È morto Niki Lauda
Aveva 70 anni: fu uno dei più famosi piloti nella storia della Formula 1, vinse tre Mondiali e fu protagonista di un terribile e famoso incidente che lo lasciò sfigurato in volto
Niki Lauda è morto ieri, lunedì 20 maggio, a 70 anni. Era uno dei più famosi piloti nella storia della Formula 1. Durante la sua carriera vinse tre Mondiali alla guida di Ferrari (1975 e 1977) e McLaren (1984) e fu protagonista di una delle più iconiche rivalità nella storia degli sport motoristici con il pilota britannico James Hunt, raccontata da Ron Howard nel film Rush.
La notizia della sua morte è stata comunicata dalla famiglia, che in una nota ha scritto: «Con grande tristezza, annunciamo che lunedì il nostro amato Niki è morto in pace e circondato dalla sua famiglia». Non si conoscono con precisione le cause della morte. Lauda era stato ricoverato in ospedale lo scorso gennaio a causa di un’influenza che lo aveva colpito durante le ultime vacanze di Natale, trascorse in Spagna, mentre ad agosto 2018 aveva subito un trapianto di polmone.
Lauda iniziò a correre prima di compiere vent’anni. Proveniva da una ricca famiglia di banchieri viennesi, la quale non vedeva bene il suo interesse per le automobili e la velocità, quindi dovette arrangiarsi. Nel 1968 iniziò nelle gare riservate a vetture Mini, piccole e poco costose automobili allora prodotte dalla British Motor Corporation. Per arrivare in Formula 2 fu costretto a farsi prestare soldi e a dare come garanzia una polizza di assicurazione sulla propria vita. Entrò a far parte del team March e nel 1971 debuttò per lo stesso team in Formula 1, dove corse alcune gare. L’anno seguente partecipò all’intero campionato ma la macchina era poco competitiva e non ottenne nemmeno un punto.
In seguito ottenne, pagandoselo con un complicato contratto, un posto alla BRM, un’altra scuderia britannica, in cui rafforzò il suo rapporto con il pilota svizzero Clay Regazzoni. Lauda si fece conoscere come buon pilota, ma soprattutto come esperto collaudatore, dotato di una particolare sensibilità nel riconoscere i difetti delle auto. Fu notato dall’occhio lungo di Enzo Ferrari, il quale, anche su consiglio dell’amico Regazzoni, lo portò alla Ferrari. Nei lunghi mesi della preparazione tecnica a Maranello, Lauda si diede molto da fare per lavorare sulla monoposto, inizialmente poco affidabile e difficile da guidare. Si racconta che, esasperato dai malfunzionamenti, si confrontò di persona con Enzo Ferrari dicendogli senza mezze misure: «Questa macchina è una merda». Nel 1974 arrivò quarto nella classifica generale del Mondiale. Nel 1975 lo vinse con venti punti in più del brasiliano Emerson Fittipaldi.
Perse però il Mondiale del 1976 per un solo punto. Venne battuto da Hunt, che correva per la McLaren. La rivalità tra Lauda e Hunt arrivò al suo massimo proprio quell’anno. Hunt e Lauda erano amici ancora prima di gareggiare in Formula 1. Durante i loro primi anni nelle corse condivisero un piccolo appartamento a Londra. In pista ci fu grande competizione tra i due, ma anche molto rispetto, come spiegò Lauda: «Potevi guidare a due centimetri dalle ruote della sua auto ed essere certo che non avrebbe mai fatto una cazzata. Era un grande pilota». Rimasero in contatto e si frequentarono anche quando lasciarono entrambi la Formula 1, in anni diversi, e fino alla morte di Hunt nel 1993 per un infarto.
Uno dei momenti più ricordati della carriera di Lauda fu il terribile e famoso incidente che avvenne durante il Gran Premio di Germania del 1976.
L’incidente avvenne sul lunghissimo tracciato del Nürburgring, in Germania. All’epoca al Nürburgring si correva su una pista di 22,8 chilometri piena di curve, in cui erano morti 131 piloti di diverse categorie in meno di cinquant’anni. In quell’edizione del Gran Premio, Lauda propose di non correrlo durante la riunione pre-gara dei piloti, spiegando che le condizioni della pista non erano ottimali a causa del maltempo e che i rischi erano molto alti. A maggioranza i piloti decisero però di gareggiare, bocciando la sua proposta.
Poco prima della gara la pioggia aveva bagnato buona parte del circuito, cosa che aveva indotto la maggioranza dei piloti a usare gomme da bagnato. Dopo il primo giro (erano necessari quasi sette minuti per farne uno) la pista si era relativamente asciugata e ci fu grande concitazione ai box per cambiare le ruote alle auto e mettere quelle da asciutto. Poco dopo Lauda iniziò il suo secondo giro. Percorse diversi chilometri fino a raggiungere la zona più lontana dai box, dove sbandò in una curva a sinistra a causa di un cedimento strutturale favorito dalle condizioni della pista. L’auto colpì in pieno una roccia a lato del circuito e si fermò in fiamme in mezzo alla pista. Lauda, privo del casco saltato via durante l’impatto, fu tamponato dalle auto di due piloti in arrivo.
Lauda fu trasportato in elicottero al vicino ospedale militare di Coblenza. A causa dell’incendio riportò numerose ustioni soprattutto al viso, che non era protetto né dalla tuta né dal casco. Il danno più serio, ma meno visibile, lo ebbe ai polmoni: aveva inalato aria molto calda e satura dei prodotti di combustione della benzina, che lo avrebbero potuto uccidere. Nei primi giorni, quando i medici erano molto scettici sulle sue condizioni, un prete gli diede l’estrema unzione. Per ricostruirgli parte del volto i chirurghi eseguirono un autotrapianto di pelle da una sua gamba.
Lauda riuscì a rivincere il Mondiale nel 1977 e, dopo essersi ritirato per un paio di stagioni, nel 1984, ma con la McLaren. Nel 1985 si ritirò per la seconda volta, quella definitiva. In seguito, oltre a occuparsi delle sue due compagnie aeree, non lasciò mai il mondo della Formula 1, o come commentatore televisivo o in qualità di consulente e manager di diverse squadre, tra cui la Ferrari e la Jaguar. Si sposò due volte: nel 2005 la seconda moglie gli donò un rene per salvarlo da una malattia di cui soffriva da anni, probabilmente come conseguenza dell’incidente del 1976. Aveva cinque figli.