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  • Martedì 23 aprile 2019

Cleveland e gli Indians, una storia complicata

La squadra di baseball della città ha smesso di usare il disegno caricaturale del nativo americano, ma non lo ha eliminato completamente, scontentando tutti

Il volto del "Capo Wahoo" sulle maniche dei Clevand Indians nella scorsa stagione (AP Photo/Patrick Semansky)
Il volto del "Capo Wahoo" sulle maniche dei Clevand Indians nella scorsa stagione (AP Photo/Patrick Semansky)

Come annunciato lo scorso anno, la squadra di baseball dei Cleveland Indians ha iniziato la nuova stagione di Major League senza il suo simbolo più famoso, il disegno caricaturale di un nativo americano presente su divise ed equipaggiamenti dal 1948. La decisione di rimuovere il volto del nativo americano — noto come “Capo Wahoo” — fu presa con il sostegno della Major League dopo anni di proteste da parte di associazioni di cittadini e tifosi che lo ritenevano un simbolo offensivo e razzista non più adatto a rappresentare la città di Cleveland sui campi della MLB.

Corey Kluber con la nuova divisa dei Cleveland Indians (John Sleezer/Getty Images)

Il “Capo Wahoo” è stato però rimosso soltanto dal materiale a disposizione della squadra, dove è stato rimpiazzato con la “C” di Cleveland, mentre si può ancora trovare nel negozio degli Indians all’interno del Progressive Field, lo stadio dove giocano le partite casalinghe, e presso alcuni rivenditori autorizzati. Per questo motivo le proteste in città stanno continuando anche quest’anno. Durante le prime partite casalinghe della stagione, all’esterno del Progressive Field decine di manifestanti si sono riuniti per chiedere di abbandonare definitivamente l’uso del “Capo Wahoo” tramite un processo di rebranding che coinvolga tutta l’immagine della squadra, compresa la sostituzione del nome Indians.

Nelle leghe sportive nordamericane lo stravolgimento delle identità delle squadre non è una cosa rara e complicata da proporre come in Europa. Le squadre di basket, football e baseball cambiano frequentemente città — ultimamente i trasferimenti riguardano più la NFL — per trovare un nuovo slancio sportivo e commerciale.

Quando non è possibile cambiare città, la proprietà di una squadra può promuovere un rebranding, come ad esempio fece nel 2013 la squadra di NBA di New Orleans, che da Hornets divenne Pelicans. A Cleveland, tuttavia, l’opposizione di alcuni gruppi di tifosi è ancora forte. Nelle prime partite della stagione il Progressive Field si è riempito di cappellini, magliette e cartelli a favore della reintroduzione del “Capo Wahoo”, cosa che ha creato anche qualche piccolo disordine tra il pubblico.

Un tifoso degli Indians con un cartello a favore del “Capo Wahoo” (Icon Sportswire via AP Images)

I tifosi che lo rivorrebbero vedere sulle maglie dei giocatori considerano il “Capo Wahoo” un disegno per nulla offensivo e anzi un modo per onorare la storia dei nativi americani. Paul Dolan, amministratore delegato degli Indians, ha però spiegato che la scelta di rimuoverlo dalle divise dei giocatori e tenerlo sul materiale in vendita è stata fatta per accontentare entrambe le parti. Gli Indians riconoscono infatti che molti tifosi siano legati al simbolo, ma anche che possa urtare la sensibilità di alcuni. Dolan ha ribadito che la squadra continuerà a non usarlo e che allo stesso tempo i tifosi più affezionati potranno trovarlo sul materiale in vendita. Per lo stesso motivo la squadra manterrà l’attuale nome – Indians – anche se la sua immagine sarà incentrata principalmente sul nome e sulla città di Cleveland.

Il volto del “Capo Wahoo” fu disegnato per la prima volta dall’illustratore Fred George Reinert sulla prima pagina del Plain Dealer, il maggiore quotidiano di Cleveland, per celebrare una vittoria della squadra di baseball. Da lì iniziò a diffondersi fra i tifosi e nel 1947 l’allora proprietario degli Indians diede incarico a una compagnia pubblicitaria di ridisegnarlo per utilizzarlo come logo della squadra. Il nome “Capo Wahoo” venne ripreso da una popolare striscia a fumetti pubblicata dal 1936 al 1947 con il titolo “Big Chief Wahoo”.

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