Il New York Times contro l’Aperol Spritz
Lo ha stroncato definendolo «non un buon cocktail», provocando un piccolo dibattito online e spingendo altri a prenderne infervorati le difese
Il New York Times, che la scorsa estate aveva raccontato come l’Aperol Spritz stesse diventando la bevanda dell’estate, ha pubblicato un articolo per stroncare il popolare aperitivo di origine veneta a base di bitter Aperol, prosecco e seltz. L’articolo non si riferisce tanto al cocktail di per sé, quanto alla sua versione che accompagna all’Aperol un prosecco spesso dozzinale: cioè quella più diffusa negli Stati Uniti, dove la bevanda è diventata molto popolare anche grazie a una recente massiccia campagna promozionale del Gruppo Campari, la società italiana che possiede Aperol. L’articolo del New York Times ha suscitato molte risposte negative sui social network, raccolte dal blog di cibo del New York Magazine in un pezzo in difesa dell’Aperol Spritz.
«L’Aperol Spritz non è davvero buono. (…) Servito in grossi bicchieri da vino brandizzati, l’aperitivo zuccheroso è accompagnato da prosecco di bassa qualità, acqua frizzante e una fetta d’arancia, e il risultato sembra un Capri Sun dopo un allenamento di calcio. Non in un senso buono», ha scritto la giornalista Rebekah Peppler, citando una popolare marca statunitense di concentrati di frutta.
Le origini dello spritz risalgono probabilmente all’Ottocento, quando i soldati austriaci in Veneto cominciarono ad allungare il vino bianco con acqua frizzante e seltz. Nei primi decenni del Novecento, poi, a Venezia si cominciò ad aggiungere l’Aperol, una bevanda alcolica inventata nel 1919 a Bassano del Grappa (Vicenza) dai fratelli Barbieri, Luigi e Silvio. La ricetta dell’Aperol è segreta, e prevede l’infusione in alcol di più di trenta ingredienti, tra cui arance, radici, erbe, vaniglia e rabarbaro, che conferisce il sapore amaro, bitter. A partire dagli anni Cinquanta il cocktail Aperol Spritz diventò popolare come aperitivo in tutto il Veneto, ma la sua grande diffusione in tutta Italia arrivò molto più tardi, sostanzialmente dopo che Campari acquisì Aperol nel 2003. Nella sua versione tradizionale, l’Aperol Spritz è composto da tre parti di prosecco, due di bitter e una di seltz.
Negli ultimi anni, per via di alcune azzeccate campagne pubblicitarie e di un’attiva promozione sui social network, l’Aperol Spritz si è diffuso pian piano all’estero, per il suo grado alcolico poco impegnativo, il suo gusto leggero e il suo colore acceso (e molto efficace su Instagram). Nel 2016 i baracchini e i veicoli che distribuivano Aperol Spritz e lo pubblicizzavano con il distintivo logo arancione hanno iniziato a diffondersi a New York, dove negli ultimi anni ha cominciato a essere servito in sempre più locali.
Secondo Peppler, però, la versione dell’Aperol Spritz che si trova negli Stati Uniti contiene generalmente un prosecco di scarsa qualità, come le ha confermato anche Natasha David, proprietaria di un cocktail bar di New York. Le critiche di Peppler riguardano comunque anche lo stesso Aperol: il cocktail riesce meglio sostituendolo con un bitter diverso oppure con un vermouth, cioè il popolare vino aromatizzato nato a Torino alla fine del Settecento. «Se alla fine il vostro drink sa di vitamine per bambini, è sbagliato, e preannuncia a breve un hangover».
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Dopo le molte critiche ricevute dall’articolo del New York Times, il sito di ristoranti e cibo Grub Street ha commentato:
«Sentite, Grub non è qui per dirvi che l’Aperol Spritz è il migliore drink che ci sia, e nemmeno che è il migliore drink estivo. Alcuni di noi preferiscono altri spritz. E sì, la sua attuale popolarità è il prodotto del marketing di una grande azienda. Ma è un buonissimo cocktail, si beve facilmente, e non ti provoca un doposbronza traumatico come un gin tonic. Del resto è la stagione delle bevute diurne»
Il Washington Post, intervenuto a sua volta nel dibattito, ha notato che la stessa Peppler, autrice della stroncatura da cui è nato il dibattito, in passato aveva elogiato l’Aperol e il Campari in un suo libro intitolato Apéritifs. Ha ricordato come fosse stato proprio il pezzo uscito sull’Aperol Spritz l’anno scorso sul New York Times a certificare il successo della bevanda negli Stati Uniti, dando conto peraltro del fatto che tra il 2017 e il 2018 le vendite negli Stati Uniti fossero cresciute del 50 per cento. Il pezzo di Peppler, suggerisce il Washington Post, potrebbe avere alla fine un effetto contrario alle intenzioni: spingere molte persone a farsi o a ordinare un Aperol Spritz, «per solidarietà o per pura curiosità».