Conte vuole le dimissioni di Armando Siri
Il presidente del Consiglio ha detto che chiederà la revoca dell'incarico del sottosegretario leghista ai Trasporti, indagato per corruzione
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha detto che chiederà la revoca dell’incarico ad Armando Siri, il sottosegretario ai Trasporti ed esponente della Lega considerato molto vicino a Matteo Salvini, indagato per corruzione e al centro dell’ultimo litigio dentro al governo. L’inchiesta che ha coinvolto Siri riguarda un presunto giro di tangenti per ottenere favori e facilitazioni da alcuni imprenditori siciliani dell’industria eolica, alcuni dei quali sospettati di avere rapporti con esponenti di Cosa Nostra. Siri, secondo i magistrati, avrebbe ricevuto o gli sarebbero stati promessi 30 mila euro in cambio del suo aiuto nell’approvazione di alcuni emendamenti nella legge di bilancio. Il sottosegretario ha negato ogni accusa ed è stato difeso dal segretario della Lega e ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Da giorni si attendeva la presa di posizione di Conte sulla vicenda, dopo che il Movimento 5 Stelle ne aveva chiesto le dimissioni mentre la Lega sosteneva che dovesse restare al suo posto. Oggi, giovedì, Conte ha convocato una conferenza stampa in cui ha detto che «al prossimo Consiglio dei ministri porrò all’ordine del giorno la mia proposta di revoca del sottosegretario Siri, assumendone tutte le responsabilità». Conte, che ha confermato di aver incontrato Siri lunedì sera, ha anche respinto la soluzione del sottosegretario, che aveva chiesto di essere sentito dai magistrati nella speranza di veder riconosciuta la sua innocenza; in caso contrario si sarebbe dimesso nel giro di 15 giorni. Conte ha risposto che «le dimissioni o si danno o non si danno. Dimissioni future che vengono ricollegate a iniziative giurisdizionali non credo abbiano senso».
Per finire si è anche rivolto al governo: «Invito il partito di appartenenza del sottosegretario, la Lega, perché non si lasci guidare da una reazione corporativa. […] Invito anche l’altra, il M5S, affinché non approfitti di questa soluzione per cantare una vittoria politica che così impostata rischierebbe di finire per calpestare i diritti della persona».