Ghiannis Boutaris, sindaco anticonformista
Ha sanato il bilancio di Salonicco attirando turisti da Israele e Turchia e facendo arrabbiare i nazionalisti, come racconta il nuovo numero di Passenger
La Grecia è il Paese protagonista del nuovo numero di The Passenger, il libro-magazine della casa editrice Iperborea dedicato ai viaggi. Ognuno è incentrato su un singolo Paese, con saggi narrativi, racconti, inchieste, infografiche, consigli di letture e servizi fotografici dedicati. In questo sulla Grecia si possono leggere un commento sulla cucina greca, tradizionale e moderna, di Petros Markaris, l’inventore del commissario Charitos protagonista di romanzi gialli e storie brevi; una passeggiata tra i palazzi di Atene con il giornalista Nikos Vatòpoulos; un breve saggio sul rebetiko di Matteo Nucci e un commento sul nuovo cinema greco, il più importante prodotto culturale degli ultimi anni del Paese, scritto dal professore Dimìtris Papanikolàou.
Tutte le fotografie del numero sono state realizzate dal fotografo documentarista Pietro Masturzo, che si occupa soprattutto di reportage su questioni sociali e politiche, e che ha pubblicato con riviste e quotidiani come Il Corriere della Sera, Internazionale, il New Yorker e Le Monde. Nel 2010 ha vinto il World Press Photo, con la fotografia di alcune donne iraniane che protestano su un tetto a Teheran contro l’elezione alla presidenza di Mahmud Ahmadinejad.
Il prossimo numero di The Passenger sarà dedicato alla Norvegia, quelli usciti finora hanno parlato di Portogallo, Islanda, Paesi Bassi e Giappone. Oltre che sul sito, potete seguire la rivista su Instagram, Facebook e Twitter.
Di seguito, un estratto del ritratto di Ghiannis Boutaris, il controverso sindaco di Salonicco, la seconda città della Grecia: ne ha sanato il bilancio puntando sull’identità ebraica e ottomana per attirare turisti dalla Turchia e da Israele, suscitando polemiche di nazionalisti e cristiani ortodossi. L’autore è il giornalista James Angelo, che collabora con il New York Times Magazine, la London Review of Books e New Republic, ed è autore del libro The full catastrophe, sulla crisi del debito greco.
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L’Apostata
Di James Angelos
Tradotto da Fabio Deotto
Avevo conosciuto Ghiannis Boutaris all’incirca un anno prima, all’hotel Ritz-Carlton di Istanbul, dove era stato invitato a parlare a una conferenza accademica sulle rela- zioni tra Turchia e Grecia. Ci incontrammo sulla terrazza dell’albergo la notte del suo arrivo. Il sindaco era uno che vestiva con gusto, con una certa predilezione per le bretelle e i calzini rossi, e al tempo stesso alcuni tratti da rockstar stagionata. Parlava con un tono grave e leggermente rauco, una sorta di ronzio, e sembrava un poco smarrito. Le rughe sul suo volto lasciavano intuire un lungo trascorso di baldorie. Fumava Camel senza filtro una via l’altra come se ne andasse della sua vita.
Sotto il pollice della mano destra aveva tatuata una lucertola verdognola, con la coda che si allungava fino al polso – un promemoria, mi disse, della capacità dei rettili di rigenerarsi dopo un trauma. Aveva anche altri tatuaggi, tra cui il simbolo del suo segno zodiacale, Gemelli, in bella mostra sul medio e sull’anulare della stessa mano. L’orecchino d’oro nel lobo sinistro, mi disse, lo proteggeva dal malocchio.
Per gran parte della sua vita, Boutaris è stato un viticoltore. Ha ereditato l’azienda vinicola di famiglia, fondata dal nonno nel 1879 in un villaggio di montagna poco a ovest di Salonicco. Da allora la regione è nota per l’uva nera acida con cui si produce un vino rosso secco chiamato xinòmavro. Boutaris è un ex alcolista che da vent’anni si limita ad assaggiare, senza deglutire, il vino d’annata che lui stesso produce. L’azienda di famiglia – la Boutari Winery – a un certo punto andò in bancarotta, e lui fu costretto a impegnare una parte considerevole del proprio patrimonio personale per tenere a galla la ditta, un duro colpo da cui non si sarebbe mai del tutto ripreso. Alla fine lasciò la società a suo fratello e aprì una piccola azienda vinicola per conto suo. La Boutari Winery, dopo aver superato i guai finanziari, oggi resta uno dei marchi vinicoli greci più noti al mondo.
Boutaris era in compagnia di un assistente vestito di tutto punto, Antonis Kamaras, un altissimo ex banchiere che ha studiato alla London school of economics e considerava suo compito smussare le esternazioni spesso troppo dirette del sindaco per trarne dichiarazioni politiche coerenti. Il padre di Kamaras, un affermato commerciante di tabacco, era amico di Boutaris e, insieme, il figlio del commerciante e il sindaco emanavano una certa aura di antica aristocrazia decaduta.
Trovammo posto accanto a un trio di musicisti intenti a eseguire un repertorio new age declinato in salsa latinoamericana. Boutaris si accese una sigaretta e accavallò le gambe. A un certo punto passò una donna in gonna corta blu e tacchi a spillo. Lo sguardo di Boutaris le si incollò addosso facendogli ruotare la testa sul collo. Un’espressione di sofferenza gli comparve sul volto mentre rivolgeva a Kamaras uno sguardo che pareva quasi chiedere al suo assistente la risposta: come può esistere tale bellezza? Kamaras, cambiando argomento nel modo più elegante possibile, cominciò a esporre nel dettaglio il tentativo del sindaco di attirare a Salonicco turisti da Israele e dalla Turchia mettendo in risalto il passato ottomano della città. Boutaris si introdusse nella discussione: «Salonicco era una delle città più prosperose dell’Impero ottomano» disse. «Era una città ebraica, e una città turca».
Questi commenti potrebbero essere presi per semplici dati di fatto considerando che, all’epoca in cui i soldati greci strapparono il controllo di Salonicco all’Impero ottomano, la città contava più
ebrei e turchi che greci. Ma fare riferimento a Salonicco – originariamente fondata tre secoli prima della nascita di Cristo, e il cui nome deriva dalla sorellastra di Alessandro Magno – senza definirla inequivocabilmente come una città greca, per i detrattori del sindaco è una provocazione che sfiora la blasfemia.