Storie di traduzioni di film
Curiosità, sfide non facili, successi e grandi trovate (come lupo ululà), ma anche errori grossolani (il silicone non è il silicio)
«Grazie amico», «dacci un taglio», «dì un po’», «ci puoi scommettere», «dannazione». Sono tutte parole o locuzioni del doppiese (o doppiaggese): la lingua, spesso un po’ di plastica, che si parla nei film tradotti in italiano. Questo sarebbe il momento per le considerazioni sul valore di un film in lingua originale, sull’utilità del doppiaggio, sulla “grande scuola dei doppiatori italiani”, ma ve le risparmiamo: qualcuno guarda film in inglese perché non sopporta l’italiano, qualcun altro li guarda in italiano perché trova ostico l’inglese e faticosa la lettura dei sottotitoli, in qualsiasi lingua siano scritti.
Al posto delle considerazioni generali abbiamo scelto un po’ di casi specifici di traduzioni cinematografiche (e solo in un caso di una traduzione televisiva) dall’inglese all’italiano, in cui i traduttori si sono trovati a dover gestire situazioni particolari o peculiari. A volte se la sono cavata con ottimi risultati, in altre situazioni hanno avuto un po’ più di problemi. Ma, ehi amici: diamoci un taglio e iniziamo a vedere il primo caso, dannazione.
Cosa fanno gli Avengers?
Per cominciare e scaldarsi, un caso recente (e senza spoiler) da uno dei trailer di Avengers: Endgame. Nel trailer in lingua originale, Tony Stark dice: «We’re the Avengers. We’re gonna finish this» (“siamo gli Avengers [letteralmente i vendicatori]. Finiremo questa cosa”).
In italiano la frase è invece: «Siamo gli Avengers. Noi vendichiamo, non preveniamo».
Nella frase originale non sembrano esserci motivi che rendano impossibile o inadeguata una traduzione più letterale e nel trailer la frase è detta mentre chi la pronuncia non è nemmeno inquadrato: non c’era quindi bisogno di coordinare la frase doppiata al tempo di movimento della bocca (che è uno dei problemi principali, spesso). Forse, chi si è occupato della traduzione ha semplicemente scelto di calcare la mano sul fatto che gli Avengers siano i Vendicatori. Tutto questo per dire che tra le versioni originali e quelle doppiate ci sono spesso evidenti differenze e che le cause sono raramente chiare. Si possono fare ipotesi e considerazioni, però.
Lupo ululà
Se già nascono questioni riguardo a una frase come «we’re gonna finish this», figuratevi voi i problemi che ci possono essere nel tradurre giochi di parole. È il caso del film Frankenstein Junior. Gli esempi sono molti, ma basta quello del «lupo ululà». La scena, famosissima, è riuscita a rendere in italiano un gioco di parole tra la parola inglese werewolf (“lupo mannaro”) e la domanda “where wolf?” (“dov’è il lupo?”). Per chi non ha visto Frankenstein Junior, si capisce tutto dal video.
In inglese, è così:
Il drugo e i drughi
Come spiega il blog Doppiaggi italioti sono considerati buoni esempi di traduzioni cinematografiche anche quelle fatte per Il grande Lebowski e per Arancia Meccanica (film comunque tratto da un romanzo). Nel primo caso c’erano da tradurre un linguaggio particolarmente diretto e vivace senza farlo sembrare staccato dai personaggi, nel secondo bisognava rendere il Nadsat, una lingua artificiale, ideata da Anthony Burgess (l’autore del romanzo Arancia Meccanica), fatta mischiando un po’ di inglese un po’ di russo. Nel romanzo inglese i protagonisti (Alex e i suoi amici) si chiamano droogs, che nella versione italiana del romanzo divenne “soma”. Nel film di Stanley Kubrick i droogs del romanzo rimasero droogs nella versione originale del film; ma in italiano i “soma” divennero i “drughi”. Anni dopo, nella pellicola dei fratelli Coen, si decise che non c’erano problemi nel far diventare “Drugo” il grande Jeffrey Lebowski, che in inglese è per tutti “The Dude” (un modo informale per dire “tizio”, ma anche un modo con cui rivolgersi a un caro amico).
Quoti e fulminatori
In molti casi chi traduce sceglie di tradurre anche i nomi dei personaggi, o meglio di renderli più facili e piacevoli da pronunciare e sentire in italiano. È pieno di esempi, sia nella letteratura (Albus Dumbledore che diventa Albus Silente, nelle storie Harry Potter) che nel cinema. Nel primo Guerre Stellari si scelse ad esempio di trasformare Darth Vader in Darth Fener, e, giusto per dirne alcuni, la principessa Leia nella principessa Leila, Han Solo in Ian Solo, il droide R2-D2 nel droide C1-P8. C’è poi la temibile arma Death Star, che sarebbe la Stella Mortale, e in italiano è invece sempre stata la Morte Nera: un nome diverso, che però si ritenne essere più di effetto.
Sempre nel primo film della trilogia originale di Star Wars a un certo punto Luke Skywalker e Ben (cioé Obi-Wan Kenobi) parlano di alcune guerre. In inglese è la «Clone Wars» e in italiano si scelse di farla diventare la «Guerra dei Quoti»: una sola (anziché più, con dei Quoti al posto dei Cloni). Allora, a fine anni Settanta, di clonazione si parlava pochissimo, ma non è comunque chiaro perché si scelse di parlare di “quoti” (un termine matematico). Nel 2002 poi uscì il film Star Wars: Episode II – Attack of the Clones, giustamente diventato Star Wars: Episodio II – L’attacco dei cloni.
Sempre Star Wars, e sempre il primo film della trilogia originale, contiene anche questa frase: «È la spada laser di tuo padre. Questa è l’arma dei cavalieri Jedi. Non è goffa o erratica come un fulminatore». Traduzione un po’ troppo letterale dell’inglese “Your father’s lightsaber. This is the weapon of a Jedi Knight. Not as clumsy or random as a blaster“. “Random” si può tradurre in molti modi diversi da “erratica”: “casuale”, “arbitraria”, “imprecisa”; e “blaster” poteva essere lasciato così, ma forse “fulminatore” ha un suono ancora più di fantascienza.
Il silicone e il nitrogeno
Il silicio è un elemento chimico, molto abbondante nella crosta terrestre e indispensabile per i nostri dispositivi tecnologici: è la base dei semiconduttori. Il silicone è un polimero fatto di di «silossani organici costituiti da catene di atomi di ossigeno e silicio alternati». In inglese il silicio è il silicon mentre il silicone è il silicone (la nota Silicon Valley è infatti la valle del silicio, data l’importanza di questo elemento per l’industria tecnologica). La somiglianza è stata causa di diversi errori, i più noti sono quelli nella serie tv Star Trek, in cui spesso Spock e compagni parlavano di silicone, mentre nella versione originale parlavano invece di silicio.
Sempre nell’ambito della chimica, in Alien (e non solo) si parla di «nitrogeno», versione italiana della parola nitrogen, che in Italia andrebbe più semplicemente tradotta come “azoto” (dal latino “nitrogenum“). Un errore molto simile, sempre di traduzione di cose che c’entrano con la chimica, si trova spesso sui giornali: carbon in inglese non è il carbone, ma il carbonio, che pur essendo meno usato nel discorso quotidiano è uno degli elementi principali di cui siamo fatti.
August Strindberg e Willie Mays
Li conoscete, i due nomi qui sopra? Se no, il primo è un drammaturgo svedese noto per posizioni particolarmente misogine e il secondo un giocatore di baseball. Entrambi sono menzionati in Manhattan, il film di Woody Allen che ha da poco compiuto quarant’anni. Il personaggio di Allen a un certo punto cita August Strindberg dicendo: «You shouldn’t ask me for advice. When it comes to relationships with women, I’m the winner of the August Strindberg Award». Vuol dire: “non chiedere consigli a me, quando si parla di relazioni con le donne, sono il vincitore del premio August Strindberg”.
Si pensò che in Italia il riferimento non sarebbe stato colto e allora la frase divenne «Senti, non dovresti consigliarti con me quando si tratta di rapporti con le donne. Io sono il vincitore del premio Sigmund Freud». Allo stesso modo, Allen cita Willie Mays tra le cose per cui secondo lui vale la pena vivere. In Italia il baseball non era però famoso come negli Stati Uniti e allora si scelse il nome dell’unico giocatore di baseball famoso anche in Italia: Joe DiMaggio (che fu anche marito di Marilyn Monroe).
Un errore più grave
Nel film del 2008 The Millionaire (titolo italiano di Slumdog Milionare e basato sul quiz televisivo noto in Italia come Il milionario) a un certo punto c’è una scena drammatica e qualcuno vuole prendere due bambini musulmani e dice: «They’re Muslims, get them» (“Prendeteli, sono musulmani”). Si tratta cioè di una folla di indiani indù che vuole prendere due bambini musulmani. Ma in Italia la frase diventò: «Aiuto, sono musulmani, scappiamo». Fu un errore evidente, anche – ma non solo – ai fini della comprensibilità della scena. Un semplice errore nella traduzione di una sola frase – nemmeno particolarmente rilevante ai fini generali del film – cambiò radicalmente il significato di una scena. E, soprattutto, creò problemi di altro tipo, che niente avevano a che fare con la trama del film. La Lucky Red, la casa che distribuì il film in Italia, se ne scusò.
Tre pomodorini camminano per strada
A un certo punto di Pulp Fiction, Mia Wallace racconta una battuta a Vincent, lo scagnozzo di suo marito Marsellus (che tra l’altro parla un ottimo italiano in italiano e un inglese molto slang in inglese). Per sdrammatizzare dopo essere quasi morta di overdose, Mia racconta una barzelletta, una freddura con un gioco di parole finale. È una battuta su una cosa che un “papà pomodoro” dice a un suo figlio “pomodorino”. In inglese gli dice «catch up», che vuol dire “tieni il passo”, ma che suona come “ketchup”. In italiano è stata mantenuta una battuta simile, sempre a tema pomodori. Come forse ricorderete, nello sgridare il figlio pomodorino che si attarda per strada, papà pomodoro gli dice: «Fai il concentrato».
La lattuga di Bulli e pupe
Bulli e pupe è una commedia musicale del 1955, in cui i protagonisti parlano una specie di slang giovanile. Quando uscì il film, in Italia un gergo di quel tipo non esisteva ancora – o almeno non era sufficientemente diffuso da poter essere usato – e si dovette quindi in parte inventare una nuova lingua. Ci si provò (una cosa di per sé non scontata) e in parte ci si riuscì: anche se nell’italiano del film restano comunque alcune parole che suonano un po’ impostate.
Come spiega Patrizia Giampieri nel libro La traduzione cinematografica, capita che un personaggio (Nathan) dica cose come «sono contrito» e, poco dopo, una frase come «ci ho la lattuga per giocare», dove lattuga vuol dire “soldi” ed è una traduzione di dough (parola inglese per dire pasta o impasto ma che si usa anche in quei casi in cui in italiano diremmo “la grana”, intesa come i soldi). Anche il solo titolo tradotto Bulli e pupe è comunque una buona traduzione del titolo originale Guys and Dolls. Come scrive Giampieri, il film «rappresenta un primo esperimento di linguaggio di strada in un’epoca in cui si imitavano ancora i dialoghi teatrali».
«Ti piacciono i coni?»
In generale una delle difficoltà principali quando si traduce dall’inglese è adattare uno slang. È il caso del cockney, la parlata associata a chi vive nei quartieri popolari di Londra, ma anche di ogni singolo dialetto americano o inglese. Capita a volte che uno slang che in inglese è sempre il cockney, in italiano venga di volta in volta adattato in modo diverso. Per esempio parlano cockney sia la protagonista di My fair Lady (un film che racconta la storia di uomo che si propone di trasformare una popolana in una dama dell’alta società) che alcuni protagonisti di Snatch – Lo strappo (un vivace film di gangster, pugili, zingari, pugilato, rapine e scommesse illegali), in cui c’è anche una lingua quasi-inventata: «Il patto era: “te la pruzzi com’è”», dice a un certo punto il personaggio interpretato da Brad Pitt. Frase che in quella strana lingua significa «il patto era: “te la prendi com’è”».
Quando si ha a che fare con dialetti e parlate particolari, a volte si inventano frasi e parole, altre volte si scelgono dialetti italiani, come nel caso dei Simpson in cui – per dirne uno – il bidello Willie è scozzese in inglese e sardo in italiano (e dice pure «Forza Gigi Riva»). In altri casi accenti molto marcati nell’originale (come in Trainspotting), in italiano semplicemente spariscono.
I palloncini galleggiano e i bluesmen suonano le arpe
Qualche errore noto, ora, forse dovuto a traduzioni fatte un po’ di fretta (spesso i tempi della traduzione e del doppiaggio sono infatti molto tirati, una problematica che le agenzie di traduzione professionali risolvono avvalendosi di memorie di traduzione per velocizzare i tempi di consegna). In It il pagliaccio cattivo adesca il povero Georgie dicendogli che ci sono dei palloncini ( e dello zucchero filato, e tante altre cose) che “galleggiano”. Il verbo inglese è “to float” e forse sarebbe stato meglio scegliere altri verbi, ad esempio “fluttuano”.
Nei Blues Brothers, Elwood ricorda a Curtis quando quest’ultimo suonava l’arpa in cantina. In realtà in inglese si parla di una “harp”, che in italiano è una armonica. È un errore di traduzione di uno di quelli che a scuola i professori segnalano come “false friends”.
Altri errori comuni riguardano la traduzione un po’ troppo letterale di frasi come “God bless you” (“salute!”, più che “dio ti benedica”). Succede, tra gli altri casi, in Jurassic Park.
Tradurre l’italiano in italiano
In alcuni casi, come nel Padrino o in Bastardi senza gloria, arriva il momento in cui nel film originale qualcuno parla in italiano. Quasi sempre si traduce la scena, dall’italiano della versione inglese all’italiano per italiani. Le ragioni cambiano di caso in caso, ma in genere lo si fa cambiando anche qualche parola e spesso quello che per gli americani è italiano per gli italiani diventa siciliano. Ci sono poi anche interessanti situazioni in cui l’italiano deve essere sostituito con un’altra lingua. Nella versione italiana di Un pesce di nome Wanda, la protagonista si eccita sentendo parlare spagnolo; nella versione originale si eccita sentendo parlare italiano.
Il mattino ha l’oro in bocca
È la frase, molto famosa, che scrive ossessivamente Jack Torrance in Shining. Non ha niente a che fare con la frase inglese «All work and no play makes Jack a dull boy», ma l’importanza della frase è rendere l’ossessione del protagonista, nient’altro. Stanley Kubrick, il regista, sapeva però quanto fosse importante e quindi già sul set girò una scena con la scritta inglese e una con le scritte in italiano, in francese e in tedesco. Per la troupe, si trattò probabilmente di un paio d’ore di lavoro in più. Per il film, e per chi lo produsse, fu un ottimo investimento. Perché la frase italiana («Il mattino ha l’oro in bocca») è certamente più efficace, in Italia, rispetto alla traduzione letterale «Troppo lavoro e niente divertimento rendono Jack un ragazzo noioso», associata però a una scritta in inglese.
- «Was Du heute kannst besorgen, das verschiebe nicht auf Morgen» (Non rimandare a domani quello che puoi fare oggi)
- «No por mucho madrugar amanece más temprano» (Anche se ti alzi più presto, non farà giorno prima)
- «Un “Tiens” vaut mieux que deux “Tu l’auras”» (Un «Tieni» vale più di due «Avrai»)
È quasi impossibile, con la sola traduzione, migliorare un film girato in una lingua straniera. Ma è molto facile, con una traduzione sbagliata, peggiorarlo. Fare una buona traduzione non è semplice né banale, soprattutto quando si usa un linguaggio specialistico. Il cinema – e le serie tv – non devono solo comunicare informazioni. Molto spesso servono a spiegare contesti, descrivere personaggi, evidenziare emozioni. Un errore sulla traduzione di un termine tecnico fa arrabbiare qualche spettatore e, se molto grande, viene ricordato per decenni. Un dialetto tradotto o adattato male, un concetto spiegato con le parole sbagliate o un gergo che non sembra appartenere al personaggio che lo usa, possono addirittura rovinare un film.
Per questo le traduzioni sono importanti e ci sono professionisti specializzati a occuparsene. Ad esempio, in Italia, Global Voices: un’agenzia di traduzione e interpretariato professionale che offre servizi di traduzione professionale specifici per settori aziendali diversi, come quello cinematografico. Numerosissime sono le lingue da cui e in cui traduce: più di 160.
Se vi serve un servizio di traduzione o un interprete, potete chiedere un preventivo per la traduzione direttamente online.
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