La super censura per i 30 anni di piazza Tienanmen
Come il governo cinese ha intensificato blocchi e controlli su Internet, rendendo impossibile la condivisione di qualsiasi contenuto sulle proteste
Il prossimo 4 giugno sarà il trentesimo anniversario delle proteste di piazza Tienanmen a Pechino, e il governo cinese si sta preparando aumentando la pervasività della censura su Internet, già molto incisiva e che limita quotidianamente la libertà di espressione dei cinesi. Come racconta Reuters, il governo cinese sta adottando sistemi automatici per identificare i contenuti contro il governo, impedendone la pubblicazione. Chi si occupa della censura, presso le società che forniscono le connessioni a Internet in Cina, ha spiegato che gli strumenti per bloccare i contenuti relativi ai fatti del 1989 hanno raggiunto un livello di affidabilità senza precedenti, anche grazie a sistemi di riconoscimento automatico delle immagini e delle registrazioni vocali.
Le proteste di piazza Tienanmen iniziarono a metà aprile del 1989 e proseguirono fino al 4 giugno dello stesso anno. Organizzate da studenti, intellettuali e operai, le manifestazioni erano nate in seguito alla morte del leader comunista riformista Hu Yaobang e riflettevano le preoccupazioni di parte della popolazione per i rapidi cambiamenti economici nel paese, la corruzione e la mancanza di sufficienti libertà di stampa e di espressione. Dopo giorni di proteste, le manifestazioni furono represse con la forza il 4 giugno, con l’esercito che sparò sulla folla con fucili e carri armati, causando la morte di centinaia di persone (secondo altre stime, migliaia). La fotografia di uno studente, fermo davanti a una colonna di carri armati, divenne il simbolo dei fatti di piazza Tienanmen, soprattutto per l’opinione pubblica occidentale.
Il governo cinese non impedisce che siano organizzate manifestazioni per ricordare il 4 giugno 1989, ma limita il più possibile le attività dei partecipanti e censura quasi tutte le informazioni sull’argomento nei mezzi di comunicazione. Di solito, nelle settimane prima della giornata commemorativa i controlli aumentano, così come la sorveglianza dei vari dissidenti che vivono costantemente agli arresti domiciliari, relegati nelle loro abitazioni.
Un impiegato di ByteDance, la società che controlla l’app per la condivisione di contenuti Toutiao (e in Occidente l’app TikTok), ha spiegato a Reuters che l’azienda usa sistemi di intelligenza artificiale per aiutare i suoi impiegati a rimuovere i contenuti vietati dal governo: “A volte diciamo che l’intelligenza artificiale è lo scalpello, mentre gli esseri umani sono il machete”. Le aziende sono obbligate dal governo a limitare i contenuti, se vogliono mantenere le loro attività online in Cina, di conseguenza hanno sviluppato nel tempo sistemi per automatizzare il più possibile il processo, riducendo i rischi di perdersi qualcosa per strada.
Tra i contenuti bloccati ancora prima di essere pubblicati ci sono quelli sul Tibet e su Taiwan. Per quanto riguarda Tienanmen, tutti i post che fanno allusione ai giorni della protesta, o che contengono immagini o nomi di persone coinvolte, sono automaticamente respinti. Qualche anno fa accadeva che gli impiegati dovessero intervenire per effettuare una rimozione manuale, ma ora i sistemi automatici sono più affidabili e fanno praticamente tutto da soli.
Oltre ad avere intervistato alcuni dipendenti di ByteDance, Reuters ha anche sentito impiegati di altre grandi società di Internet cinesi come il motore di ricerca Baidu e il social network Weibo. Queste società censurano tra i 5mila e i 10mila contenuti ogni giorno, con una media di 5-7 al minuto: è per lo più materiale pornografico o violento, ma non mancano le censure su contenuti orientati politicamente o che alludono a particolari eventi storici, come le proteste di piazza Tienanmen.
Per superare la censura, gli utenti cinesi utilizzano parole e modi di dire che apparentemente non c’entrano nulla con Tienanmen. La censura è comunque molto attenta e riesce a intercettare questi tentativi, oppure aumenta semplicemente il livello di controllo limitando l’uso di un maggior numero di parole: per qualche anno, in occasione del 4 giugno è stata bloccata la parola “oggi”.
L’Amministrazione cibernetica della Cina (CAC), una divisione governativa controllata dal presidente Xi Jinping, negli ultimi anni ha chiesto e ottenuto investimenti nelle tecnologie per censurare le attività in rete. La CAC si muove su due livelli: da un lato punisce i singoli utenti, dall’altro rende legalmente responsabili le piattaforme. Per tutelarsi, queste ultime hanno aumentato il livello di sorveglianza sulle attività dei loro utenti. Dallo scorso novembre, la CAC ha introdotto nuove regole per rendere penalmente perseguibile chi “falsifica” la storia del Partito Comunista, pubblicando ricostruzioni diverse da quelle ufficiali.
Altre fonti interne alle aziende di Internet cinesi consultate da Reuters hanno confermato che l’inasprimento delle regole, e l’aumento dei controlli, è coinciso con l’avvicinarsi dell’anniversario del 4 giugno. La CAC mantiene contatti diretti con le aziende più grandi, lasciando comunque alle singole società il compito di normarsi e di sviluppare i sistemi per il controllo dei contenuti.
Non ci sono informazioni tecniche precise sui sistemi impiegati per la censura, ma dalle descrizioni fornite emerge l’impiego di più sistemi in parallelo. Sono quindi utilizzate le classiche blacklist, con elenchi di parole vietate, affiancate da nuovi sistemi di intelligenza artificiale che rendono più rapida e accurata la gestione delle liste delle parole proibite, così come l’identificazione di immagini e contenuti sonori vietati. Il motore di ricerca Baidu ha istruzioni per privilegiare sempre le notizie provenienti da fonti di stampa governative, soprattutto per quanto riguarda i leader del Partito Comunista e le loro attività.
Le punizioni per le aziende che falliscono nel censurare adeguatamente i contenuti sono severe. Nelle ultime settimane, diversi grandi fornitori di servizi online in Cina hanno subìto una sospensione, che rende per giorni inaccessibili i loro siti o inutilizzabili le loro applicazioni. I singoli utenti che riescono a superare la censura, e vengono successivamente identificati, subiscono pene di vario tipo: da semplici multe alla detenzione per i casi ritenuti più gravi.
In Cina risalire agli autori dei post online è relativamente semplice, non essendo prevista una forma di sostanziale anonimato. Per iscriversi ai social network, per esempio, è richiesto di fornire non solo nome e cognome, ma anche il numero del proprio documento di identità. Le aziende sono tenute a fornire queste informazioni alle autorità quando ne fanno richiesta.