Al Giro c’è il Mortirolo
Breve storia della salita più difficile di questo Giro d'Italia, che arriva nella prima tappa dell'ultima e decisiva settimana
Verso la fine del secolo scorso, chi organizzava corse ciclistiche si accorse che in molti casi le vecchie e storiche salite dei decenni precedenti diventavano sempre meno decisive e selettive, perché nel frattempo erano cambiate – migliorando molto – sia le biciclette che gli atleti. Gli organizzatori di Tour de France, Vuelta di Spagna e Giro d’Italia si misero quindi a cercare nuove e più ardue salite da cui far passare i ciclisti. In Spagna trovarono l’Angliru; in Italia lo Zoncolan, dove un anno fa vinse Chris Froome, e il Mortirolo: la difficilissima salita dove oggi potrebbe decidersi un bel pezzo di Giro d’Italia.
La tappa di oggi è la sedicesima, da Lovere a Ponte di Legno, lunga 194 chilometri e con 4.800 metri di dislivello. Per di più è prevista pioggia e, in cima al Mortirolo, una temperatura non molti gradi sopra lo zero. La tappa si potrà seguire in diretta su Rai Due dalle 14.30.
Il passo del Mortirolo, anche noto come passo della Foppa, è un valico delle Alpi retiche meridionali che sta tra la Valtellina e la Val Camonica, tra le province di Sondrio e Brescia. Un po’ di secoli fa Carlo Magno ci vinse una battaglia contri i pagani che abitavano lì intorno e nel 1945 ci furono alcune importanti battaglie tra partigiani e nazifascisti, in ritirata verso nord. Ma il nome del passo sembra non aver niente a che vedere con la morte. Il toponimo Mortirolo deriva probabilmente dalle parole “mortèra” o “mortarium” che descriverebbero la presenza di uno stagno o la forma concava che si trova in cima al passo.
Il punto più alto raggiunto dalla strada che sale in cima al Mortirolo è 1.854 metri sul livello del mare. Per arrivare in cima ci sono tre strade, tutte e tre asfaltate e percorribili in bicicletta. Oggi si salirà dal versante più duro e difficile. Per arrivare ai 1.854 metri del passo si partirà dai 537 metri di Mazzo di Valtellina. Per guadagnare più di 1.200 metri di altitudine la strada farà 32 tornanti e ci metterà circa 12 chilometri: vuol dire che la pendenza media sarà del 10 per cento, con punti al 18 per cento. Sono pochissime le salite così lunghe e con pendenze così costantemente alte. In tante salite, anche quelle fatte dai professionisti al Giro d’Italia, il 10 per cento è la pendenza massima, non media. A rendere ancora più ostico e temuto il Mortirolo c’è poi il fatto che la sua pendenza cambia spesso da una curva all’altra: è irregolare e rende quindi difficile trovare il ritmo giusto di pedalata. È una salita che richiede grande capacità di gestire le proprie forze e che, come scrive il sito Inrng, «confonde quelli che pedalano in base ai dati».
Più che cercato, il Mortirolo fu trovato per caso. Nel 1988 il Giro d’Italia passava da quelle parti e, causa neve, si pensò che non sarebbe stato possibile transitare sul Passo Gavia (è successo anche quest’anno, ma ci arriviamo tra un po’) e si pensò a qualche possibile piano B. Una sera a cena il maestro di sci Mario Cotelli propose a Carmine Castellano, che allora organizzava il Giro, di passare dal Mortirolo, una nuova salita. Il Giro finì per passare lo stesso sul Gavia – in una tappa incredibile e irripetibile – ma Castellano si segnò il nome di quella salita.
Due anni più tardi il Giro passò dal Mortirolo. Prima dal versante più facile, poi nel 1991 da quello più difficile. Nel 1991 transitò in cima Franco Chioccioli: soprannominato “Coppino” per la sua somiglianza fisica con Fausto Coppi, accompagnata da buone doti da scalatore. Ma il Mortirolo iniziò a farsi davvero notare nel 1994, quando il primo a raggiungere la cima fu il giovane e non particolarmente conosciuto Marco Pantani, che riuscì a staccare la maglia rosa Evgenij Berzin, il campione spagnolo Miguel Indurain e il suo capitano Claudio Chiappucci.
In anni più recenti il Mortirolo è stato decisivo nei giri vinti da Ivan Basso e Alberto Contador, nel 2010 e nel 2015. Contador iniziò il Mortirolo in ritardo per un problema alla bicicletta, in salita superò 31 corridori, riuscì a recuperare i fuggitivi e addirittura staccarli. In una recente intervista ha detto:
Quello è stato il giorno più duro della mia carriera in bici».
Addirittura? In assoluto?
Sì, sì. Dopo le premiazioni tornai in auto in albergo e durante il tragitto vomitai più volte, ero distrutto.
Il Mortirolo è una salita da veri scalatori, ma è una salita in cui – date le pendenze estreme e costantemente alte, seppur irregolari – scattare può essere pericoloso. C’è il rischio di trovarsi improvvisamente con poche energie: e su quelle pendenze anche un paio di chilometri senza energie potrebbero corrispondere a diverse decine di secondi di ritardo da qualcuno che magari, anche senza attaccare, ha saputo trovare meglio il proprio ritmo. Contador ha detto: «Se spendi troppo, sei finito. Non arrivi più in cima. Perdi minuti e minuti. Ti sembra tutto eterno». Ma è anche possibile che qualcuno decida di attaccare e, facendolo, riesca a far andare fuori giri gli avversari che proveranno a stargli dietro (possibilmente senza andare a sua volta fuori giri).
Nella tappa di oggi il Mortirolo non sarà la salita di arrivo – non lo è mai, perché in cima non c’è spazio per organizzare un arrivo di tappa – ma sarà comunque vicino all’arrivo, abbastanza perché qualcuno possa decidere di usarne le pendenze per attaccare. I corridori arriveranno al Mortirolo intorno alle 15.45 e ci metteranno almeno 45 minuti per scalarlo. Prima dovranno affrontare le salite di Cevo e dell’Aprica; dopo dovranno fare una complicata discesa (ancora di più se, come sembra, pioverà) e una leggera salita finale verso Ponte di Legno.
La tappa di oggi sarebbe dovuta passare dal Gavia, ma c’era troppa neve perché lo si potesse fare. Tanta neve così:
Some cyclists rode up the Gavia today to check and see if it was really blocked…..it was.
Photo: Saliinvetta pic.twitter.com/COn316PSrV
— Race Radio (@TheRaceRadio) May 27, 2019
La tappa di oggi è la prima della terza e ultima settimana del Giro, che è piena di salite e che si concluderà domenica a Verona con una tappa a cronometro.
In maglia rosa c’è un forte ma relativamente inesperto scalatore ecuadoriano: Richard Carapaz. A suo favore: finora ha mostrato di essere il migliore in salita, e ha una squadra altrettanto forte. A suo sfavore: non ha mai fatto il Mortirolo e non gli è mai capitato di passare la terza settimana di un Giro d’Italia a difendere la maglia rosa dagli attacchi incrociati degli avversari.
A 47 secondi di ritardo da Carapaz c’è Primoz Roglic. A suo favore: la cronometro finale in cui è ragionevole credere che guadagnerà almeno un minuto su Carapaz. A suo sfavore: una squadra debole e una condizione che sembra essere in leggero calo rispetto all’inizio del Giro, quando andava davvero fortissimo. Domenica, nella tappa con arrivo a Como ha avuto un problema meccanico ed è caduto nella discesa finale, perdendo circa 40 secondi da Carapaz.
A un minuto e 47 secondi da Carapaz c’è Vincenzo Nibali, che domenica ha attaccato e staccato Roglic insieme a Carapaz. A suo favore: è abituato alla tensione e sa come si vince un Giro d’Italia (l’ha già fatto due volte) ed è noto per come, in genere, la sua forma migliora nella terza e decisiva settimana. A suo sfavore: il ritardo in classifica dai due avversari. Non è incolmabile, ma per farlo sarà necessario attaccare, probabilmente già da oggi. Ma non è che sia così facile perché, come ha ricordato Nibali:
Quello che si fatica a capire dall’esterno è quanto dure siano queste giornate e quanto forte il rischio di crollare, di andare in crisi da un momento all’altro. È un gioco di equilibrio dove rischi sempre di cadere e farti male.
Oltre a Carapaz, Roglic e Nibali ce ne sono ovviamente tanti altri, ma al momento i principali favoriti per la vittoria finale sono loro tre. Dei tre, Nibali è l’unico ad aver già fatto in gara il Mortirolo.
Ultima cosa: la tappa di oggi arriva dopo che ieri c’è stato un giorno di riposo. Meglio, direte voi, così sono tutti riposati. Sì e no: è difficile, dopo che il fisico e la testa sono abitati a una tappa al giorno, fermarsi (anche se in realtà nel giorno di riposo si pedala comunque per allenamento) e poi pronti-via, riprendere con una salita come il Mortirolo. Spesso nei giorni dopo il riposo al Giro succedono cose un po’ strane.