Cosa sappiamo e cosa non sappiamo degli attentati in Sri Lanka
Che si può dire del coinvolgimento dell'ISIS e degli attentatori, e a che punto sono le indagini
Sono passati tre giorni dai gravi attentati compiuti in Sri Lanka il giorno di Pasqua, che hanno provocato la morte di almeno 359 persone. Le autorità srilankesi stanno ancora indagando per capire come e da chi siano stati organizzati, e quali legami ci siano tra lo Stato Islamico (o ISIS) e un gruppo islamista locale individuato dal governo come il responsabile delle violenze. Facciamo un punto: cosa sappiamo e cosa ancora non sappiamo degli attentati?
Luoghi degli attacchi
Le esplosioni principali si sono verificate in tre chiese e in tre alberghi, in tre città diverse. Nel pomeriggio ci sono state altre due esplosioni, una in una piccola guesthouse e un’altra in un rifugio di un sospettato: in quest’ultima sono morti tre poliziotti. L’attacco più grave dovrebbe essere stato quello alla chiesa di San Sebastiano a Negombo, poco a nord della capitale Colombo, dove sono morte oltre 100 persone. Non si conosce ancora il bilancio dell’esplosione al santuario di Sant’Antonio a Colombo, mentre i morti alla chiesa di Zion di Batticaloa, sull’altra costa dello Sri Lanka, sono 28.
Gli hotel colpiti, tutti a Colombo, sono lo Shangri-La, il Cinnamon Grand e il Kingsbury: nel primo si è fatto esplodere Mohammed Zaharan, leader del National Thowheeth Jama’ath, ha detto il vice ministro della Difesa. Sembra però che l’attentato allo Shangri-La sia stato anche l’unico a essere compiuto da due attentatori.
Bilancio
Il più aggiornato dice che i morti sono 359 e i feriti circa 500. Tra le vittime ci sono 39 stranieri, di cui almeno otto cittadini britannici, e poi danesi, indiani, turchi, olandesi, svizzeri, spagnoli, portoghesi, giapponesi e australiani. Secondo l’ONU, almeno 45 bambini sono morti.
ISIS
La rivendicazione dello Stato Islamico è arrivata martedì, con un ritardo inusuale per il gruppo, ha notato l’esperta di terrorismo Rukmini Callimachi del New York Times, ma forse spiegabile dalle recenti difficoltà dei vertici dell’organizzazione a trovare un posto sicuro da dove dirigere le operazioni. L’ISIS ha anche diffuso foto e “nomi di guerra” dei presunti attentatori suicidi. Il governo dello Sri Lanka aveva in precedenza accusato degli attentati il semisconosciuto gruppo terrorista locale National Thowheeth Jama’ath, sostenendo però la possibilità di legami con un’organizzazione terroristica straniera.
Non è ancora chiaro quali siano stati i legami tra ISIS e National Thowheerth Jama’ath: ovvero se gli attentati siano stati diretti dall’ISIS o solo ispirati. Se fosse confermato il coinvolgimento dell’ISIS, sarebbe il più grave attentato mai diretto o ispirato dal gruppo, anche includendo i molti avvenuti negli ultimi anni in Siria e Iraq.
Christchurch
Martedì il ministro della Difesa dello Sri Lanka aveva detto che gli attacchi erano una ritorsione per l’attentato di Christchurch, la strage nelle moschee neozelandesi nella quale lo scorso marzo erano state uccise 50 persone di religione musulmana. Il primo ministro Ranil Wickremesinghe non ha voluto confermare questa ipotesi, che è stata commentata con prudenza e diffidenza da molti esperti: per preparare attentati come quelli di Pasqua servono infatti molti mesi di pianificazione. Nessuna delle comunicazioni ufficiali dell’ISIS, inoltre, ha citato la strage di Christchurch.
Arresti e indagini
Sono stati effettuati circa sessanta arresti, alcuni compiuti subito dopo le esplosioni, a testimonianza del fatto che le agenzie del governo erano già a conoscenza di diversi indirizzi di persone sospettate di terrorismo. Le indagini si stanno attualmente concentrando sui possibili legami tra il National Thowheeth Jama’ath e l’ISIS, e sono aiutate da alcuni agenti dell’FBI. Wickremesinghe ha detto martedì che alcuni sospettati sono ancora in libertà, e potenzialmente in possesso di esplosivo.
Attentatori
Oggi il vice ministro della Difesa dello Sri Lanka ha detto che erano in tutto nove, tra cui una donna. Otto sono stati identificati, e martedì è stato diffuso un video che mostra un sospettato entrare nella chiesa di San Sebastiano a Negombo. Secondo fonti del governo srilakese, inoltre, uno di loro avrebbe studiato nel Regno Unito, prima di fare un successivo corso in Australia.
Avvertimenti e fallimenti dell’intelligence
Una delle principali questioni di cui si sta discutendo è quanto sapesse il governo dello Sri Lanka prima degli attentati. Nei giorni scorsi sono state raccolte molte prove e testimonianze che raccontano di un importante fallimento dei servizi segreti, che erano a conoscenza di un concreto rischio di un attentato ma che non sono riusciti a evitarlo. Sappiamo che fin dal 4 aprile l’India avvisò lo Sri Lanka del rischio che il National Thowheeth Jama’ath stesse organizzando attentati nelle chiese del paese. Inizialmente i giornali americani avevano parlato di un avvertimento simile proveniente dagli Stati Uniti, ma mercoledì l’ambasciatore statunitense in Sri Lanka ha smentito.
Il presidente srilankese Maithripala Sirisena ha ammesso una «mancanza» nel sistema di intelligence, e sono in corso indagini per verificare perché l’allerta non abbia portato ad azioni concrete per evitare gli attentati. Secondo il New York Times, almeno in parte questo fallimento nella catena di comando è da imputare a una faida politica in corso tra il presidente srilankese Maithripala Sirisena e il primo ministro Wickremesinghe, che l’anno scorso portò a una crisi e che ebbe come conseguenza l’esclusione di Wickremesinghe dall’accesso alle informazioni segrete più importanti. Intanto, un collaboratore di Sirisena ha detto che a breve il presidente sostituirà il segretario del ministro della Difesa e l’ispettore generale della polizia.
National Thowheeth Jama’ath
Non è ancora chiaro come abbia fatto uno semisconosciuto gruppo islamista che fino a pochi mesi fa era noto soltanto per aver vandalizzato alcune statue buddiste a organizzare un attentato così complesso. Sappiamo però che le autorità srilankesi stavano monitorando varie persone sospettate di essere affiliate al gruppo, compreso Mohammed Zaharan, leader del National Thowheeth Jama’ath: di lui sappiamo che si spostava tra India e Sri Lanka, e che era considerato poco più di un religioso di poco successo con idee estremiste e dedito a istigare violenza contro le persone non musulmane.
L’intelligence indiana teneva d’occhio Zaharan dal 2018, dopo aver scoperto una cellula jihadista nell’India meridionale. Secondo il New York Times, i servizi segreti indiani si erano accorti di un’allarmante espansione nelle ambizioni del National Thowheeth Jama’ath, e perciò nelle scorse settimane avevano fornito nomi e indirizzi all’intelligence srilankese.