Enciclopedia delle patatine fritte

Oggi onnipresenti, in realtà non sono in giro da molto: tutti i modi in cui vengono tagliate, fritte e condite nel mondo

(AP Photo/Roberto Pfeil)
(AP Photo/Roberto Pfeil)

Una banalissima patatina fritta può raccontare di chi la mangia più di quanto si immagini. Quel tubero facilmente reperibile e cotto nel grasso si è infilato nelle abitudini alimentari di tutto il mondo presentandosi come un piatto all’apparenza universale ma pieno di varianti rivelatrici: che si tratti della qualità di patata usata (in Belgio per esempio è sempre la bintjie), del tipo di taglio (dal classico baton alle sottilissime allumette), del grasso della frittura (olio, burro, lardo) e di salse, spezie e condimenti da accompagnamento (ketchup, maionese, guacamole, curry).

Per non parlare dei nomi: negli Stati Uniti le chiamano french fries, in Francia frites, nel Regno Unito chips, parola che negli Stati Uniti indica quelle in busta, che in Regno Unito sono dette crisp. Eppure la patatina fritta ha una storia recente, legata alla colonizzazione delle Americhe e alla Rivoluzione industriale, che in soli duecento anni l’ha portata a essere uno dei piatti più popolari e amati al mondo.

Un po’ di storia
Le patate sono originarie dell’America, in particolare degli odierni Bolivia e Perù. Nel Cinquecento i conquistadores spagnoli le introdussero in Europa, dove vennero usate come cibo per gli animali. Nel Regno Unito vennero introdotte, pare, da due pirati poi diventati Sir, Francis Drake e Walter Raleigh; nel Seicento in Italia erano chiamate tartuffolo. La patata entrò nelle cucine europee dalla metà del XVIII secolo, quando il rapido incremento della popolazione e la necessità di cibo resero necessaria l’adozione di coltivazioni che rendevano di più dei cereali. Da qui il successo del mais e delle patate: a parità di terreno coltivato fornivano più calorie di frumento, segale e avena, e crescendo sottoterra venivano risparmiate dalla devastazione delle guerre. I governi, come quello prussiano di Federico II, gli scienziati e gli agronomi, come il francese Antoine-Augustin Parmentier, si diedero da fare per incoraggiare la coltivazione e la consumazione della patata, che a fine secolo aveva quasi soppiantato i cereali nella dieta dei più poveri, soprattutto nell’Europa centrale e settentrionale.

Oggi le patate sono presenti in innumerevoli piatti – come gli gnocchi, il purè, la pitta e il gattò – ma agli inizi venivano bollite o arrostite: come racconta il sito Atlas Obscura friggerle o cuocerle nell’olio è un’abitudine recente. Nei Paesi mediterranei la cottura con olio ha un’antica tradizione ma altrove usare i grassi per cuocere qualcosa era considerato uno spreco: erano una preziosa fonte di calorie e venivano direttamente spalmati sul pane o aggiunti a zuppe e stufati. Le cose, anche qui, cambiarono con la Rivoluzione industriale, che rese l’estrazione dell’olio un lavoro meccanico, garantendo più olio e a buon mercato. La frittura è quindi un metodo di cottura moderno, e così le patatine fritte.

Secondo la leggenda più diffusa le patatine fritte nacquero nella regione attorno alle città belghe di Namur, Antenne e Dinant, dove si friggeva il pesce pescato nel fiume Mosa. A un certo punto arrivò un inverno così rigido che il fiume si congelò e fu necessario trovare una nuova fonte di cibo: la scelta cadde sugli umili tuberi, che vennero tagliati in tocchetti per ricordare i pesciolini, e fritti. La storia è raccontata in un manoscritto del 1781 che faceva risalire la tradizione a un secolo prima, cosa decisamente improbabile perché le patate in Belgio non arrivarono prima del 1735 e perché l’olio disponibile consentiva al massimo di saltarle in padella.

Lo storico gastronomico Pierre Leclerq sostiene che le patatine fritte spuntarono a metà Ottocento grazie alla grande quantità di olio vegetale disponibile in Europa, e si sa per certo che in Francia nel 1789 erano vendute sul Pont Neuf di Parigi. Si compravano come street food anche in Belgio – e così ancora oggi – e non è da escludere che l’idea sia nata contemporaneamente anche in qualche altro paese. È comunque da Francia e Belgio che le patatine fritte si diffusero poi in tutto il mondo. Negli Stati Uniti pare per esempio che siano arrivate dopo la Prima guerra mondiale, quando i soldati le assaggiarono in Belgio e finirono per chiamarle french fries, patatine francesi, dalla lingua che vi si parlava in Belgio.

Dimensioni e tagli
Come potete immaginare i formati sono quasi infiniti: patate a velo, patate a spirale, patate goffrate e a fiammifero, le tornado, alla Elvis e i tater tots, palline fritte di patate prima bollite e grattugiate. Qui consideriamo solo i tagli classici, in cui varia la dimensione del bastoncino, dalle più larghe alle più sottili.

– Pont Neuf: 2 cm di larghezza x 2 cm di altezza x 7 cm di lunghezza
– Baton, frites o french fries: 1 cm x 1 cm x 7 cm (in Belgio la lunghezza arriva a 8-9 cm, ma non nel 2018)
– Batonnet: 6 mm x 6 mm x 5-7 cm
– Allumette, stick o a fiammifero: metà batonnet 3 mm x 3 mm x 5-6 cm
– Julienne: 1-2 mm x 1-2 mm x 2,5 cm


La frittura
Una volta sbucciate, le patate vanno messe in acqua fredda per una ventina di minuti perché non anneriscano e perché perdano l’amido in eccesso, che le renderebbe più mollicce e meno croccanti; vanno poi asciugate perfettamente. Dopo questo primo procedimento, iniziano a ramificarsi i diversi tipi di taglio e cottura.

In Belgio le patatine vengono fritte due volte nel grasso di manzo o cavallo, meglio se della marca “Blanc de bœuf” che ne conferisce l’odore molto riconoscibile; la temperatura del grasso non deve superare i 175 gradi centigradi e alcune ricette prevedono che al primo giro sia sui 160 e al secondo sui 175 gradi centigradi. La prima cottura serve per ammorbidire l’interno, la seconda per rendere l’esterno croccante. Ultimamente la Commissione Europea ha invitato a bollirle prima di friggerle per ridurre la quantità finale di acrilammide, un composto tossico che si può formare durante la frittura.

Ricette più facili e comuni prevedono una sola cottura, riscaldando l’olio di oliva – o più frequentemente di arachidi o girasole – a 170-175 gradi; le patatine vanno immerse per circa cinque minuti finché non salgono in superficie, quindi prelevate con una schiumarola e asciugate su carta assorbente.

Salse e condimenti
Ogni paese ha la sua patatina fritta e la accompagna a modo suo: con la bistecca (la steak) o gli hamburger negli Stati Uniti, con il pesce fritto (fish & chips) in Regno Unito e con le cozze (moules-frites) in Belgio. Un capitolo interessante è quello delle salse e delle spezie, come ha raccontato Atlas Obscura, suddividendo il mondo in grandi aree inaspettatamente accomunate da condimenti simili.

Le cremose
La più importante della famiglia è la maionese, probabilmente nata nel XVII secolo come versione francese dell’aioli, un salsa diffusa nel Mediterraneo a base di aglio e olio di oliva, tradizionalmente senza uova e probabilmente già esistente nell’Antica Roma.
La maionese è usata comunemente in Belgio, Francia e nei Paesi Bassi, spesso da sola. Esistono varianti come l’aioli provenzale, che ha l’aggiunta del tuorlo d’uovo ed è simile a una maionese all’aglio, e la salsa usata in Spagna per le patatas bravas, fatta con pomodoro, maionese, paprika, tabasco e cumino. Nei Paesi Bassi le patatje oorlog sono ricoperte di salsa di arachidi mentre nell’Europa del Nord e nei Paesi scandinavi si usa la rémoulade, una sorta di maionese con erbe fresche, a volte con aggiunta di aceto, senape, cipolle, capperi e cetriolini.

Queste salse sono accomunate da una struttura corposa e grassa e da un sapore delicato, leggermente acidulo. Fanno risaltare il grasso e il salato delle patatine, hanno una consistenza ottimale per essere raccolte e non ne coprono il sapore.


Ketchup e simili
Il ketchup nasce come una salsa di pesce in Cina, che divenne una salsa ai funghi in Regno Unito e infine a base di pomodoro negli Stati Uniti. È diffuso in tutto il mondo insieme a condimenti simili, dolci e agrodolci. In Germania c’è una variante al curry usata nei piatti streetfood e diffusa anche in Danimarca, Belgio e Paesi Bassi. Nelle Filippine è comune il ketchup alla banana, una purea mescolata ad aceto, zucchero e spezie, in Belgio una versione a base di sottaceti proveniente dal Sud Est asiatico, dove ci sono molti tipi di ketchup piccanti e speziati. In Regno Unito e Irlanda è diffusa anche la brown sauce, con pomodori, melassa, datteri, mele, tamarindo, aceto e spezie: il sapore ricorda un po’ quello della salsa Worcestershire, agrodolce e piccante. L’elemento che accomuna queste salse è lo zucchero (il ketchup ne ha circa 4 grammi a cucchiaio): hanno la giusta acidità e un’ottima viscosità per immergerci le patatine.

A base di aceto
Sono comuni in Regno Unito e nei paesi in cui ha avuto una qualche influenza. Il più famoso è l’aceto di malto, ottenuto dalla fermentazione alcolica dell’orzo, che è il classico abbinamento per il fish&chips. Salse di questo tipo si trovano in Canada e in Sudafrica, dove si mangia il slaptjip, patatine fritte condite con sale e aceto e poi coperte per togliere via la croccantezza e ammosciarle. L’aceto solitamente copre i sapori, assorbe il fritto e obbliga a consumare le patatine rapidamente. L’accostamento però è pulito e fresco, senza aggiunta di grassi e zucchero come nelle altre due famiglie di condimenti: solo un po’ di acido per controbilanciare l’olio.

Il gravy
Il gravy è una salsa di carne che si prepara con il brodo di carne o il fondo di cottura dell’arrosto con l’aggiunta di burro e farina. È l’accompagnamento di un piatto tipico del Quebec, la poutine, che significa pasticcio: patatine fritte ricoperte di gravy (solitamente di pollo) e cheese curds, bocconcini di formaggio filante (qualcosa di simile all’italiano Galbanino). Non paghi, in Canada hanno anche la poutine italienne, dove il gravy è sostituito dalla salsa alla bolognese. In New Jersey c’è una versione simile, le disco fries, con la mozzarella. Si tratta più di piatti che di condimenti, spiega Atlas Obscura, che però dicono qualcosa di come vengono consumate le patatine nel mondo: nei climi freddi c’è l’esigenza di arricchire un piatto già grasso e calorico con salse di carne pesanti, che sono anche le uniche servite calde.

Pepe, polveri e spezie
Condire le patatine fritte con le spezie è comune in paesi come il Giappone, l’India, le Filippine. Le patatine masala indiane ricordano le curly fries americane, spruzzate con un po’ di paprika, mentre in Giappone ci sono le furu pote, patatine fritte condite sbattendole in un sacchetto con le spezie di stagione, come alghe, sesamo, zenzero e peperoncino; le vende anche McDonald’s, con il nome di “Shake Shake Fries”.

Spezie e polverine sono un modo molto efficace di aggiungere sapore: sono concentrate e disidratate,m durano a lungo e, non aggiungendo liquidi, non rendono mollicce le patatine.

Un mondo a sé
Ci sono altri piatti e condimenti unici che non ricadono nelle categorie precedenti, come per esempio le bulgare kartofi sus sirene, patate fritte ricoperte di formaggio sirene grattugiato, simile alla feta; in Perù vengono saltate in padella con striscioline di manzo nel lomo saltado, in Medio Oriente fanno da farcitura nella pita.

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In Regno Unito c’è la salsa curry, fatta con aglio, zenzero, cipolla, pasta di pomodoro e spezie: sembra un ketchup ma non è dolce e viene servito caldo. La romena mujdei è una salsa all’aglio che può ricadere nella famiglia della maionese o dell’aceto: l’aglio è pestato nel mortaio con aggiunta di olio di girasole, succo di limone e aceto. Ricorda il cubano mojo, aglio con olio di oliva, origano e succo di limone o arancia, che però accompagna la frittura di tuberi locali, come la yucca o il platano, la banana grossa e salata. In Vietnam infine le patatine fritte sono servite con accompagnamento di burro e zucchero, mettendo insieme cremosità e dolcezza e trattandole quasi come un dolce.

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