La crisi del turismo in Sri Lanka dopo gli attentati di Pasqua
Molte prenotazioni sono state cancellate e si stima che il settore turistico possa perdere 1,5 miliardi di dollari, con danni per tutta l'economia del paese
Sono passati quasi dieci anni da quando il 16 maggio del 2009 l’allora presidente dello Sri Lanka Mahinda Rajapaksa dichiarò vinta la guerra contro le Tigri Tamil, un’organizzazione militare separatista di ispirazione comunista che lottava per la creazione di uno stato indipendente nelle regioni del nord e dell’est dell’isola dello Sri Lanka. La guerra civile aveva causato fino ad allora decine di migliaia di morti, mettendo in grave crisi la stabilità del paese. Nel corso degli anni sono stati fatti grossi investimenti, e specialmente il settore turistico ha aiutato a risollevare l’economia del paese. Ad oggi, però, dopo gli attentati di Pasqua che hanno causato almeno 250 morti, tra cui decine di turisti stranieri, tutto sembra di nuovo in bilico.
Il settore turistico in Sri Lanka vale quasi 4,4 miliardi di dollari (3,9 miliardi di euro) ogni anno, contribuendo a circa il 5 per cento del PIL del paese, e si stima che nel 2018 sia stato la terza fonte di valuta estera del paese, dietro alle rimesse dei molti emigranti e alle esportazioni tessili. I turisti sono passati da circa 500mila nel 2009 a 2,4 milioni lo scorso anno, e l’aumento è andato di pari passo con quello del PIL, cresciuto dai 42 miliardi di dollari del 2009 agli 87 miliardi di dollari dello scorso anno.
Lo scorso anno Lonely Planet, la famosa casa editrice di guide di viaggio, aveva inserito lo Sri Lanka al primo posto della classifica dei posti da visitare nel 2019, definendolo un «paese rinato a nuova vita» dopo più di venticinque anni di guerra civile. Tra le principali attrazioni per cui veniva consigliato un viaggio in Sri Lanka, Lonely Planet citava i templi secolari, la fauna, le spiagge dove fare surf e una popolazione cordiale e ospitale. Al termine della guerra civile, grazie a una natura incontaminata e a 1.600 km di costa, lo Sri Lanka ha saputo proporsi come un posto in grado di competere con mete turistiche più conosciute, come la Thailandia, Bali o le Maldive. In pochi anni sono nati diversi hotel e resort di lusso per attirare i turisti di tutto il mondo, e proprio tre hotel di lusso, insieme a tre chiese, sono stati gli obiettivi dei terroristi.
La società di consulenza del settore turistico ForwardKeys ha analizzato i dati delle prenotazioni in hotel in Sri Lanka, mostrando come nella settimana successiva agli attentati siano scese in media del 186 per cento rispetto allo stesso periodo nel 2018. Prima degli attentati, le prenotazioni per luglio e agosto erano cresciute del 2,6 per cento rispetto al 2018, ma una settimana dopo, a causa delle cancellazioni, erano scese al 5,2 per cento. Intervistato da Associated Press, martedì il presidente dello Sri Lanka, Maithripala Sirisena, ha cercato di rassicurare i turisti dicendo che il paese ora è un posto sicuro e che il «99 per cento dei terroristi è stato arrestato», ma nei giorni successivi agli attacchi le autorità avevano parlato del rischio di nuovi attentati, causando cancellazioni di voli e di prenotazioni in hotel.
I timori che il settore turistico non riesca a riprendersi dalla crisi seguita agli attentati sono molto elevati e alcuni albergatori come Mark Maurice, proprietario del Bunky Monkey Hostels di Colombo, stanno anche pensando di chiudere l’attività, preoccupati che le conseguenze degli attentati di Pasqua possano essere peggiori di quelle della guerra civile. La paura che possano esserci conseguenze negative sull’arrivo di turisti non riguarda solo chi ha un hotel a Colombo o nelle vicine zone costiere colpite dagli attentati, ma gli albergatori di tutto il paese: è il caso di Vickum Nawagamuwage, proprietario del Santani Resort, un hotel di lusso nelle montagne della provincia Centrale dello Sri Lanka, che ha subito la cancellazione del 70 per cento delle prenotazioni per la settimana dopo Pasqua.
Gli albergatori intanto stanno facendo pressioni sul governo perché offra sostegni economici che possano mantenere a galla l’industria turistica, hanno aumentato le misure di sicurezza e, in alcuni casi, hanno introdotto l’uso di cani capaci di fiutare la presenza di esplosivo nelle camere. Secondo Sanath Ukwatte, presidente dell’associazione degli albergatori dello Sri Lanka, prima degli attentati gli hotel erano pieni al 70 per cento, mentre adesso lo sono al massimo al 10 per cento. «Funziona tutto per ora, ma non ci sono clienti» ha detto al New York Times, stimando per quest’anno una perdita totale di 1,5 miliardi di dollari per il settore (circa 1, 3 miliardi di euro).