Una nuova crisi per il governo britannico
Stavolta Brexit non c'entra: Theresa May ha licenziato il segretario alla Difesa accusandolo di aver diffuso materiale coperto da segreto, lui dice di essere innocente
Da ieri il governo britannico guidato da Theresa May sta vivendo un nuovo periodo di tensione a causa della decisione di licenziare il segretario alla Difesa, Gavin Williamson. La lista dei membri del governo May che si sono dimessi o sono stati licenziati si è allungata a una cinquantina di persone – fra cui 11 segretari – cosa che secondo alcuni osservatori dimostra il notevole logoramento subito dal governo sin dal momento della sua entrata in carica, nel giugno 2017.
Williamson, che ha 42 anni ed era considerato molto vicino a May, è stato accusato da un’indagine interna al governo di avere diffuso i dettagli di un incontro del consiglio di sicurezza nazionale tenuto a fine aprile, in cui si era discusso del coinvolgimento dell’azienda cinese Huawei nella costruzione della rete cellulare 5G nel Regno Unito. Negli ultimi mesi diversi paesi occidentali stanno discutendo dell’opportunità di collaborare con Huawei, una delle aziende più importanti al mondo nel settore delle telecomunicazioni, per via dei suoi stretti legami col governo cinese, che secondo alcuni analisti ne detiene informalmente il controllo.
Le informazioni che Williamson avrebbe diffuso sono piuttosto imbarazzanti per May: nei giorni successivi all’incontro, che si è tenuto il 23 aprile, diversi giornali hanno scritto che la prima ministra ha insistito per continuare a collaborare con Huawei per costruire sezioni “non essenziali” della rete 5G britannica. May avrebbe preso questa decisione contro il parere di diversi importanti membri del suo governo, fra cui il segretario agli Esteri, Jeremy Hunt, e quello dell’Interno, Sajid Javid.
Sia il Guardian sia BBC hanno scritto che nel giorno dell’incontro, Williamson ha parlato col giornalista politico del Telegraph Steven Swinford; nessuno dei due però ha confermato che Williamson avrebbe rivelato a Swinford i contenuti dell’incontro, che sono spesso coperti dal segreto di stato.
In un incontro organizzato mercoledì sera fra May e Williamson, la prima ministra ha detto a Williamson di avere le prove della sua colpevolezza, e gli ha proposto di dimettersi. Williamson però ha rifiutato, negando tutte le accuse, e a quel punto May ha deciso di licenziarlo. In una lettera aperta diffusa poco dopo l’incontro, May ha scritto che non esiste nessun’altra versione credibile oltre a quella che coinvolge Williamson. Parlando coi giornali dopo il suo licenziamento Williamson ha criticato il responsabile dell’indagine interna nei suoi confronti – il consigliere alla sicurezza nazionale Mark Sedwill – e accusato May di aver messo in piedi un «tribunale fantoccio» per giudicarlo. Williamson ha pubblicamente incoraggiato May a chiedere alla polizia di aprire un’indagine, ma un portavoce del governo ha detto che la prima ministra «considera chiusa la vicenda».
Secondo i quotidiani britannici il licenziamento di Williamson è la prova di una linea più dura decisa dal governo contro i cosiddetti leak, cioè la diffusione di materiale interno (e potenzialmente imbarazzante) ai giornali. Il responsabile del nuovo approccio sarebbe proprio Sedwill, che in questo momento all’interno del governo ricopre sia l’incarico di consigliere alla sicurezza nazionale sia di coordinatore del governo, un ruolo che nell’ordinamento britannico è paragonabile a quello di un segretario.
Il Daily Telegraph, il quotidiano al centro del caso, ha scritto che il governo May si è comportato con «ipocrisia», dato che negli scorsi mesi aveva subito vari leak senza che ci fossero conseguenze così gravi. Anche il New York Times ha ricordato che il governo May è considerato «poco disciplinato» e pieno di divisioni interne, soprattutto per via di Brexit, e che le nuovi tensioni evidenziano la sua «instabilità».
L’incarico di segretario della Difesa è stato assegnato a Penny Mordaunt, che fino a ieri era la segretaria per lo Sviluppo Internazionale (e che è considerata una dei politici più in ascesa dell’ala dei Conservatori favorevoli a Brexit).