo Spazio;
- è arrivata in milioni di case con i suoi assistenti personali, attraverso la linea Echo;
- ha costruito dal nulla una casa di produzione per film e serie televisive;
- è contemporaneamente in diretta concorrenza con UPS, FedEx, Google, Facebook, Apple, Microsoft, IBM, l’industria dei libri, Netflix, HBO, Disney, Walmart, Target, Costco, Kroger, CVS, Walgreens e innumerevoli startup.
Una presenza così capillare nelle attività degli utenti e, più in generale, nel panorama industriale e dei servizi comporta un’esposizione continua sui media e un’attenzione notevole da parte della politica. Ogni decisione e ogni progetto decisi da Amazon sono sottoposti ad analisi e finiscono spesso sui media, dove non mancano le polemiche. Solo negli ultimi anni, Amazon è stata accusata di sfruttare i propri lavoratori nei centri di smistamento e invio delle merci, imponendo lunghi orari di lavoro a condizioni a dir poco difficili. La società ha in parte riconosciuto i propri errori e provveduto a migliorare la situazione, per esempio aumentando gli stipendi negli Stati Uniti, ma molto resta da fare.
Amazon ha ricevuto critiche a inizio anno per avere rinunciato alla costruzione di una sede secondaria a New York, dopo che per mesi aveva sostenuto una sorta di bando invitando le più grandi e importanti città degli Stati Uniti a candidarsi, offrendo qualcosa in cambio per l’opportunità di ospitare una grande e prosperosa azienda nel loro territorio.
Sul tema molto delicato della privacy, Amazon si è dovuta difendere dalle accuse sul modo in cui sarebbero trattati i dati degli utenti che utilizzano i suoi assistenti per la casa. In alcune città degli Stati Uniti, invece, l’azienda ha dovuto rinunciare ai propri negozi fisici in cui si poteva pagare solamente con carta di credito o utilizzando il proprio account Amazon, perché questa condizione era discriminatoria rispetto alla clientela che non poteva permettersi sistemi di pagamento elettronici.
La lista potrebbe proseguire a lungo e non è tanto un’eccezione nel panorama delle grandi aziende tecnologiche statunitensi. Altre società, come Facebook e Google, hanno problemi simili e lavorano costantemente per cercare di migliorare la loro immagine, promettendo a legislatori e utenti nuove soluzioni per la tutela della privacy o per una maggiore trasparenza nel trattamento dei dati.
Negli Stati Uniti, soprattutto tra alcuni Democratici, si discute sull’opportunità di spezzettare le grandi aziende di Internet statunitensi, riducendole a entità più piccole per favorire una concorrenza più equa, soprattutto nei confronti delle aziende costituite di recente. Tra i principali sostenitori di questa posizione c’è la senatrice Elizabeth Warren, candidata alle primarie per le presidenziali del 2020. Warren ha più volte sostenuto la necessità di scomporre Amazon in aziende più piccole, suscitando una reazione piuttosto piccata da parte dell’azienda, che rivendica i risultati ottenuti in questi anni e le opportunità di lavoro create per migliaia di persone, non solo negli Stati Uniti.
We don’t use individual sellers’ data to launch private label products (which account for only about 1% of sales). And sellers aren’t being “knocked out” – they’re seeing record sales every year. Also, Walmart is much larger; Amazon is less than 4% of U.S. retail. https://t.co/5wXTfaAHuN
— Amazon News (@amazonnews) April 23, 2019
Amazon risponde alle accuse rimanendo comprensibilmente sulla difensiva. La società ricorda spesso di essere sì molto grande, ma di controllare comunque poco meno dell’1 per cento dell’intero settore delle vendite al dettaglio nel mondo, e poco meno del 4 per cento di quelle negli Stati Uniti, dove altre aziende come la catena di supermercati Walmart hanno quote molto più grandi nelle vendite nei negozi fisici. La società sostiene che ancora oggi il 90 per cento degli acquisti al dettaglio negli Stati Uniti avvenga nei negozi fisici e non online.
Il WSJ ricorda però che ci sono altri dati che Amazon evita di mettere in evidenza, quando deve fare i conti con le critiche per la sua posizione dominante in alcuni settori. La società ha per esempio il controllo della metà dell’intero mercato delle vendite online negli Stati Uniti. Inoltre, si stima che quasi un nucleo familiare su due abbia un abbonamento a Prime, il servizio che dà la possibilità di ricevere le consegne senza costi aggiuntivi e in tempi più rapidi (oltre ad altri servizi). Inoltre, nessun altro suo concorrente ha una struttura di distribuzione comparabile, che diventerà ancora più grande con il nuovo hub di Cincinnati. La grandezza e la capacità logistica di Amazon restano senza pari in diversi altri paesi dove l’azienda è attiva, soprattutto in Europa.
We’re investing $1.5 billion in our new air hub to get you your packages faster. Three million square feet, and it’s going to create 2,000 jobs. And if you’re guessing that driving a front loader was fun, you’re right! #amazon #prime pic.twitter.com/Cud4orKrC4
— Jeff Bezos (@JeffBezos) May 14, 2019
Amazon, inoltre, ricava più di chiunque altro nel settore. Nell’ultimo trimestre, i suoi ricavi sono aumentati del 17 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, e pari a 59,7 miliardi di dollari.
Di per sé, aziende con dimensioni molto molto grandi non sono una fonte di preoccupazione per gli economisti, fino a quando non abusano della loro posizione dominante per impedire ad altre società di competere alla pari. È però vero che negli Stati Uniti c’è da tempo una minore sensibilità sul tema delle grandi aziende che controllano numerosi settori del mercato, rispetto all’Europa dove l’Unione Europea è intervenuta più volte per correggere storture sul mercato, sanzionando le aziende tecnologiche più grandi, quasi tutte statunitensi.
Analisi e studi sulle grandi aziende comunque non mancano negli Stati Uniti, dove alcuni economisti si stanno chiedendo se non ci sia da valutare un nuovo approccio. La teoria è che gli standard sull’abuso di posizione dominante del Novecento non sono più adatti a una realtà, economica e finanziaria, che è ormai cambiata radicalmente. Secondo questa visione, Amazon danneggia il mercato perché di fatto soffoca comunque la concorrenza, applicando per esempio prezzi molto vantaggiosi e facendosi carico di perdite che non potrebbero affrontare aziende più piccole, nate da poco e che devono svilupparsi.
Amazon si difende da queste accuse ricordando di avere creato una piattaforma aperta, con la quale le singole aziende e i singoli rivenditori possono offrire i loro prodotti. Attraverso il suo sito, la società si occupa di tutti gli aspetti tecnici e della gestione delle transazioni, chiedendo in cambio una commissione per i suoi servizi. Decine di migliaia di rivenditori hanno scelto Amazon per vendere online, ma in molti si chiedono se questa non sia stata una scelta obbligata, condizionata dal fatto che la maggior parte dei clienti online è ormai abituata a fare gli acquisti solo sul suo sito, e a ricevere il prima possibile i prodotti grazie all’abbonamento a Prime.
In paesi dove il commercio elettronico non era ancora molto sviluppato, Amazon ha in effetti messo in difficoltà i singoli rivenditori o i siti che offrivano servizi simili. Negli Stati Uniti la situazione resta più aperta, perché in alcuni ambiti Amazon ha comunque dovuto fare i conti con grandi catene di supermercati presenti in buona parte del paese, e con politiche di vendita piuttosto aggressive. Per la società non è necessariamente un male: offre qualche elemento in più per controbattere alle accuse sulla sua presenza ingombrante.
Un paio di anni fa, per esempio, la catena di centri commerciali Target ha avviato un piano ambizioso dal costo di 7 miliardi di dollari per rinnovare tutti i suoi negozi, più un investimento da 1 miliardo di dollari in ricerca e sviluppo. La società sta inoltre differenziando la propria offerta, lavorando a una rete più capillare di piccoli negozi per le vendite al dettaglio. Walmart, storica catena di supermercati, ha seguito una strategia simile, lavorando anche sulle consegne a domicilio o la possibilità di fare la spesa online e ritirare la merce nei suoi negozi.
Ci sono altri settori dove invece Amazon ha una posizione difficilmente raggiungibile dalla concorrenza. La più nota e redditizia è legata ai servizi di distribuzione dei dati online e della gestione dei servizi, tramite la sua divisione AWS (Amazon Web Services). Gestisce centinaia di centri dati in giro per il mondo e si stima che sui suoi servizi cloud passi circa il 40 per cento dei dati di Internet. Il suo servizio è talmente grande e affidabile da raccogliere clienti che competono con Amazon in altri settori. Netflix, per esempio, fa affidamento su AWS per buona parte del suo servizio in streaming, che fa concorrenza a Prime Video della stessa Amazon. Solo nei primi tre mesi del 2019, AWS ha prodotto ricavi per 7,7 miliardi di dollari.
Le grandi dimensioni causano ricorrenti problemi di immagine ad Amazon, e qualche grattacapo legale, ma al momento non sono viste come un ostacolo per il futuro dell’azienda. Registrando le preferenze e le attività di milioni di suoi clienti, Amazon ha raccolto negli anni una quantità formidabile di dati su come funzionano le vendite al dettaglio tramite il suo portale, dati preziosi per aumentare la resa degli annunci pubblicitari e capire dove va la domanda dei clienti, cercando di anticiparla il più possibile. È un vantaggio che nessun altro concorrente ha a questo livello ed è la cosa che lascia più tranquilli investitori e analisti, anche quando saltano fuori nuove proposte per scomporre l’azienda.