Un giudice statunitense ha ordinato a Chelsea Manning di tornare in prigione fino a che non accetterà di testimoniare nel processo su WikiLeaks
Un giudice distrettuale degli Stati Uniti ha ordinato a Chelsea Manning di tornare in prigione a meno che non accetti di testimoniare nel processo su WikiLeaks. Manning, l’ex militare statunitense che aveva fornito a Wikileaks centinaia di migliaia di documenti riservati poi diffusi e pubblicati su Internet, era stata incarcerata lo scorso 8 marzo per essersi rifiutata di testimoniare di fronte a un gran giurì – un tipo di giuria previsto negli ordinamenti anglosassoni che è chiamata a stabilire se le prove raccolte siano sufficienti per iniziare un processo penale nei confronti di qualcuno – nell’ambito dell’indagine statunitense su Wikileaks. La scorsa settimana era sta scarcerata dopo due mesi di carcere.
Manning si era rifiutata di testimoniare sostenendo di aver già detto tutto quello che sapeva alla corte marziale che la giudicò nel 2013: era stata quindi liberata in seguito alla scadenza del termine dell’inchiesta del gran giurì. Ieri ha ricevuto un altro mandato di comparizione e il giudice distrettuale Anthony Trenga le ha ordinato di tornare nella prigione di Alexandria, in Virginia, fino a che non accetterà di testimoniare o fino a quando non scadrà il mandato del gran giurì, tra 18 mesi. Trenga ha inoltre deciso che qualora Manning si rifiutasse ancora di testimoniare, dovrà pagare una multa di 500 dollari al giorno dopo 30 giorni e di mille al giorno dopo 60 giorni.
Manning era già stata condannata a 35 anni di carcere nel 2010 per aver fornito documenti riservati a Wikileaks: stette in carcere in tutto per circa sette anni prima che il presidente Barack Obama le concedesse la grazia nel 2017.