L’Italia nelle foto di Paolo Di Paolo
Bellissime, pubblicate sul "Mondo" tra gli anni Cinquanta e Sessanta e mai più circolate: potete vederle qui oppure fino al 30 giugno al MAXXI a Roma
Dal 1949 al 1966 in Italia ci fu un settimanale di politica, economia e cultura di orientamento liberale che si chiamava Il Mondo: lo dirigeva Mario Pannunzio, uno dei fondatori del Partito Radicale, e ci scrivevano, tra gli altri, Alberto Moravia, Leonardo Sciascia ed Eugenio Scalfari. Qualcuno l’avrà presente per la sua seconda versione, pubblicata dal 1969 al 2014 e dedicata soprattutto all’economia, ma Il Mondo di Pannunzio era un’altra cosa. Oltre che per i suoi autori, la rivista si distingueva anche per le fotografie: erano di grande formato e pensate per essere guardate indipendentemente dai testi, non solo illustrarli; per avere un loro valore narrativo, sia per i soggetti che per il punto di vista. Insomma, non erano come la maggior parte delle foto che ci sono oggi sulle riviste.
Il principale dei fotografi del Mondo era Paolo Di Paolo, che quando la rivista chiuse smise di fare il fotografo e che per questo oggi non è molto conosciuto. Di recente però sua figlia lo ha convinto a esporre una parte delle 250mila fotografie che scattò in quegli anni: fino al 30 giugno si possono vedere al MAXXI a Roma, nella mostra Paolo Di Paolo. Mondo perduto, sponsorizzata dalla azienda di moda Gucci.
Di Paolo fu il primo fotografo del Mondo di Pannunzio a firmare una fotografia – accadde nel gennaio del 1959 – e l’autore dell’ultima immagine che fu pubblicata dalla rivista nell’ultimo numero. Molisano, negli anni Trenta andò a Roma per studiare e frequentare la facoltà di Filosofia alla Sapienza: lì conobbe molti esponenti del mondo dell’arte di quegli anni.
Cominciò a fare fotografie da dilettante, proprio sul Mondo. Negli anni la rivista pubblicò 573 delle sue fotografie: alcune ritraggono famosi personaggi del mondo culturale dell’epoca, altre mostrano la provincia italiana e i suoi cambiamenti di quei decenni. Della prima categoria ci sono per esempio Pier Paolo Pasolini al Monte dei Cocci a Roma, Giuseppe Ungaretti che gioca con un gatto, Anna Magnani che prende il sole, Kim Novak che stira in camera al Grand Hotel e Sofia Loren che scherza con Marcello Mastroianni negli studi di Cinecittà. Della seconda invece i funerali di Palmiro Togliatti e l’Autostrada del Sole, quando fu inaugurato il tratto Roma-Firenze, nel 1962, ma anche una famiglia per la prima volta di fronte al mare di Rimini: la fotografia faceva parte di un servizio sulle vacanze degli italiani che accompagnava un articolo di Pasolini, “La lunga strada di sabbia”, pubblicato nel 1959.
Come racconta Giovanna Calvenzi, curatrice della mostra, nel catalogo a essa dedicato:
Il Mondo si era imposto come periodico che usava la fotografia in modo eccentrico, che privilegiava il racconto dell’Italia “vera”, provinciale e povera, in contrapposizione ai sogni suggeriti dalle linee editoriali di altri periodici. È una palestra per i dibattiti, il punto d’arrivo dei fotogiornalisti più attenti, e diventa nel tempo anche una scuola di visione. Non dà incarichi ai fotografi, ma nella libertà delle proposte visive che riceve il giornale segue e realizza una propria linea narrativa. I fotografi sono quindi stimolati a proporre il meglio di quanto hanno realizzato, cercando storie, volti, situazioni che siano in sintonia con la “filosofia” del giornale. (…) Nei ricordi di Paolo Di Paolo Il Mondo aveva uno stile severo e collaboratori di prestigio: Pannunzio sceglieva le foto, impaginava personalmente il giornale su un tecnigrafo in un angolo e misurava la lunghezza dei testi con una cordicella.
Di Paolo smise di fare il fotografo perché con la chiusura del Mondo non c’erano più giornali per cui poteva continuare a fare lo stesso genere di fotografie: erano richiesti soprattutto scatti da paparazzi. Alla chiusura della rivista per cui aveva sempre lavorato, mandò a Pannunzio un telegramma che diceva: «Per me e per altri amici muore oggi l’ambizione di essere fotografi». Nel 1970 il suo lavoro divenne un altro: progettare e curare libri e calendari per l’Arma dei Carabinieri.
Oggi Di Paolo ha 94 anni: a sua figlia Silvia ne sono serviti venti per convincerlo a esporre le sue vecchie fotografie che, secondo la storia che racconta, trovò un giorno per caso in cantina, mentre cercava un paio di sci, senza che lui gliene avesse mai parlato prima.