Il problema dei ristoranti rumorosi, e come risolverlo
Con app di recensioni apposite, per evitarli, oppure rinunciando a certi materiali quando si progettano i nuovi locali
Il menu è delizioso, l’arredamento confortevole, il servizio rapido e la distanza da casa accettabile: eppure finite per preferire a questo un altro locale dai piatti meno gustosi, dai camerieri meno gentili ma dall’acustica migliore. Mangiare in un locale non troppo rumoroso e che permetta di chiacchierare è un aspetto fondamentale ma a cui i ristoratori fanno spesso poca attenzione, che si tratti della musica di sottofondo troppo alta (o sbagliata, come raccontavamo qui) o della progettazione stessa del locale, che non assorbe abbastanza i rumori e anzi li amplifica. D’altra parte anche un ristorante troppo silenzioso può essere un problema: ci si sente a disagio e ci si preoccupa che i vicini ascoltino le conversazioni.
Come scrive il sito di gastronomia Eater, negli ultimi anni la situazione nei locali statunitensi è peggiorata e molti critici gastronomici hanno iniziato a segnalare nelle loro recensioni anche la rumorosità dei locali: il primo a farlo sistematicamente fu nel 2008 Tom Sietsema sul Washington Post, seguito da Ryan Sutton, allora a Bloomberg; dal 2013 Robert Sietsema, il critico di Eater, si serve di una app per misurare con lo smartphone i decibel dei posti dove va. Nel 2017 Gregory Scott, che ha un problema di udito e faceva fatica a sentire qualcosa nei ristoranti, fondò SoundPrint: una app che permette di misurare i decibel di bar e ristoranti, recensirli in base al rumore e consigliare quelli più silenziosi (al momento ne ha raccolti più di 60 mila).
I ristoranti sono luoghi rumorosi di per sé, tra l’aria condizionata, i frigoriferi, le macchine del caffè, lo spadellare in cucina, il clangore delle posate sui piatti e il brusio dei clienti che, se non ci si sente bene, aumenta di volume. La situazione è però peggiorata da alcune mode estetiche recenti tra cui, segnala Eater, soffitti troppo alti che aumentano il volume della stanza, e cucine a vista che intrattengono i clienti e li rassicurano sulla qualità dei piatti ma peggiorano quella della conversazione.
Anche secondo Richard Vivian, direttore dell’azienda di consulenza sull’acustica Big Sky Acoustics, il design dei ristoranti moderni «con superfici lisce e pulite e linee rettangolari» non aiuta. Julian Treasure, capo di Sound Agency, un’agenzia che aiuta i locali a migliorare l’acustica, spiega che «è raramente tenuta in conto nella progettazione dei ristoranti e si finisce con locali non adatti. […] Gli architetti moderni e i designer di ristoranti amano le superfici dure – mattoni, pietra, acciaio, vetro – che però riflettono quasi tutti i suoni che li colpiscono rendendo la sala più rumorosa e meno piacevole».
Oltre che per i clienti, poi, il trambusto di un locale è un disagio anche per chi ci lavora. L’agenzia statunitense che si occupa di salute e di sicurezza sul lavoro ha stabilito che per un turno di otto ore l’esposizione al rumore non deve superare gli 85 decibel, quando di media nei ristoranti di New York il livello si aggira tra gli 85 e i 90 decibel.
Gli esperti di acustica possono dare un po’ di consigli, per esempio su quali materiali usare per contenere il rumore: tappeti, tappezzeria e pannelli assorbenti. Luisa Collina, Preside della Scuola del Design al Politecnico di Milano, ha spiegato al Post che «vanno evitate le scelte di materiali poco fonoassorbenti quale cemento a vista, resine, acciaio, vetrate, specchi, marmi» e usati invece «materiali tessili, il legno, oltre ai pannelli progettati ad hoc»; per evitare l’effetto eco bisogna fare attenzione al pavimento, alle pareti e soprattutto al rivestimento del soffitto.
Secondo Collina «la cucina a vista non impatta molto sul rumore ma certamente impatta, oltre ai materiali, la configurazione della sala o delle sale, e la disposizione dei tavoli». A «grandi sale unitarie con tavoli densi, composti da singoli moduli quadrati» andrebbero preferiti «tavoli più conviviali, quadrati, rotondi o ovali» che diminuiscono la distanza tra i commensali, che andrebbero distribuiti «in modo un po’ rado magari con degli elementi di separazione che articolano lo spazio e che assorbono i rumori».
Un locale da prendere a esempio, scrive Eater, è Comal a Berkeley, fondato da John Paluska e Andrew Hoffman. Si sono rivolti all’agenzia Meyer Sound Laboratories che ha inventato un sistema, Constellation, che permette di controllare e modificare il chiasso di un locale dall’iPad, attraverso una combinazione di altoparlanti, materiali assorbenti, microfoni e tecnologia digitale. Meyer Sound ha installato 123 altoparlanti e microfoni che trasmettono il suono a un computer, dove viene digitalmente processato e poi diffuso nuovamente in base alle istruzioni dei proprietari, che possono quindi decidere di diminuirlo nelle zone con più trambusto o aumentarlo in quelle più silenziose. Si tratta di un esperimento che l’azienda vorrebbe replicare; il costo varia in base al locale e può andare dai 10 mila ai 100 mila dollari.
A Milano Collina consiglia il ristorante Pisacco, in via Solferino: «i tavoli nel seminterrato hanno un rivestimento fonoassorbente sul fronte rivolto verso il pavimento. Un modo per migliorare le prestazioni acustiche senza rovinare l’immagine contemporanea e poco leziosa del locale».
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Un buon esempio all’estero, dice Collina, è Georges, il ristorante all’ultimo piano nel centro Pompidou di Parigi «che ribilancia le grandi vetrate panoramiche con delle grandi capsule destinate ad alcuni tavoli privilegiati: una soluzione che offre contemporaneamente due diverse esperienze alternative, la vista sulla città (accompagnata da un po’ di rumore) o un’atmosfera più intima e silenziosa».
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