Il Giro d’Italia diventa bello
Arrivano le montagne e tra i molti che proveranno a usarle per attaccare il favorito – lo sloveno Primoz Roglic – c'è Vincenzo Nibali
«Se hai scoperto il ciclismo negli ultimi due giorni, guardando il Giro d’Italia, per favore non demordere. Resta con noi, non è sempre così». L’ha scritto ieri su Twitter il giornalista Richard Moore, dopo due tappe lunghe e piatte, finite in volata. Il Giro d’Italia è iniziato l’11 maggio e le sue prime 11 tappe su 21 totali non sono sempre state piatte e con arrivi in volata, ma di certo non state davvero memorabili. Tradotto: non ci sono state grandi salite. I corridori non hanno mai superato i mille metri di altezza e quindi la “lotta per la maglia rosa” ha riguardato soprattutto le due tappe a cronometro di Bologna e San Marino; ma le tappe a cronometro, per quanto piacciano agli appassionati, non è che scaldino particolarmente i cuori. Da oggi le cose iniziano a cambiare: nel pomeriggio c’è la prima vera salita del Giro e nei prossimi giorni arriveranno tante dure tappe di montagna.
Il Giro fin qui
Per chi dovesse arrivare ora, si fa in fretta a fare il punto: i velocisti si sono spartiti in modo più o meno equo le tappe pianeggianti (molti dei favoriti hanno vinto una tappa e nessuno ne ha vinte più di due) e ora quasi tutti si ritireranno, perché (fatta eccezione per una tappa della prossima settimana) restano praticamente solo tappe di montagna, da scalatori. Da qualche giorno la Maglia rosa, il simbolo del primo posto in classifica generale, la indossa Valerio Conti, ciclista romano di 26 anni. L’ha conquistata qualche giorno fa grazie a una fuga e la sta difendendo molto bene; proverà a tenerla il più possibile, ma non è un vero scalatore e quindi prima o poi la perderà.
Fin qui Conti è stato il più veloce a percorrere i quasi duemila chilometri di strada delle prime 11 tappe, in poco più di 45 ore complessive. Il vero favorito per la vittoria finale è però lo sloveno Primoz Roglic, che ha 29 anni e ha vinto le due tappe a cronometro ed è secondo in classifica con un paio di minuti di ritardo da Conti, ma con un paio di minuti di vantaggio su quello che al momento sembra essere il suo principale rivale: Vincenzo Nibali. Ancora più dietro, con due, tre o quattro minuti di ritardo da Roglic ci sono altri scalatori e pretendenti alla maglia rosa. Uno dei favoriti, l’olandese Tom Dumoulin, vincitore del Giro del 2017, si è ritirato dopo una brutta caduta nella quarta tappa.
Roglic contro tutti?
Da oggi fino a sabato 1 giugno il canovaccio dovrebbe essere, per Nibali e gli altri uomini di classifica, provare ad attaccare Roglic e recuperare i minuti di distacco su di lui. Anche perché domenica 2 giugno l’ultima tappa del Giro, a Verona, sarà a cronometro: e fin qui Roglic ha vinto entrambe le tappe a cronometro, guadagnando lì gran parte del suo vantaggio sui rivali. Insomma: ci sono tante montagne e tanti corridori che proveranno a usarne le salite e le discese per attaccare Roglic, recuperare il distacco e guadagnare almeno uno o due minuti, che lui potrebbe recuperare nella cronometro di Verona. Problema: Roglic è fortissimo a cronometro ma va davvero forte anche in salita, ed è pure uno dei migliori discesisti del gruppo. Se il ciclismo lo seguite sporadicamente forse vi starete chiedendo chi è questo Roglic. Fa il ciclista dal 2012, perché prima faceva il saltatore con gli sci. Negli ultimi anni ha fatto enormi miglioramenti ma ancora non ha mai vinto né il Giro d’Italia né la Vuelta di Spagna o il Tour de France (i tre Grandi giro del ciclismo).
Attaccare il più forte
Quest’anno Roglic è andato davvero forte e potrebbe essere la volta buona per vincere un Grande giro. Nelle corse prima del Giro è stato il più forte anche in salita e ci sono quindi buone possibilità che riesca a resistere agli attacchi dei rivali o chissà, per mettere le cose in chiaro, attaccarli e staccarli lui stesso. Senza girarci troppo intorno: al momento Roglic è il più forte. Ma bisogna ricordare che fin qui non ci sono state vere salite e che ora ne arrivano davvero tante. Non è detto che Roglic riesca a reggere a tutte queste salite, una dopo l’altra, alcune oltre i duemila metri di altezza, e tutti i possibili attacchi dei rivali. Non è abituato né a queste salite né alla pressione di dover passare la terza e decisiva settimana di un grande giro a difendere la maglia rosa (che presumibilmente prenderà da Conti nei prossimi giorni) dagli attacchi incrociati dei rivali. Basterebbe una giornata no – nella testa o nelle gambe – e Roglic potrebbe mandare tutto all’aria. E più i suoi avversari lo attaccheranno, più possibilità ci saranno di metterlo all’angolo e far saltare fuori una giornata no.
Come attaccarlo
Per recuperare due, tre o quattro minuti sul più forte non basta attaccarlo nell’ultimo chilometro dell’ultima salita di tappa. Bisogna provarci più da lontano, rischiando di più, e magari provarci più volte, per indovinare la giornata buona. E magari pensare a tattiche di squadra e temporanee alleanze tra squadre diverse per pianificare insieme qualcosa. Restano più di mille chilometri di gara e un paio di decine di migliaia di metri di dislivello. Non si può dire chi, come e quando attaccherà Roglic; ma in molti ci proveranno. Ci proverà di certo Vincenzo Nibali, che ha 34 anni e vinceva il suo primo Giro nel 2013, quando Roglic era ancora agli inizi nella sua nuova carriera da ciclista ed era arrivato quindicesimo al più modesto Giro di Slovenia. Nibali si è fatto una certa fama per i suoi attacchi da lontano (con un ci vinse il Giro del 2015) e quest’anno sembra stare davvero molto bene. E di Roglic ha detto:
In tante occasioni ha dimostrato di avere qualche piccola lacuna in salita. L’anno scorso al Giro di Lombardia ha attaccato per primo e poi è andato in crisi, al Tour nella tappa dell’Alpe d’Huez in cui sono caduto è sempre stato alla mia ruota anche se ero dolorante. Per adesso lui ha trovato del terreno molto adatto alle sue caratteristiche grazie alle cronometro e può gestire la corsa grazie al vantaggio nei confronti mie e degli altri. Ma il Giro è tutto da giocare.
Oltre a Nibali e Roglic
Altri che potrebbero provarci – sempre che ne abbiano le energie, che servono anche quelle – sono il britannico Simon Yates e il colombiano Miguel Angel Lopez, due scalatori, che a inizio Giro erano tra i favoriti per la vittoria finale insieme a Nibali e Roglic. Oppure altri un po’ meno favoriti a inizio giro che però stanno andando bene: come l’olandese Bauke Mollema, l’ecuadoriano Richard Carapaz, l’italiano Davide Formolo, il polacco Rafał Majka o il lussemburghese Bob Jungels. O lo spagnolo Mikel Landa. Sono tutti corridori con un ritardo di meno di cinque minuti da Roglic: più è il loro ritardo e più dovranno inventarsi attacchi difficili ma, allo stesso tempo, più è il loro ritardo è più possono permettersi di rischiare, sapendo che magari Roglic sarà occupato a tenere d’occhio uno come Nibali, piuttosto che uno di loro.
Le tappe per farlo
Si parte oggi con la dodicesima, la Cuneo-Pinerolo. Partenza e arrivo sono le stesse della famosa tappa vinta nel 1949 da Fausto Coppi, dopo essersi fatto 192 chilometri di fuga solitaria su cinque montagne: quella del famoso «Un uomo solo è al comando, la sua maglia è bianco-celeste, il suo nome è Fausto Coppi». Ecco, la tappa di oggi, con quella ha in comune partenza e arrivo, non il percorso. C’è solo una montagna da scalare, ma è difficile. È la salita di Montoso, con pendenza media del 9,4 per cento e lunghezza di 9 chilometri. Magari nessuno dei corridori citati qui sopra attaccherà Roglic sul Montoso, ma è comunque una salita vera, ripida e mai affrontata prima al Giro d’Italia. Dopo la salita ci sarà una discesa (eh già) e poi una ventina di chilometri di pianura prima di un muro (una salita breve e ripida, su pavé e strada stretta) e una successiva discesa verso il centro di Pinerolo. Non è una di quelle tappe per cui darsi malati al lavoro, ma se dalle quattro alle cinque il capo è distratto, vale la pena buttarci l’occhio.
Domani arriva invece una vera tappa di montagna, la Pinerolo–Ceresole Reale. Con un arrivo oltre i duemila metri (una soglia oltre la quale lo sforzo che fanno i ciclisti si fa sentire molto di più, con conseguenti problemi per alcuni) e tre salite in una tappa. L’ultima salita, con arrivo al lago Serrù, non è tra le peggiori di questo Giro, perché ha un tratto centrale quasi pianeggiante, ma è lunga più di 20 chilometri.
Sabato sarà peggio con la Saint-Vincent–Courmayeur, una delle tappe più difficili di tutto il Giro. Sarà breve, 131 chilometri, e quindi i corridori andranno a tutta fin dall’inizio, ma solo 14 di quei 131 chilometri saranno in pianura. Sarà una tappa tutta su e giù, ideale per attacchi da lontano su una delle sue tante salite o discese.
Domenica arriva una tappa che, per chi se ne intende, ricorda molto il Giro di Lombardia (che Nibali ha vinto due volte). La Ivrea-Como avrà un finale ondulato e un passaggio su una salita storica, con un santuario e un museo del ciclismo, come la Madonna del Ghisallo, sopra a Bellagio. Non è una tappa di montagna vera e propria ma arriva dopo tappe difficili e su un percorso che permette di inventarsi attacchi.
Lunedì ci sarà un giorno di riposo e poi, da martedì a sabato altre grandi tappe di montagna. Non ne parliamo nel dettaglio: perché prima di arrivarci succederanno altre cose, ma anche perché non è certo quale sarà il percorso della prima di queste ultime tappe, quella di martedì 28 maggio. È previsto un passaggio sulla difficilissima salita del Passo Gavia, a oltre 2.600 metri di altezza, ma negli ultimi giorni lassù è nevicato e ci sono almeno due-tre metri di neve. La neve dalla strada è stata tolta e quella ai lati sembra possa star lì senza creare problemi. Ma se dovesse nevicare ancora il percorso della tappa di martedì potrebbe essere cambiato, per evitare che succeda qualcosa di simile a quanto successo nel 1988, quando nonostante una bufera di neve si scelse di far passare comunque i corridori sul Gavia.