L’adunata degli alpini a Milano, e altre storie
Si terrà tra qualche giorno: l'anno scorso a Trento non era andata molto bene
Dal 10 al 12 maggio a Milano ci sarà l’adunata nazionale degli alpini, arrivata alla sua novantaduesima edizione. La scelta, dice l’associazione che li rappresenta, «ha un significato profondo» poiché si svolgerà nel centenario della fondazione dell’associazione stessa, «che nacque proprio nel capoluogo lombardo l’8 luglio 1919». Le adunate degli alpini si fanno notare, nelle città in cui avvengono: sono molto visibili e secondo molte persone anche piuttosto invasive.
Gli alpini e l’adunata
Gli alpini sono le truppe da montagna dell’esercito italiano. Vennero costituiti nell’ottobre del 1872 per proteggere, almeno all’inizio, i confini montani settentrionali dell’Italia con Francia, Impero austro-ungarico e Svizzera, ma quasi da subito vennero inviati in Africa per combattere le guerre coloniali del Regno d’Italia, per poi conquistare la Libia durante la guerra italo-turca, nell’autunno del 1911, e di nuovo durante il fascismo per la guerra d’Etiopia. Durante la Prima guerra mondiale furono invece impiegati al confine nord-est con l’Austria-Ungheria e durante la Seconda guerra mondiale combatterono a fianco delle forze dell’Asse principalmente nei Balcani e sul fronte orientale.
L’associazione nazionale alpini (ANA) nacque alla fine della Prima guerra mondiale (l’8 luglio del 1919) da un gruppo di reduci che si incontrarono alla Birreria Spatenbräu di via Foscolo, a Milano. In quell’occasione nacque anche il giornale l’Alpino, che esiste ancora. Nel settembre del 1920 venne organizzata la prima adunata nazionale sul Monte Ortigara, in provincia di Vicenza, dove nel 1917 si era svolta una battaglia in cui morirono migliaia di soldati. «Da allora l’Ortigara divenne», dicono gli alpini, «il simbolo del sacrificio umano, vera e propria cattedrale naturale». Lì si trova una colonna spezzata con scritto sopra “per non dimenticare”, posta durante il primo ritrovo nel 1920 da alcuni superstiti. Alla prima adunata ne seguirono altre: gli incontri vennero interrotti per sette anni durante la Seconda guerra mondiale, e nell’ottobre del 1948 ricominciarono da Bassano del Grappa, in Veneto. Dopo la sosta del 1950, anno del Giubileo, ripresero senza più sospensioni.
Ogni adunata nazionale – in soldoni, un grande raduno di soldati, ex soldati, simpatizzanti e volontari – ha un suo motto, scelto dal consiglio direttivo nazionale, che diventa il tema della manifestazione e degli eventi dell’associazione durante tutto l’anno. Alcuni motti degli anni passati: “I valori della montagna e l’alpinità” (Catania, 2002); “I valori dei padri: amicizia, fratellanza, responsabilità per una Patria migliore” (Bolzano, 2012); “Per gli Alpini non esiste l’impossibile” (Trento, 2018). Per Milano 2019, il motto è: “100 anni di coraggioso impegno”. La città dell’adunata viene scelta dall’associazione nazionale tra quelle che si sono candidate. Quest’anno Milano ha vinto il ballottaggio con Matera. Oggi l’associazione nazionale alpini conta quasi 350 mila soci, in Italia ci sono 80 sezioni e altre 30 si trovano in vari paesi del mondo.
L’adunata di Milano durerà tre giorni e prevede vari momenti rituali: l’alzabandiera, la deposizione della corona ai caduti, omaggi floreali ai monumenti dell’alpino, sfilate e concerti di cori e fanfare, tra le altre cose.
Le regole di buon comportamento
Sul sito dell’ANA si trova anche un decalogo dell’adunata, con le regole di buon comportamento che dovrebbe rispettare chiunque decida di partecipare. I “comandamenti”, come vengono chiamati, sono dieci: il labaro, cioè l’insegna militare, deve essere salutato da tutti; durante la sfilata va tenuto il passo scandito dalle fanfare e non ci si deve muovere «tipo gregge», cosa «che non onora la sezione»; non si possono portare trabiccoli (cioè veicoli addobbati in modo strano e spesso con damigiane di vino, molto presenti in realtà anche alle adunate del recente passato); e i famosi cappelli con la piuma vanno rispettati («sia fatto togliere ogni ammennicolo che li rende ridicoli cenci»).
Poi ci sono una serie di norme di comportamento scritte in modo piuttosto creativo: hanno a che fare con i comportamenti violenti, con l’ubriachezza e con il «rispetto del gentil sesso»:
«Si convincano i propri associati che i comportamenti violenti non devono in alcun modo entrare nella nostra Associazione. Portare il cappello alpino non autorizza alcuno a sentirsi superiore agli altri, anzi! Chi si dovesse macchiare di questa colpa dovrà essere subito espulso dalla Sezione.
Uno degli spettacoli più rivoltanti è offerto da quanti alzano il gomito. L’ubriachezza è uno dei vizi peggiori dell’uomo: degrada e svilisce l’individuo compromettendone la dignità personale. Occorre condurre un’assidua campagna per convincere i riottosi che il bere in eccesso non ha mai reso l’alpino più alpino.
(…)
Rispetto per il sonno altrui: non si capisce perché le notti, soprattutto di sabato, molti si sentano autorizzati a infastidire il prossimo con urla, canti sguaiati, trombette e rombi di motore fino alle prime luci dell’alba. Sono manifestazioni di pura stupidità, non di alpinità.
Rispetto per il gentil sesso: il comportarsi male con loro, unito a sguaiataggini varie, trasforma l’adunata in un baccanale».
Effettivamente
Le regole rispecchiano in effetti comportamenti che si sono visti molto spesso durante le adunate, a cui partecipano centinaia di migliaia di persone, soprattutto in riferimento alle molte persone molto ubriache in giro per la città, e a iniziative laterali discutibili. Il caso dell’adunata di Trento dello scorso anno, per esempio, è finito sui giornali nazionali.
Uno degli eventi in programma era la serata dedicata a “Miss Alpina bagnata”. L’invito era: “bagna con la birra la tua alpina preferita”. Il movimento femminista Non Una di Meno, attivo anche con un nodo territoriale trentino, aveva fin da subito denunciato la cosa, pubblicando poi sulla propria pagina Facebook decine di testimonianze di donne che durante i tre giorni dell’adunata erano state molestate: «Non me ne vado finché non mi dai un bacio», «Dai fammi vedere il culo, non crederai mica che non te lo guardi nessuno», «Puoi vestirti provocante e fare una sorpresa al mio amico?», «Ma siete anche puttane per caso?» e così via.
Le attiviste, per la loro denuncia, erano state a loro volta oggetto di attacchi sessisti molto violenti. I dirigenti dell’ANA, dalle pagine dei giornali, avevano inizialmente smentito le parole delle donne che avevano raccontato le molestie subite e avevano minacciato querele nei confronti delle attiviste che le avevano portate all’attenzione pubblica. Qualche giorno dopo, a seguito del moltiplicarsi delle testimonianze, l’ANA aveva pubblicato un comunicato in cui, finalmente, esprimeva solidarietà alle donne che avevano subito violenza fisica e verbale durante il raduno.