Assad vuole riprendersi tutta la Siria
Si sapeva da tempo, ma ora il presidente siriano è passato all'azione ordinando un'offensiva militare contro Idlib, l'unica provincia ancora sotto il controllo dei ribelli
Da tre settimane il regime siriano di Bashar al Assad e le milizie sue alleate hanno iniziato un’offensiva militare contro la provincia di Idlib, l’unica ancora in mano ai ribelli e da tempo controllata da gruppi radicali e jihadisti. Assad aveva puntato Idlib già da tempo, come parte del suo piano di riconquistare tutta la Siria, ma un accordo tra Russia (alleata del regime siriano) e Turchia (vicina ai ribelli) aveva bloccato qualsiasi iniziativa militare massiccia. Una vittoria nella provincia di Idlib, ha scritto il New York Times, aiuterà Assad e i suoi alleati, Russia e Iran, «a consolidare quella che sembra sempre di più una vittoria assicurata della guerra civile in corso da otto anni».
Idlib, che si trova nel nord ovest della Siria, non è una provincia come le altre. Da molto tempo è il posto dove si rifugiano i siriani sfollati, coloro che hanno paura delle ritorsioni del regime e che non vogliono fare il servizio militare, e i ribelli costretti a lasciare i territori un tempo sotto il loro controllo. Qui vivono oggi più di tre milioni di persone, il doppio della popolazione registrata prima dell’inizio degli scontri. La maggior parte della popolazione civile si trova da tempo in mezzo a due fuochi: da una parte i ribelli jihadisti, dall’altra il timore di subire ritorsioni del regime, le cui forze di sicurezza sono state spesso accusate di agire in maniera violenta e arbitraria. Non è chiaro cosa succederà a tutte queste persone in caso di vittoria di Assad.
La tensione per un attacco imminente è stata presente in tutta la provincia almeno da metà 2018, ma lo scorso settembre Russia e Turchia si misero d’accordo per una specie di tregua, evitando l’offensiva militare di Assad contro la provincia.
La Russia era interessata ad assumere un ruolo rilevante nel processo di pace siriano, mentre la Turchia voleva stabilizzare l’area per evitare nuovi flussi migratori verso il suo territorio e per potersi occupare con tranquillità del suo obiettivo primario: la limitazione nel nord del paese dei curdi siriani, alleati degli Stati Uniti nella guerra contro l’ISIS e molto vicini al PKK, il partito indipendentista turco considerato un gruppo terroristico dal governo di Ankara. Sia la Russia che la Turchia avevano quindi interesse affinché l’area di Idlib rimanesse stabile, almeno nel breve periodo. Da tempo però i russi accusavano i turchi di non rispettare una parte dell’accordo, ovvero l’impegno a ridurre l’influenza dei gruppi più estremisti nella provincia di Idlib.
Oggi la provincia è per lo più sotto il controllo di Hayat Tahrir al Sham, gruppo considerato vicino ad al Qaida che è riuscito a imporsi su tutti gli altri.
La tregua è stata considerata quindi non rispettata e l’attacco delle forze governative – che probabilmente ci sarebbe stato lo stesso, prima o poi – è iniziato tre settimane fa.
Il regime di Assad ha cominciato a bombardare sia la provincia di Idlib che parti della provincia di Hama, nel sud, anch’essa sotto il controllo parziale dei ribelli. Le forze governative hanno inoltre preso il controllo di almeno 12 centri abitati nel sud della provincia di Idlib, ha detto l’Osservatorio siriano dei diritti umani, organizzazione con sede a Londra più volte citata da esperti e giornali internazionali. Secondo l’Osservatorio, nelle ultime tre settimane i bombardamenti del regime hanno provocato la distruzione di almeno 19 ospedali e centri medici, costringendo le persone ferite a farsi curare in rifugi sotterranei e più sicuri. Il New York Times ha scritto che l’offensiva ha già costretto 180mila abitanti della provincia a lasciare le proprie case, e altre migliaia potrebbero fare la stessa cosa nelle prossime settimane.